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NBA, si ricomincia: Durant sfida subito OKC, poi Doncic (senza LeBron) riceve Curry. Pronostici: sarà l'anno di New York?

L'NBA riparte e lo fa con due sfide di cartello come Thunder-Rockets e Lakers-Warriors. OKC resta la squadra da battere, NY sogna a Est dove Boston e Indiana sono senza Tatum e Haliburton

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Le arene americane sono pronte a riaprire i battenti: stanotte alle 1.30 italiane al Paycom Center di Oklahoma City riparte ufficialmente la stagione NBA, con la consegna degli anelli ai Thunder e subito una sfida da leccarsi i baffi contro gli Houston Rockets, che hanno accolto nientemeno che Kevin Durant (che a OKC ha cominciato la carriera, prima di andarsene nel 2016…). Poi alle 4 alla Crypto.com Arena di Los Angeles tocca ai Lakers di Doncic, orfani di LeBron (prima opening night saltata in 23 stagioni NBA), ricevere i Golden State Warriors di Curry e Butler (e Horford: la carta d’identità non è amica, però…). Due antipasti niente male per una stagione che si preannuncia incerta e aperta a tante possibili sorprese.

OKC testa subito i Rockets di Durant, Doncic si prende LA

Si riparte dal titolo conquistato da OKC, il settimo di una formazione diversa negli ultimi 7 anni. Come a dire che non è più l’NBA delle dinastie o dei super team, ma i Thunder hanno tutto per puntare a ripetersi. Shai Gilgeous-Alexander è stato l’MVP di tutto nell’ultima stagione e proverà a difendere ogni trono possibile dagli attacchi di tanti pretendenti. Houston, come detto, ha fatto le cose perbene: il nucleo era già competitivo (il turco Sengun è un fattore), l’arrivo di Durant alimenta propositi di grandezza. L’infortunio di Van Vleet è una spina, ma i Rockets vogliono alzare subito il ritmo.

I Lakers però hanno deciso a loro volta di andare all in: LeBron è forse all’ultima stagione con la maglia purple and gold, con Doncic pronto a prendere le chiavi della macchina e DeAndre Ayton chiamato a non far rimpiangere la carenza di alternative sotto canestro dopo aver “sacrificato” Anthony Davis, spedito a Dallas. Dove la sorte ha baciato i Mavs, che si sono presi Cooper Flagg, prima scelta al Draft, considerato un prospetto con un futuro da all star assicurato. Debutterà contro i San Antonio Spurs di Victor Wembanyama, che anche senza Popovich in panca hanno preso già la via della risalita e vogliono alzare l’asticella.

Warriors e Clippers, questo è davvero un ultimo ballo

Per dire quanto sia selvaggio il West, basti ricordare che ci sono anche i Warriors di Curry e Butler, dove Horford rappresenta un innesto non certo giovane (come tutto il roster) ma di grande valore, e pure i Nuggets di Nikola Jokic, che rimane il giocatore più forte e decisivo che ci sia in circolazione. E volendo anche i Clippers di Leonard e Harden, anch’essi gravati da una carta d’identità non più verde, ma che se in condizione possono ancora portare a spasso tante difese.

Ultimi, ma non per importanza, i Minnesota Timberwolves: Anthony Edwards non è il futuro ma è già presente, e se i pianeti dovessero allinearsi, occhio a fare i conti con Gobert, DiVincenzo (si, proprio lui, colui che ha illuso Pozzecco che sarebbe andato a EuroBasket) e compagni. Chi non fa più paura sono i Suns, mentre Grizzlies (con Morant) e Pelicans (con Williamson) si concederanno qualche sprazzo o poco più.

L’Est cerca un padrone: Knicks, se non ora, quando?

A Est la situazione è molto meno caotica, perché le due principali pretendenti al trono sono ambedue “azzoppate”: i Celtics dovranno fare a meno per tutta la stagione di Jayson Tatum, i Pacers di Tyrese Haliburton. Togliere due giocatori così ai rispetti roster significa affossarne definitivamente ambizioni e prospettive a breve termine: Boston farà una stagione di transizione, magari sperando di pescare bene alla lottery, Indiana magari proverà a fare di più, ma sa che una volta atterrata ai play-off andrà poco lontano.

Sulla carta, questo potrebbe essere l’anno dei New York Knicks: non vincono un anello dal 1973, ma hanno una rosa lunga, un coach affermato (Mike Brown) e sono nelle condizioni di poter dettare legge grazie a elementi come Brunson e Towns nel pieno della maturità. A Cleveland hanno mantenuto l’ossatura dell’anno passato, ma al solito bisognerà vedere ai play-off se Mitchell e compagni sapranno reggere l’urto (ed evitare infortuni).

Per il resto, Hakws e Magic potranno continuare la loro crescita (occhio soprattutto a Orlando, con Banchero sempre più centrale e Franz Wagner pronto a trascinare i compagni come fatto con la Germania a EuroBasket), mentre Giannis Antetokounmpo è la solita certezza di Milwaukee, che pure sembra essere a corto di munizioni. A Est c’è anche l’ultimo superstite italiano: è Simone Fontecchio, da quest’anno di stanza a Miami, dove vuol trovare spazio e considerazione.

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