Le nuove sfide del mondo dello sport non riguardano solo l’inquinamento come accaduto per il caso della Senna o la lotta al doping. Anche l’identità di genere potrebbe diventare una spina nei prossimi anni come dimostrato dal caso che riguarda la pugile algerina Imane Khelif che domani incrocerà i guantoni contro l’azzurra Angela Carini. Di mezzo in questo caso c’è un gender test fallito e la richiesta della politica italiana.
- Il caso Carini-Khelif arriva in Parlamento
- Imane Khelif e Lin Yu-Tin: cosa è successo
- Carini: "Decide il Cio"
- L’intervento di Abodi
- La richiesta a Carini e Malagò e la “follia woke”
Il caso Carini-Khelif arriva in Parlamento
L’incontro del pugilato tra Angela Carini e Imane Khelif arriva in Parlamento con il deputato leghista Rossano Sasso che ha chiesto l’intervento del ministro dello sport Abodi: “Penso che ci sia qualcosa di poco nobile, in questo caso un’atleta azzurra italiana, Angela Carini, salire sul ring con un’altra atleta oggi donna ma nata uomo che qualche mese fa era stata esclusa da una competizione sportiva mentre domani può gareggiare. Chiedo soltanto se nel nome di un principio di incisività sia consentito che a una persona che ha ancora la veemenza fisica di un uomo, poter gareggiare in un contesto come quello olimpico. Mi chiedo se non siano passati dei limiti della decenza, della scienza e dalla dignità, e del rispetto dei diritti delle donne”.
Imane Khelif e Lin Yu-Tin: cosa è successo
Il mondo del pugilato dopo gli scandali arbitrali vissuti negli ultimi giorni si trova a fare i conti con un’altra situazione molto spinosa ed è quella che riguarda due atlete che saranno impegnate a Parigi: la cinese Lin Yu-Tin e l’algerina Imane Khelif con quest’ultima che salirà sul ring contro l’italiana Angela Carini.
Nel marzo del 2023 l’algerina fu squalificata dai Mondiali di boxe poco prima del match per l’oro contro Yang Liu per aver fallito i “gender test”. Stando a quanto rivelato dall’IBA, il test del Dna avrebbe dimostrato la presenza di cromosomi XY e che con la cinese Lin, ci fosse in atto un tentativo di truffare le proprie avversarie e “far finta di essere donna”. Il CIO ha però aggiustato il tiro su queste dichiarazioni sostenendo che la squalifica ai Mondiali fosse arrivata solo per elevati livelli di testosterone. Inoltre nel 2024 a Parigi ad organizzare il torneo di pugilato non c’è l’IBA che è stata estromessa dopo i recenti scandali arbitrali. Il CIO ha dato il via libera a Khelif in quanto conforme a tutti i parametri. Ma la presenza di Khelif ai Giochi non è una novità visto che ha preso parte con scarsi risultati anche a quelle di Tokyo 3 anni fa.
Carini: “Decide il Cio”
La situazione la riguarda personalmente ma Angela Carini in questo momento vuole solo pensare al ring e a fare il massimo possibile nella sua seconda partecipazione olimpica: “Io devo adeguarmi a quello che ha deciso il Cio – ha dichiarato alla vigilia della sfida – quindi domani andrò sul ring e darò tutta me stessa”. Non si esprime invece il presidente della Federpugilato, Flavio D’Ambroi che preferisce affidarsi a un silenzio istituzionale.
L’intervento di Abodi
Sul caso interviene anche il ministro dello sport, Andrea Abodi: “Trovo poco comprensibile che non ci sia un allineamento nei parametri dei valori minimi ormonali a livello internazionale. Nell’evento che rappresenta i più alti valori dello sport si devono poter garantire la sicurezza di atleti e atlete, il rispetto dell’equa competizione dal punto di vista agonistico e domani per Angela Carini non sarà così”.
La richiesta a Carini e Malagò e la “follia woke”
Nelle ultime ore l’argomento è venuto fuori con forza sui social. La situazione riguardante Khelif ha alzato il livello dell’attenzione sul match in programma domani. In tanti chiedono all’atleta azzurra di ritirarsi, lei con grandi sforzi e sacrificio si è guadagnata la possibilità di disputare la sua seconda Olimpiade, con la filosofia dell’ultimo chilometro che gli ha trasmesso papà Giuseppe scomparso tre anni fa. Sui social tra le espressioni che si ascoltano maggiormente c’è quella della “follia woke”, con il termine inglese che viene usato per riferirsi alla lotta contro le ingiustizie social nei confronti delle minoranze, e che ha già fatto discutere a proposito della cerimonia di apertura. Anche il presidente Malagò è stato “invitato” da tanti politici e opinionisti che sulla vicenda chiedono un’intervento da parte del Coni. Una situazione difficile da decifrare e giudicare con cui però il mondo dello sport dovrà fare sempre più i conti nei prossimi anni.