Beppe Viola era un giornalista di grandissimo talento. Anche se definirlo solamente giornalista è riduttivo. Era anche paroliere, sceneggiatore, battutista, autore di rubriche, libri, testi per il cabaret. E’ morto 35 anni fa, il 17 ottobre del 1982, mentre in Rai stava montando il servizio di Inter-Napoli. Pochi giorni più tardi avrebbe compiuto 43 anni.
“E’ seccante doverlo dividere con tanta gente – raccontò una delle sue figlie, Serena, qualche anno fa -, ma se avesse fatto l’ingegnere non avrei la possibilità di rivederlo e di sentirlo. Nei filmati, non mi concentro sulle sue battute ma sui dettagli e sulla fisicità, quello che mi manca di lui. Però ricordo quando disse a un giocatore: togliti gli occhiali che sei più bello”.
“So che ai funerali c’era un mare di gente, anche facce famose dello sport e dello spettacolo, ma soprattutto facce di gente qualunque, molti del triangolo in cui aveva piantato le tende dalla nascita (piazza Adigrat, via Sismondi, via Lomellina), ma tanti fuori, alcuni ai margini (clanda, zanza, nel gergo della strada). Lettera significava menagramo, ricotta affare, bevuto arrestato. Sacco era mille lire, scudo cinquemila, deca diecimila (oggi, decaffeinato), marengo ventimila, gamba centomila, testa un milione” spiegò invece Gianni Mura.
“E’ stato un profondo innovatore nel linguaggio – evidenziò Bruno Pizzul, suo collega nella televisione di stato e amico – in una partita molto noiosa si avventurò a parlare delle storie d’amore dei centrocampisti francesi: uno scandalo per l’epoca. Ma lui era così. La sua sottile ironia, lo accompagnava in tutte le cose e non si prendeva troppo sul serio. Faceva un vanto il fatto di essere stato tanti anni in Rai senza mai essere promosso, quando accadde con molto imbarazzo mi disse ‘Bruno l’ho fatto solo per soldi'”.
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