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Che fine ha fatto Bivi, da erede Palanca a meteora di provincia

Che fine ha fatto Bivi, da erede Palanca a meteora di provincia

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Fabrizio Piccolo

Fabrizio Piccolo

Giornalista

Nella sua carriera ha seguito numerose manifestazioni sportive e collaborato con agenzie e testate. Esperienza, competenza, conoscenza e memoria storica. Si occupa prevalentemente di calcio

Essere chiamati a Catanzaro per giocare attaccante nell’anno in cui Massimo Palanca lascia i giallorossi calabresi è una sfida per pochi. Edy Bivi la prese con la spensieratezza dei suoi vent’anni e la gioia di fare il salto triplo dalla C2 alla A. Iniziò così la favola a metà di questo attaccante brevilineo, dal guizzo letale e dai movimenti eleganti. Un gol su rigore al Napoli a 3’ dal 90’, nel giorno del suo esordio in serie A, fu il suo biglietto da visita a Catanzaro tanto da ricordarlo per sempre, come confessò ad “altrocalcio”: “Il gol a cui sono maggiormente legato è quello contro il Napoli su calcio di rigore durante il mio esordio in Serie A. Giocavo nel Catanzaro, avevo solo 21 anni e a tre minuti dalla fine andai sul dischetto tranquillo e pronto per gioire. Esordire nella massima serie con un gol, per me che provenivo dalla C2, fu un’emozione immensa. Ero un mancino brevilineo, mi sono rivisto un po’ in Montella”.

L’anno d’oro nell’82: gol a San Siro e sogno Nazionale

L’anno che non si dimentica è quello successivo, l’81-82 quando Bivi a suon di gol trascina il Catanzaro al settimo posto in serie A e alle semifinali di coppa Italia, dove solo un palo colpito da Sabato nega la finale. Dodici reti per Bivi che davvero sembrava aver sostituito Palanca nel cuore dei calabresi, con la soddisfazione di uno storico gol a San Siro quando il Catanzaro vinse col Milan. Vice-capocannoniere di A dietro Pruzzo. Bearzot lo inserisce nella lista dei 40 convocabili per i Mondiali ‘82 ma la grande gioia diventa la peggiore delle delusioni. Bearzot lascia fuori sia lui che Pruzzo.

A “Il nobile calcio” Bivi confessò: “E’ andata male per me perchè ripenso spesso a quello che poi è successo negli anni successivi con l’arrivo di Arrigo Sacchi che faceva gli stages con 40/50 giocatori. In quell’anno, parlo della stagione 1981-’82 per me parlavano i fatti: avevo 21 anni ed ero vice-capocannoniere in Serie A. Quindi, probabilmente, se ci fosse stato Sacchi sarei andato al Mondiale, magari senza giocare ma comunque ci sarei andato. E invece in quel periodo c’era Bearzot che era un pò conservatore. Erano gli anni in cui si convocava solo il giocatore di un certo livello. Facemmo il ritiro a Coverciano, eravamo una quarantina e tra questi furono scelti i 22 che andarono in Spagna. Quello che mi è dispiaciuto che al posto mio chiamarono Selvaggi che giocava nel Torino e quell’anno aveva realizzato solo 6 gol. Fece tutto il Mondiale in tribuna ma sai, quando si vince un campionato del Mondo, vince tutta la squadra, anche quei giocatori che non scendono mai in campo. Sicuramente la partecipazione ad un Mondiale avrebbe cambiato il corso della mia carriera”.

Alti e bassi nella carriera di Bivi

Nella stagione successiva rimane coinvolto nell’annata negativa del Catanzaro, che termina all’ultimo posto in classifica retrocedendo in Serie B, e le reti scendono a 3. Riconfermato per il campionato 1983-1984, segna 14 gol (uno in meno del capocannoniere Marco Pacione); la squadra finisce ancora all’ultimo posto e retrocede Serie C1. Passa al Bari e lo porta in A con 20 gol ma nei due anni successivi gioca poco, girovaga tra Trieste, Cremonese e Monza, alternando grandi annate a momento difficili ma rinasce a Pescara nel ‘90. Con Galeone in panchina torna per un periodo il Bivi dei tempi d’oro (“Era un vero maestro dal punto di vista tattico. Nella metodologia di allenamento in quel periodo era avanti anni luce rispetto agli altri allenatori. Anche umanamente con Galeone ho sempre avuto un ottimo rapporto. Ricordo con affetto anche Catuzzi; infatti nonostante abbia lavorato con lui solo una stagione (Bari 1986-87) mi insegnò moltissimo. Galeone e Catuzzi sono stati due innovatori e davano sempre una forte impronta alle loro squadre. Entrambi avrebbero meritato molto di più”).

Lascia il Pescara nel 1994 per concludere la carriera agonistica nelle serie inferiori, con Giorgione, Livorno, Ospitaletto, Ortona e Imolese. Ha totalizzato complessivamente 93 presenze con 20 reti in Serie A e 274 presenze con 92 reti in B. Stabilitosi definitivamente a Pescara intraprende la carriera di allenatore guidando diverse formazioni dilettantistiche abruzzesi: “Avevo grandi motivazioni. Successivamente ho capito che anche quel mondo era inquinato da affarismi e da altre situazioni che non avevano niente a che fare con il mondo del calcio e dello sport, quindi ho preferito lasciare l’ambiente e dedicarmi ad altro”.

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