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Auguri Pagliuca, dal suo vero nome all'odio per la Juve

Litigò con Lippi, scappò dal ritiro dell'Inter, quante storie

18-12-2018 09:47

Auguri Pagliuca, dal suo vero nome all'odio per la Juve Fonte: Ansa

Oggi fa il preparatore dei portieri della Primavera, dopo aver allenato negli anni scorsi le giovanili rossoblù, ma per tutti Gianluca Pagliuca è sempre il Gatto di Casalecchio, il portiere che con Inter, Sampdoria e Nazionale ha vinto tanto. Compie 52 anni oggi ma non li sente Pagliuca, sportivo a tutto tondo giacchè oltre al calcio ama il tennis («do ancora la paga a parecchi») e il basket («garantisco che a rimbalzo mi faccio sentire»). Era il 18 dicembre 1966 quando Gianluca Raimondo (questo il suo secondo nome all’anagrafe) vedeva la luce alla maternità del Sant’Orsola. Quattro chili e mezzo alla bilancia: il peso giusto per chi sarebbe poi diventato una delle Torri di Bologna. ‘Gatto di Casalecchio’ o ‘Sanluca’ Pagliuca che dir si voglia. Carriera brillante: sommando le 7 stagioni alla Sampdoria, le 5 con la maglia dell’Inter, le 7 col Bologna e l’appendice di Ascoli, fanno 638 gare ufficiali, di cui 592 in serie A e tanti trofei: con la Sampdoria uno scudetto, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa italiana e tre Coppe Italia; con l’Inter una Coppa Uefa. Più le 39 presenze in azzurro e il titolo di vice campione del Mondo a Usa ‘94. Da giovane amava ballare (“prendevo la corriera per andare ad allenarmi a Casteldebole. E la sera, quando riuscivo, Vertigo, Ciak e Living: in discoteca con gli amici”) da grande vincere (“Per tre notti non ho chiuso occhio dopo lo scudetto con la Samp: mi sembrava di camminare sulla luna”).

JUVE NEMICA – Se c’è una squadra che non ama è la Juve: “la Juve in carriera mi ha tolto un pezzo di vita e almeno un trofeo. Non ho mai ingoiato il rospo del rigore negato da Ceccarini per il fallo di Iuliano su Ronaldo in quello Juventus-Inter del ‘98. Quando sento gli juventini che fanno le vittime, mi sale la rabbia. E dire che da piccolo per un breve periodo simpatizzavo per la Juve. E il mio mito era Zoff”. Ha sfiorato il Mondiale, ko in finale col Brasile ai rigori («L’unica cosa positiva fu tornare a casa: tre mesi di ritiro con Sacchi vi posso assicurare che sono molto, ma molto pesanti») ma poteva diventare un campione di basket, la sua prima passione.

CHE GUAI PER IL BASKET – «Giocavo a basket da bimbo e ci gioco ancora, nel torneo del Csi. Son cresciuto nel mito della Virtus di Caglieris e Cosic. Ricordo la partita di EuroLega tra la Kinder e la Teamsystem, nella stagione 1997/98. La partita della rissa di EuroLega: io ero in parterre a quella gara. All’epoca giocavo nell’Inter e avevo chiesto il permesso di potere andare a Bologna a vedere la partita – si giocava di martedì o di giovedì – e l’allora allenatore della squadra, che era Gigi Simoni, non mi diede il permesso per andare. Allora c’era TELE+, le telecamere mi ripresero e mi inquadrarono: quando tornai, l’Inter mi fece una multa. Era marzo e ci stavamo giocando lo Scudetto: a pensarci adesso viene da ridere, ma allora andò così”. L’Inter la lasciò per colpa di Lippi (“gli avevo urlato contro l’anno prima, quando venne in nerazzurro mi cedette. Moratti mi voleva vendere in Inghilterra: un’esperienza in Premier, col senno di poi, un po’ mi manca. Ma allora mi chiamò Cinquini, che era il diesse del Bologna: e non ci ho pensato un attimo a tornare a casa». L’ultima curiosità riguarda Paolo Cannavaro. Si giocava Napoli-Inter al San Paolo:”Eravamo nel recupero e chiesi ad un raccattapalle di passarmi velocemente il pallone, quel ragazzo non me lo diede così reagii con uno schiaffo in testa nei confronti del ragazzo e negli spogliatoi dissi “Oggi fanno queste furbate, domani magari diventano scippatori”. Fu Fabio Cannavaro a dirgli, guarda quello era mio fratello.

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