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Dalla terza serie alla finale di Coppa: il sardo di Francia si racconta

L'incredibile parabola di Stephane Masala, l'allenatore del momento di origini sassaresi: "Ma papà non ha mai parlato in italiano".

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Dalla terza serie alla finale di Coppa: il sardo di Francia si racconta Fonte: ANSA

Dal Championnat National alla finale di Coppa di Francia. Questa l’incredibile parabola centrata da Stephane Masala, giovane allenatore 41enne che non ha mai allenato oltre la terza divisione francese ma è stato in grado di portare i suoi Les Herbiers alla sfida da sogno contro il grande Paris Saint-Germain.

Un’impresa epocale per Masala, nato e cresciuto in Francia ma dal sangue italiano che scorre nelle vene. O, per essere più precisi, sardo: la famiglia Masala è infatti di Anela, centro di 650 anime in provincia di Sassari. “Mio padre arrivò in Francia che aveva 16 anni, ma con noi non ha mai parlato in italiano – ha dichiarato Masala in un’intervista-confessione a ‘La Stampa’ -. Così ho imparato la lingua in estate, andando in vacanza dalla nonna. Dal punto di vista calcistico, comunque, sono cresciuto guardando le partite della Serie A e della Nazionale italiana”.

“Al Mondiale 1982 mio padre registrò su un vecchio videoregistratore le partite dell’Italia. E io ancora oggi le conosco a memoria, soprattutto quella contro il Brasile o il 3 a 1 della finale con la Germania – ha proseguito il giovane allenatore. Anni dopo, quando ero giocatore, prima della partita, guardavo video di calcio italiano per gasarmi”.

La scuola italiana, comunque, è ben presente nella testa di Masala: “Il mio stile di gioco è italiano, lavoro molto sulla tattica e sulla strategia perché ogni situazione ha una risposta. Qui in Francia l’approccio è molto più individualistico. Anche per la nazionale, puoi avere dei talenti eccezionali, ma farli giocare insieme è sempre un problema. Da voi c’è un rispetto del mister che da noi manca. In Italia il tecnico può anche stare tutta una partita a non dire nulla ai giocatori, c’è stato tutto un lavoro prima”.

Infine una battuta sulla mancata partecipazione dell’Italia ai Mondiali: “Un Mondiale senza l’Italia è stato uno choc per me, non so neanche se lo guarderò. In genere a casa faccio vestire i miei figli in verde, bianco e rosso quando gioca l’Italia e come suoneria del cellulare ho l’inno di Mameli. Nel 2006 andai a Berlino a vedere la finale con la Francia e tifavo per l’Italia, ovviamente. Con lo stesso entusiasmo tifo per la Juve. Prima dei rigori contro il Lens ho mostrato sull’ipad al mio portiere Pichot un video con le parate di Buffon. E anche l’abbraccio fra lui e Fabien Barthez, proprio a Berlino, nel 2006. Lo volevo scuotere. Io mi emoziono ogni volta che vedo quelle immagini”.

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