Il Brasile esce dai Mondiali di Russia 2018 ai quarti di finale e il simbolo del fiasco verdeoro è nel volto di Neymar, che al 91' chiede l'ennesimo rigore all'inflessibile arbitro Milorad Mazic andando a ruzzolare per terra dopo non aver nemmeno provato con convinzione a trovare il colpo di testa che avrebbe significato 2-2, pareggio, rimonta epica, una partita riacciuffata in campo con la bilancia emotiva tutta spostata dalla parte del Brasile. E invece al numero 10 della Seleçao non è rimasto che scuotere il capo, consapevole forse di essere rimasto solo in una missione affrontata in un modo troppo sbagliato per avere delle attenuanti a cui aggrapparsi.
Il Belgio era avversario tosto, che ha tremato giusto nei primi cinque minuti quando Thiago Silva (vero leader silenzioso del Brasile) ha colto il palo. Poi ha controllato, ha ingabbiato un Neymar in versione anima in pena, e ha affondato quando ne ha avuto la possibilità. Al netto della sfortunata deviazione di Fernandinho che ha portato in vantaggio gli uomini di Roberto Martinez, il Belgio ha giocato a calcio: ha costruito uno splendido raddoppio con Kevin de Bruyne, ha rischiato di triplicare con lo stesso fuoriclasse del Manchester City e poi con Kompany. Il Brasile si è invece aggrappato a un ragazzo di talento, schiavo però dell'immagine di se stesso che ha deciso di costruirsi.
Nelle prime quattro partite del Mondiale Neymar si è ritagliato lo scomodo ruolo di calciatore più odiato del Pianeta, ha trascorso in tutto 14 minuti a rotolarsi per terra per falli reali (e alcuni molto pesanti) o presunti, lamentandosi per un dolore troppo artefatto per essere sempre credibile. Con il Messico i minuti per terra erano stati cinque, di cui due di orologio dopo la pedata di Layun, maligna ma indolore. Spesso gli arbitri lo hanno graziato, non ammonendolo per le sue sceneggiate. Ma la punizione più grande è arrivata dal Belgio, che non ha deciso di giocare il suo gioco, ma come detto si è limitato di giocare a calcio. E quando davvero contava, O Ney è apparso ancora una volta pigro, svogliato, isterico. Non il trascinatore che il suo popolo sperava di trovare in lui.
Neymar è stato il faro del Brasile in due Mondiali, tra i più deludenti della storia del suo Paese: quello casalingo, terminato con il tremebondo 7-1 di Belo Horizonte firmato dalla Germania, e quello del 2018 in cui tutto il mondo ha odiato la sua squadra anche per il suo atteggiamento.
Nel frattempo questo ragazzo baciato in fronte dal talento è diventato il giocatore più pagato della storia grazie al suo trasferimento dal Barcellona al PSG da 222 milioni di euro. Ora però era il momento di scrivere la storia anche in campo. Una storia che non è stata scritta, perché il personaggio ha avuto la meglio sul campione.
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