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La storia di Stefano Nava: dal Milan alla telecronaca

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Simone Biancofiore

Simone Biancofiore

Giornalista

Laureato in Scienze della Comunicazione all'Università di Bologna. Il calcio è da sempre una grande passione. Scrivere di calcio? Merito di mio nonno, gli devo tanto.

La storia di Stefano Nava: dal Milan alla telecronaca Fonte: Imago Images

Stefano Nava non è stato un calciatore che è apparso con costanza nelle prime pagine dei giornali. Eppure, ha giocato con i più grandi e, in Italia e nel mondo, il classe ’69 è stato uno di quei pochi privilegiati ad aver vinto praticamente tutto.

La carriera di Stefano Nava: palmarès e squadre

Il palmarès di Stefano Nava, con la maglia del Milan, è di tutto rispetto: due Scudetti (1992/93, 1993/94), una Supercoppa Italiana (1994/95), una Champions League (1993/94), due Supercoppe europee (1990/91, 1994/95) e una Coppa Intercontinentale (1990). Nella stagione 1991/92, con la maglia del Parma, riesce a conquistare anche la Coppa Italia. La vittima è la Juventus di Giovanni Trapattoni che nel doppio confronto in finale viene battuta complessivamente 2-1.

Stefano Nava è un milanese doc. Nasce il 19 febbraio 1969 da una famiglia molto umile nella zona nord del capoluogo lombardo (Niguarda). Figlio unico di papà Giorgio, dipendente di un’azienda farmaceutica, e di mamma Laura, genitori molto attenti a Stefano. Il calcio non era una priorità, Giorgio e Laura volevano che il figlio si dedicasse maggiormente allo studio. Ma si sa, quando la passione è troppo forte e hai una strada già tracciata da percorrere, tutto cambia.

La carriera di Stefano Nava inizia nelle giovanili della Pro Sesto, ma aveva qualcosa di speciale che ha subito attirato le attenzioni del Milan. Probabilmente ciò che ha aiutato “Il Granatiere di Niguarda” è stata la sua struttura fisica: lui stesso si è definito più sviluppato rispetto a molti altri calciatori della sua età. L’approdo al Milan, però, non è stato così semplice e agevole.

Stefano Nava con la Coppa Italia del Milan Fonte: Imago Images

Inizialmente, i suoi genitori si oppongono al trasferimento definendo il tutto troppo impegnativo per il figlio. C’erano altre priorità, lo studio era troppo importante per pensare ad un passo così importante, ma alla fine i genitori cedono e Nava approda al Milan. Ovviamente a delle precise condizioni, quelle dettate da mamma Laura. Infatti, la madre volle una carta privata firmata da Pasini, presidente della Pro Sesto. Il contenuto? Se le cose al Milan fossero andate male, Stefano avrebbe dovuto avere la possibilità e il modo di tornare al club di origine. Quella carta, alla fine, non è servita a niente.

Stefano, nonostante le mille difficoltà dovute agli spostamenti per allenarsi a Milanello, riesce a far felici i suoi genitori conseguendo la maturità nel ramo scientifico. Racconta di come i professori siano stati poco comprensivi con lui e con il calcio, ma alla fine il giovane Nava con caparbietà è riuscito a centrare anche questo obiettivo. Sin da piccolo ha dovuto imparare a comprendere e a fare suoi i concetti di “sacrificio” e “lavoro”.

Dopo il ritiro, Nava ha allenato per qualche settimana la Pro Sesto e poi la Masseroni Marchese. Successivamente, è ritornato al “suo” Milan. Prima, nella stagione 2011/12, come allenatore in seconda dei Giovanissimi Nazionali, poi diventa collaboratore tecnico di Filippo Inzaghi nella categoria Allievi Nazionali. Prende in mano una squadra tutta sua nel 2014/15 quando gli venne dato l’incarico di guidare la Berretti. Nava ha modo di allenare anche la Primavera grazie alla promozione in Prima squadra di Cristian Brocchi che prende il posto di Sinisa Mihajlovic, esonerato il 12 aprile del 2016. Il suo percorso nelle giovanili del Milan termina nel 2017.

Stefano Nava, il Milan e la Champions League

Il Milan è sempre stata la sua casa, nonostante non abbia vissuto stagioni da assoluto protagonista. Stefano Nava, però, è stato un difensore di riserva molto affidabile. Di riserva solo perché ha giocato con delle leggende del calcio, tra questi Baresi, Maldini, Costacurta e Galli per citarne alcuni.

L’esordio in Prima squadra è datato 5 settembre 1990. Arrigo Sacchi lo schiera dal primo minuto accanto a Galli, Costi e Carobbi. Siamo nei ​​Sedicesimi di finale di Coppa Italia, la partita fu vinta dai rossoneri per 1-0 contro la Triestina. Un debutto col sorriso grazie al rigore forte e centrale calciato da Massimo Agostini al 10’ del primo tempo.

Per Stefano Nava anche il battesimo in Serie A è difficile da dimenticare. È il 3 marzo del 1991, a San Siro il Milan ospita il Napoli di Diego Armando Maradona. In un’intervista, ricordando quella partita, Nava si è espresso così sul El Pibe de Oro: “Maradona me lo ricordo grassottello, ma sempre ricco di intuizioni geniali. In quella partita ho capito cosa vuol dire “campione” e cosa devi possedere per giocare in serie A. Maradona andava da una parte, Careca dall’altra. Pareva impossibile, ma Maradona ha spedito il pallone tra i piedi di Careca. Mi sono detto: qui di occhi ne occorrono quattro”.

Quella partita fu vinta poi dai rossoneri con un roboante 4-1 e in gol andarono due calciatori che hanno scritto la storia del club: Ruud Gullit e Frank Rijkaard. Due figure che meritano una menzione speciale per far comprendere la grandezza e il bagaglio di conoscenze acquisite e che ha permesso a Stefano Nava di diventare un vincente.

Stefano Nava con la coppa di Champions League Fonte: Imago Images

Anche in questo caso, quando ricorda il suo passato, si definisce un privilegiato: “Ho avuto la fortuna di vivere la mia carriera accanto a campioni straordinari, che hanno segnato la storia del calcio. Nella testa, quindi, mi rimangono delle esperienze che pochi possono permettersi. Ho visto il top, sia dal punto di vista individuale, sia dal punto di vista collettivo, di gestione e di società. I miei momenti esaltanti sono le esperienze: quelle condivise con uomini importanti e calciatori decisamente sopra la media”

A 24 anni arriva anche il primo gol in Serie A di Stefano Nava. Lo realizza sotto la Curva Sud, contro la Roma di Carlo Mazzone. Da una situazione di calcio d’angolo Nava trafigge Lorieri con un imperioso colpo di testa.

Con i rossoneri collezionerà in totale 47 presenze e tanti trofei vinti e che ricorda con particolare affetto. La Champions League è una di queste. Una l’ha persa il 26 maggio del 1993 contro il Marsiglia. In quell’edizione colleziona 5 presenze e nella finale dello Stadio Olimpico di Monaco di Baviera è stato spettatore dalla panchina del gol di Basile Boli che ha permesso ai francesi di conquistare la coppa.

Il Milan però si riscatta l’anno successivo arrivando nuovamente in finale e travolgendo per 4-0 il Barcellona di Johan Cruijff. Un trionfo senza precedenti sotto i colpi di Massaro, Savicevic e Desailly. Stefano, in tutta la competizione, totalizza 40 minuti complessivi di cui 7 in finale. Negli ultimi istanti della sfida contro gli spagnoli subentra a Paolo Maldini, una sostituzione che ha permesso a Nava di gustarsi un altro momento di gloria, degli attimi indimenticabili.

Quel Milan era di Fabio Capello, un allenatore che ha stimato nonostante un rapporto conflittuale ma che lo ha fatto diventare un giocatore e uomo caparbio e grintoso. Capello, ma anche un maestro come Arrigo Sacchi: Nava non si è fatto mancare nulla. È cresciuto con i migliori, ha imparato da chi è entrato nell’olimpo del calcio. Lo ha fatto con la massima umiltà, l’abnegazione e la consapevolezza di essere indietro nelle gerarchie ma di essere comunque fondamentale.

A capo di questo grande Milan c’era Silvio Berlusconi, un presidente che Nava ha stimato. Lo ha definito come colui che ha trasformato il calcio, una persona che ha fatto della sua potenza economica una rivoluzione. Berlusconi ha portato un nuovo assetto, introducendo ad esempio psicologi e palestre. Un leader carismatico che Nava ricorda con particolare affetto soprattutto quando arrivava a Milanello con il suo elicottero. Il Milan di quegli anni è stato semplicemente favoloso grazie alla forza di tanti singoli e del gruppo, di cui ha fatto parte anche Nava.

Nava e le parentesi extra-Milan

Una carriera con il Milan ma anche caratterizzata da brevi ed intense avventure lontane da Milanello. La stagione 1989/90 è quella in cui ha modo di vivere l’unica esperienza in Serie B con la maglia della Reggiana. In Emilia-Romagna disputa un campionato da protagonista mancando l’appuntamento con i playoff per soli 4 punti dal Parma. Quest’ultima sarà la sua squadra nel 1991, la prima volta in Serie A senza la maglia rossonera. Una parentesi che si conclude con la conquista della Coppa Italia. Poi nel mezzo le parentesi con Padova e Sampdoria. Il milanese ha modo di cimentarsi anche con il campionato svizzero, indossando la maglia del Servette per due stagioni. Conclude la sua storia d’amore con il calcio giocato nella Pro Sesto, squadra dove ha iniziato a dare i primi calci ad un pallone.

Stefano Nava durante una partita benefica del Parma Fonte: Getty Images

L’addio al calcio e la sua nuova vita

La carriera di Stefano Nava si è interrotta in anticipo rispetto alla media e non si è chiusa con la giusta fortuna perché disse addio al calcio a causa di un terribile infortunio muscolare con una successiva ricaduta. Ma quello sport è rimasto il suo posto sicuro, la sua casa e soprattutto la sua vita. È passato dal campo a raccontare ciò che ha amato in tv per Sky Sport, sia come giornalista che come commentatore. Nava si è spesso definito, anche in questo caso, fortunato perché ha potuto proseguire con ciò che lo ha reso felice.

Lo ha fatto sempre con la massima competenza, acquisita negli anni in cui ha vissuto spogliatoi e giocatori importanti e con il giusto equilibrio. Un percorso che poi lo ha spinto anche ad affacciarsi a nuovi mondi. È diventato anche telecronista di un celebre e noto gioco per Playstation: FIFA. Dimostrazione di come abbia saputo far bene anche come commentatore, perché non è una mansione adatta a tutti. Il giorno dell’annuncio si è presentato così: “cercherò di portare la mia esperienza di tecnico e di calciatore per analizzare in profondità anche le scelte compiute sul campo da calcio virtuale”. E negli anni lo ha fatto e anche con ottimi risultati.

Nava, nel frattempo, si è costruito una famiglia e ha avuto un figlio che ha chiamato Lapo Francesco Maria. E nemmeno a dirlo, il giovane classe 2004 ha deciso di seguire le orme del padre e attualmente è il portiere del Milan Primavera. Una tradizione che papà Stefano augura a Lapo di poter proseguire sulla falsariga di quello che ha potuto vivere lui in prima persona. In attesa di vederlo ancora esordire in Prima squadra, un evento che ha visto protagonista Nava jr è stato quello della convocazione tra i più grandi lo scorso 6 gennaio 2022, in occasione di Milan-Roma. Plizzari infortunato, Jungdal e Tatarusanu out hanno spinto Stefano Pioli a convocare Nava jr per la prima volta nella sua carriera.

Fin qui nulla di strano, anche perché Lapo è rimasto in panchina per tutto il tempo. Ciò che ha sorpreso tutti è come al termine della partita – vinta dal Milan per 3-1 e dopo aver festeggiato con i compagni di squadra – sia tornato a casa con il tram considerando che non aveva ancora la patente. Una foto scattata da qualcuno che lo ha prontamente riconosciuto e che ha fatto il giro del web in pochissimo tempo. Un po’ anomalo come episodio, eppure, in tutto questo c’è tanto del padre. L’umiltà di questa immagine è probabilmente legata a quanto Stefano sia riuscito a trasmettere a suo figlio che, per un’occasione del genere, poteva lasciarsi andare a qualsiasi altra scelta.

Stefano Nava è stato l’esempio di come la parola “vincente” possa avere contorni e sfumature differenti. In una società come quella che viviamo – che spesso assume una dimensione di solo protagonismo – la sua carriera è stato l’esempio di come si possa essere dei vincitori anche passando in secondo piano. Spesso, lo ha ribadito, la fortuna lo ha aiutato, ma anche lui è stato bravo catalizzatore delle situazioni. Avere davanti giocatori del calibro di Baresi e Maldini – per citarne alcuni – non era per niente semplice ma lui è riuscito a vedere ed interpretare le situazioni in maniera completamente differente.

In questi casi il rischio di giocare poco può portare a tanta frustrazione e delusione. Condizioni psicologiche che probabilmente nella sua carriera avrà vissuto all’inizio ma che ha saputo poi trasformare in punti di forza. Ogni squadra dovrebbe avere un esempio come Nava, ogni allenatore desidera averlo in una rosa. Stefano Nava è e resterà l’operaio gentiluomo del calcio italiano.

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