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US Open, Djokovic attende Zapata Miralles e si gode il viaggio da numero 1 del ranking

Da lunedì prossimo, cascasse il mondo, il trono tornerà di proprietà del serbo che si appresta ad affrontare al secondo turno - sull'Arthur Ashe di Flushing Meadows - un avversario inedito

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Non appena ha affermato che le sessioni serali sull’Arthur Ashe di Flushing Meadows sono le più emozionanti di tutto il circuito, ecco che il prossimo match di Novak Djokovic è stato spostato… in pieno pomeriggio.

Scherzi dell’order of play, il consueto programma giornaliero che all’US Open di New York (come in tutti gli slam) è piuttosto ingolfato e che pertanto a volte finisce per confinare anche i big in orari non troppo a portata di mano, o magari lontani da certe abitudini.

Di nuovo numero 1 del ranking

Il pubblico europeo però può ringraziare, perché la sfida con lo spagnolo Bernabé Zapata Miralles (numero 76 ATP) andrà in onda quando nel vecchio continente sarà l’ora di cena, con dunque la possibilità di evitare di dover fare nottata per godere della classe e del talento del più assiduo frequentatore della posizione numero uno al mondo (e da lunedì prossimo, cascasse il mondo, il trono tornerà di proprietà del serbo).

Con gli Stati Uniti Nole aveva un conto aperto: le restrizioni dovute al Covid, tali da impedirgli di competere nel 2022, in qualche modo andavano “sanate” con un ritorno in grande stile, celebrato appunto all’Arthur Ashe nella prima sessione serale dell’edizione 2023, con tanto di star in tribuna (anche i coniugi Obama non si sono voluti perdere lo spettacolo) e il povero Alexander Muller che poco ha potuto per evitare il tracollo, racimolando appena 5 game per strada (un po’ come Hanfmann con Sinner).

Sensazioni ritrovate

L’umidità di lunedì sera (la partita è cominciata alla mezzanotte locale) oggi sarà presumibilmente un ricordo, perché nel pomeriggio newyorchese le condizioni di solito non contemplano quel fastidioso appiccicume che tanto fa penare i tennisti.

Eppure Djokovic avrebbe voluto giocare ancora di sera, in quello che è il tempio del tennis mondiale, lo stadio più grande mai costruito e anche (giocoforza) il più rumoroso del circuito. Sensazioni che il serbo non provava da tempo e che lo hanno esaltato, unitamente alla gioia per aver ritrovato la numero uno nel ranking indipendentemente da come finirà l’ultimo slam della stagione.

Il fascino dell’intrattenimento

New York è speciale, perché qui è tutto un gran casino. Rispetto a Wimbledon, il fascino degli US Open è legato all’intrattenimento, all’energia che sprigiona ogni angolo della strada, al divertimento e alle buone vibrazioni.

Ci tenevo tanto a celebrare questo momento in questo stadio così imponente e sono felice di averlo vissuto. È solo il primo passo di due settimane che spero possano regalarmi altre soddisfazioni, ma di sicuro l’inizio è stato dei migliori.

Uno sfidante morbido

Bernabé Zapata Miralles non è propriamente un tennista di primo pelo (classe 1997) e certamente non rappresenta una moinaccia per Djokovic sul cemento, dove vanta un misero 45% di percentuale di vittorie.

Lo spagnolo è un terraiolo come tanti altri iberici e al primo turno ha battuto in tre set Ethan Quinn, saltato fuori dalle qualificazioni, ma accreditato di una posizione di poco inferiore alla numero 500 nel ranking.

La prima volta contro Bernabé Zapata Miralles

Con Nole sarà una prima volta assoluta e la sensazione è che la sua corsa possa fermarsi nuovamente al secondo turno come già successo due anni fa, quando sbatté su Auger-Aliassime (lo scorso anno perse all’esordio contro Tommy Paul).

Djokovic, che sa perfettamente di essere capitato nella parte di tabellone più agevole (con l’uscita di Rune, ancor più), proverà a non sprecare troppe energie per poi andare a giocarsela al terzo turno contro uno tra Gasquet e il connazionale Djere, dando sempre un’occhiata a quel che accade dall’altra parte del tabellone, dove tutti gli altri galli si daranno battaglia nel pollaio (Alcaraz, Medvedev e Sinner su tutti).

I rivali di Nole strada facendo potrebbero rivelarsi Cerundolo negli ottavi, Tsitsipas (o Fritz) nei quarti, Tiafoe, Paul o Ruud in semifinale.

Insomma, facile godersi la bellezza dell’Arthur Ashe: una strada più in discesa non era contemplabile nemmeno nei sogni più reconditi. Come diceva il detto? La fortuna aiuta gli audaci.

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