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Atletica, la morte di Kiptum continua a far discutere. Il padre: "Quattro uomini lo avevano cercato"

Si fa sempre più fitto il mistero attorno alla scomparsa di Kelvin Kiptum, il recordman della maratona, rimasto vittima di un incidente stradale in Kenya

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

S’infittisce ogni ora che passa di più il giallo sulla tragica scomparsa di Kelvin Kiptum, il recordman mondiale della maratona, rimasto vittima di un incidente stradale avvenuto nella regione di Kaptagat nel Kenya occidentale (con lui è deceduto anche l’allenatore ruandese Gervais Hakizimana, mentre una donna, di nome Sharon Kosgey, è rimasta ferita ed è già stata dimessa). Le forze di polizia locali avrebbe infatti cominciato a seguire la pista del sabotaggio, collegandola alla presunta visita fatta da quattro sconosciuti nell’abitazione del maratoneta quattro giorni prima del fatale incidente nel quale è rimasto coinvolto.

I sospetti del papà di Kelvin: “Qualcuno lo stava cercando”

La tesi di un evento accidentale è stata da subito fortemente contrastata dal padre di Kelvin, Cheruiyot Kiptum, che è stato il primo a raccontare alla stampa alcuni dettagli legati proprio alla presenza di individui di cui non si aveva alcuna conoscenza. I quattro sospettati sarebbero stati posti in stato di fermo in attesa di essere interrogati. Lo stesso papà di Kiptum ha fatto capire che questi non abbiano volutamente dato le loro generalità, lasciando intendere che dietro l’incidente in qualche modo potesse esserci la mano di qualche mandante.

“Alcune persone che sono venute a cercare Kelvin a casa sua non hanno voluto dirmi come si chiamavano e nemmeno per quale motivo erano venuti fino alla sua porta. Hanno semplicemente detto di volersene andare e così hanno fatto, senza lasciare traccia.

Pochi giorni dopo, mentre guardavo il telegiornale sono venuto a conoscenza della notizia dell’incidente. È un momento di profonda tristezza per me, perché Kelvin era il mio unico figlio e proprio in questi giorni, oltre a preparare il record della maratona in vista dell’appuntamento di Rotterdam, stava progettando di costruire una nuova casa per noi e per la sua famiglia”.

La ricostruzione dell’incidente: un volo lungo 60 metri

I dettagli dell’incidente, sulla base dei riscontri avuti sia dalla sopravvissuta, sia dai primi soccorritori giunti sul posto, hanno raccontato di uno schianto tremendo della vettura guidata da Kiptum, che sarebbe uscita di strada a forte velocità finendo in un fosso, fino a fermarsi all’altezza di un grosso albero posto 60 metri sotto la carreggiata stradale. L’atleta sarebbe stato trovato morto sul colpo, il suo allenatore ancora agonizzante (ma sbalzato molti metri distante dall’auto), mentre Sharon Kosgey era cosciente, seppur molto provata.

L’autopsia, che verrà effettuata nelle prossime ore, servirà per stabilire la reale causa della morte di Kelvin, o se in qualche modo fosse in uno stato alterato al momento dell’incidente, avvenuto alle 23 ora locale di Eldoret (anche qui però le ricostruzioni sull’orario sono discordanti: il padre ha parlato di aver saputo la notizia alle 21 in tv). Dai primi accertamenti effettuati sul veicolo non sono risultati danni strutturali, tali da aver potuto provocare rotture meccaniche o di altra natura. Probabile che l’alta velocità sia stata la causa principale di tutto, ma il mistero resta fitto.

La tesi del sabotaggio e la guida spericolata di Kelvin

In Africa è abbastanza frequente assistere a casi nei quali personalità illustri (dello sport e non solo) possano essere avvicinate da personaggi non troppo raccomandabili, determinate a chiedere soldi provando a sfruttare la popolarità e le risorse a disposizione degli stessi. Per questo la tesi di un incidente “pilotato” (quindi di un sabotaggio) non è stata esclusa a priori, anche se sarà importante capire il ruolo dei quattro sospettati e pure la ricostruzione dell’unica sopravvissuta allo schianto.

Kiptum era noto per essere sempre piuttosto spericolato al volante, cosa che in qualche modo potrebbe anche combaciare con la tesi di un azzardo pagato con la vita sua e del suo allenatore. Non amava molto le mezze misure: così come non badava a calcoli quando correva, spesso si comportava di conseguenza anche nella vita di tutti i giorni. Ma adesso resta solo il dolore per una fine troppo prematura.

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