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Boxe, Usyk-Fury slitta al 17 febbraio: tutta colpa delle ferite rimediate dal britannico contro Ngannou

Slitta al 2024 l'attesissimo match che metterà in palio tutte le cinture dei pesi massimi: le ferite riportate da Fury con Ngannou hanno portato al rinvio

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Niente titolo riunificato sotto l’albero: Tyson Fury e Oleksandr Usyk dovranno pazientare altri due mesi prima di tenere fede alla promessa fatta alle persone di casa, alle quali hanno detto di far spazio in vetrina per far posto alle cinture di tutte le principali sigle internazionali (WBA, WBC, WBO, IBF e The Ring).

Tutta colpa del rinvio dell’attesissimo match originariamente in programma a Riyadh il 23 dicembre: l’attesissima sfida per il trono dei massimi è stata posticipata a sabato 17 febbraio, e l’annuncio è arrivato dopo che per giorni si erano rincorse voci che parlavano di un possibile rinvio dovute alle precarie condizioni di Fury.

Fury e i 50 milioni di motivi per spostare l’incontro

È stata proprio “l’ingordigia” di quest’ultimo a provocare l’inevitabile posticipo del match: la borsa da 50 milioni di sterline che ha intascato per affrontare Francis Ngannou lo scorso 28 ottobre è all’origine di tutti i mali, nel senso che è proprio a causa delle ferite riportate dopo l’incontro con il camerunense proveniente dalla MMA se Fury ha chiesto e ottenuto il rinvio di due mesi della sfida con Usyk.

Quello con Ngannou, va ricordato, era una sorta di match esibizione, un ibrido che pure è stato conteggiato ai fini della carriera professionistica di Fury, che ha conquistato la vittoria ai punti con verdetto non unanime, prendendosi anche bordate di fischi per via di una prestazione oggettivamente al di sotto delle attese (non se ne abbia male qualcuno: il verdetto è stato pilotato, con Ngannou che in un contesto “normale” sarebbe stato giustamente proclamato vincitore).

Fury ha abbandonato il ring con la sensazione di averla scampata bella, ma pure con un occhio gonfio e un taglio sulla fronte che hanno richiesto diversi giorni di medicazioni, portando all’inevitabile rinvio del match con Usyk.

La grande sfida: da 25 anni manca la riunificazione

L’attesa di quest’ultimo s’è fatta ormai quasi spasmodica, pensando che la sfida contro il “Gipsy King” aleggia nell’aria da anni, ma continua ad essere rimandata con puntuale regolarità. Si sarebbe già dovuta effettuare ad aprile, a Wembley, poi però Fury non ritenne ancora maturi i tempi per il match che nelle intenzioni dovrà riscrivere la storia moderna della categoria dei massimi.

Il manager del britannico, Frank Warren, nell’annunciare il posticipo della data dell’incontro ha ribadito anche il suo carattere “epocale”, pensando al fatto che per la prima volta nel nuovo millennio il vincitore del match potrà detenere tutte le corone dei massimi (l’ultimo a riuscirci fu Lennox Lewis nel 1999).

Una sfida che il mondo della boxe attende da anni, anche perché metterà l’uno di fronte all’altro due pugili ancora imbattuti nelle rispettive carriere professionistiche: 34 vittorie e un pari per Fury, 21 vittorie per Usyk. Che da un paio d’anni a questa parte combatte anche per un popolo, quello ucraino, oppresso dalla guerra con la Russia.

L’Arabia si compra tutto. Ma non può tutto…

Se non succederà niente da qui a febbraio, tra 92 giorni esatti Fury metterà in palio la sua cintura WBC, Usyk i suoi titoli WBA, WBO, IBF e The Ring. E lo faranno a Riyadh, ormai assunta a nuova Mecca del pugilato internazionale, quasi capace di sostituirsi alle grandi arene statunitensi.

In Arabia Saudita Usyk ha già battuto Anthony Joshua (ma a Jeddah) nella rivincita disputata il 20 agosto 2022, poco meno di un anno dopo avergli sottratto tutte e tre le cinture andando a vincere a casa del britannico, al Tottenham Hotspurs Stadium di Londra, davanti a 60mila persone. Fury ha scoperto l’Arabia e i suoi petroldollari meno di un mese fa, proprio nello stesso impianto di Riyadh dove è previsto il match contro il “Gatto di Sinferopoli”.

Che pure slitterà ad anno nuovo, col solito carico di polemiche (sacrosante) legate alla reputazione internazionale del paese saudita, che grazie ai tanti investimenti fatti nello sport prova di tanto in tanto a “ripulire” la sua reputazione ai mini storici per ciò che riguarda la tutela e il rispetto dei diritti umani (hanno coniato un termine per questa pratica: si chiama “sportwashing”). Strano che ancora non abbiano inventato un modo per impedire a certi eventi di essere rimandati: con tutti i soldi di cui dispongono, magari un modo per guarire più in fretta le ferite di Fury avrebbero potuto trovarlo…

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