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Roberto Baggio non dimentica Pasadena: "La finale contro il Brasile era il mio sogno"

Il fantasista azzurro: "Sbagliando quel rigore ho perso il Mondiale, il Pallone d'Oro e il titolo di giocatore migliore al mondo".

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Roberto Baggio non dimentica Pasadena: "La finale contro il Brasile era il mio sogno" Fonte: Getty Images

In una lunga intervista a Sky Roberto Baggio racconta i suoi Mondiali, quelli vissuti in azzurro dal ’90 al ’98: è stata l’occasione una volta di più per affermare quanto il Divin Codino sia una mosca bianca del calcio.

“La gente ha sempre manifestato affetto nei miei riguardi, al mio addio al calcio c’era tutta Italia: anche se ho avuto la fortuna di essere al centro dell’attenzione ho sempre vissuto in maniera semplice e serena, consapevole che un giorno avrei smesso di giocare, e le persone ne sono rimaste colpite. Le tifoserie avversarie provavano affetto per me: ho toccato il cuore delle persone. Sono molto legato al Veneto, è la mia terra, non c’è niente da fare: amo anche l’Argentina, che ho conosciuto nel ’91, là trovi un rapporto con la natura unico: vivere in mezzo alla natura già ti riempie, è soddisfacente tenere ordine e fare pulizia, vedere il lavoro fatto dalla tua mano. Il primo infortunio a 18 anni è stato molto pesante, sono stato fermo due anni e a quell’età non hai ancora capito niente della vita: la mia fortuna è stato il desiderio di ritornare a giocare, così ho superato i momenti difficili” spiega il Pallone d’Oro ’93.

In questi giorni di Mondiale senza Italia scorrono le fotografie del ragazzo di Caldogno in maglia azzurra: “Non posso scordare il rigore contro il Brasile, era la finale che avevo sognato ogni notte da ragazzino. Quando è arrivata, è finita nel modo più assurdo possibile: sono molto esigente con me stesso, non dovevo sbagliare il rigore in finale, l’ho calciato con serenità e ho il dubbio di non non aver comandato con precisione la forza del piede. Posso sbagliare, prendere un palo, ma alzare la mira non era una mia caratteristica. Con un rigore così ho perso un Mondiale, il mio secondo Pallone d’Oro e la qualifica di migliore calciatore internazionale. La mancata convocazione del ’02 è un’altra ferita, meritavo di partecipare alla spedizione in Asia: era la terra del mio maestro, forse ciò che desideravo di più era mostrare a lui il percorso che avevo fatto”.

A Vicenza e al calcio di oggi sono dedicati tali pensieri: “Quando mi rivedo calciatore penso a quando ero in biancorosso, ero veramente imprendibile. L’82 è stata una estate indimenticabile: andavo al Menti assieme a papà in bicicletta a vedere giocare Paolo Rossi , mi arrampicavo alla rete per poter vedere la partita e da atleta ho sognato di emulare lui e quella Nazionale. Chi giocava nel mio ruolo con la zona cominciava a faticare, se penso che Zola è dovuto andare in Inghilterra mi viene da ridere: l’allenatore è importante, ma il calcio lo fanno ancora i calciatori. Il calcio non mi è mancato, ho altri interessi e sono quelli che adesso realizzano: quando ero in Federazione non ero a mio agio, tornavo a casa e non mi sentivo bene. Ci sono tante partite, forse per questo non seguo così tanto il calcio: prima c’era l’attesa di vedere una squadra, o l’altra. Sono un Acquario e mi nutrono i sogni, per quanto piccoli: mi piacerebbe rivedere l’Italia invidiata al mondo, non ci manca niente, solo un pizzico di onestà”.

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