Felipe Avenatti ha avuto paura di morire. L’attaccante uruguaiano, portato in Italia dalla Ternana, ha esordito quest’anno in serie A con la maglia del Bologna. Ma solo qualche mese fa se l’è vista davvero brutta, a causa di un problema cardiaco che gli ha fatto addirittura temere per la sua sopravvivenza.
“Quando sono arrivato a Bologna ero al settimo cielo, la mia grande occasione di giocare in Serie A. Svolgo le rituali visite mediche ma capisco dall’atteggiamento del medico e del procuratore che qualcosa non fa. Si tratta di tachicardia ventricolare. Mi dicono che è una cosa serie e che devo rifare gli esami dopo un mese. Rimango senza allenarmi, penso addirittura al ritiro. Sono distrutto”, il racconto del centravanti, affidato alle colonne del ‘Corriere dello Sport’.
“Non faccio il ritiro con i miei compagni e nel frattempo con Jessica vado ad abitare nella nuova casa – ha raccontato ancora l’attaccante rossoblù -. Resto ottimista, come sempre, ma quando torno a fare gli esami non è cambiato niente. I medici mi dicono che devono rivedermi dopo un mese, nel frattempo mi tengono sotto controllo al Sant’Orsola. La notte non dormo, penso ad un futuro senza calcio e dico a Jessica che potremmo tornare in Uruguay per studiare. Poi un bel giorno uno dei medici mi chiama con la voce rotta e mi dice di stare tranquillo, che si può festeggiare. Jessica piange. Solo dopo una settimana mi è stato detto che se l’esame fosse risultato positivo avrei rischiato di morire nel giro di un paio di mesi. Quel giorno sono rinato”.
Impossibile, per Avenatti, non pensare a Davide Astori e a ciò che è accaduto allo sfortunato difensore della Fiorentina. “La mattina che è successa la tragedia di Astori io e mia moglie eravamo a letto, abbiamo sentito la notizia, ci siamo guardati negli occhi e siamo rimasti in silenzio per un tempo eterno. Penso che dobbiamo tutti vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo”, ha concluso il centravanti nato il 26 aprile 1993 a Montevideo.
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