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Cristian Bucchi: “Bravino, ma non troppo”

Cristian Bucchi: una discreta carriera nelle piccole del calcio italiano, oggi insegue un salto di qualità come allenatore.

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Claudio Cafarelli

Claudio Cafarelli

Giornalista

Classe 1985: SEO, copywriter e content manager. Laurea in Economia, giornalista pubblicista.

Cristian Bucchi: “Bravino, ma non troppo” Fonte: Imago Images

La carriera di un calciatore non è mai una linea dritta che va in ascesa per un po’, fino a discendere. In pochi riescono ad affermarsi nel calcio professionistico e, tra quei pochi, ancora meno riescono ad entrare nel giro dei grandi club. Un po’ per capacità e un po’ per fortuna, la strada per arrivare a essere un calciatore famoso e apprezzato è sempre piena di complicazioni e difficoltà. Tante storie possono confermare tutte queste parole, ma una delle più adatte è quella che raccontiamo oggi: quella di Cristian Bucchi.

Cristian Bucchi, la vita privata oltre al campo

La sua non è solo una storia di gol, come si direbbe di solito per un attaccante. Nel corso della sua lunga carriera, Bucchi ha spesso dovuto affrontare situazioni non semplici dal punto di vista personale, ma è sempre riuscito a tirarsene fuori. Nato a Roma il 30 maggio 1977, non ha mai convinto nessuno dei vivai della Capitale ed è così finito a giocare a grande distanza da dov’era nato.

Fin dai primi anni di carriera, è stato un giocatore errabondo. Come quando, a soli 19 anni, decise di andare a giocare in sesta serie al Settempeda, nelle Marche, la squadra in cui poi si affermerà. “Non c’era alcun motivo per andare lì. – ha raccontato al sito ‘Gianlucadimarzio.com’ – Dovevo prendere tre treni, era un caos. Sentivo solo che era la scelta giusta”.

Di difficoltà ne ha affrontate molte, come la squalifica di un anno per doping che lo colpì nel 2000 al Perugia, in un momento che sembrava perfetto per la sua esplosione in Serie A. Un lungo stop, che lo costrinse a ricominciare quasi da capo e che, col senno di poi, sa tanto di punto di svolta (in negativo) della sua carriera. Oppure la tragica morte di sua moglie Valentina, avvenuta nel marzo 2003 mentre lui giocava a Cagliari: si erano sposati da pochi mesi, e avevano già una figlia di un anno e mezzo, che Cristian Bucchi ha poi dovuto crescere quasi da solo, mentre parallelamente continuava a giocare.

Cristian Bucchi, un calciatore dalla lunga gavetta

Come calciatore, Cristian Bucchi si è fatto conoscere a cavallo tra gli anni Novanta e Duemila, destreggiandosi tra vari club di secondo piano, tra la Serie A e la Serie B, facendo su e giù come certe squadre sempre indecise. Molto bravo per il campionato cadetto, ma non abbastanza per la massima serie: è lui stesso a confessarlo, in un’intervista recente, “Ero sempre considerato quello bravino, ma non troppo”. Un’etichetta che si è portato dietro per tutta la carriera, che gli è probabilmente costata anche qualche punto di fiducia in meno ogni volta in cui si è affacciato a un club considerato un po’ sopra il suo standard.

Romano, ma per tirare i primi calci dovette migrare a San Benedetto del Tronto, nelle Marche, iniziando a giocare nella Sambenedettese. Giusto il tempo di esordire in CND (la quarta serie italiana dell’epoca), nel 1996/1996, e il fallimento del club lo costrinse a scendere addirittura di due categorie, in Promozione con il Settempeda di San Severino Marche. 52 gol in 58 partite che gli valsero il soprannome di “Inzaghi dei poveri”, mentre il più noto Filippo diventava capocannoniere della Serie A con la maglia dell’Atalanta.

E allora ecco il primo grande balzo, a soli 21 anni: dall’Eccellenza, dove aveva condotto il club marchigiano, all’Umbria e alla Serie A in maglia Perugia. Luciano Gaucci presidente (“Penso che quando mi vide non sapeva neanche chi fossi” dirà poi Bucchi), Ilario Castagner allenatore, Milan Rapaic e Alessandro Melli in attacco. L’occasione era ghiotta, e quando il tecnico lo lanciò titolare contro la Lazio, la punta romana lo ripagò con il suo primo gol tra i professionisti. Negli spogliatoi Gaucci, col suo solito piglio esagerato, gli promise che sarebbe arrivato in nazionale. In realtà, Cristian Bucchi a giocare in azzurro non ci arrivò mai (se non con l’Under 21, con cui giocherà solo 3 partite, segnando un gol), ma questa è un’altra storia.

La sua prima annata in Serie A, pensando da dove era partito, fu più che buona, con un bottino di 5 gol in 27 partite, ma a Perugia i giocatori cambiavano molto rapidamente, e per la stagione successiva erano in arrivo Amoruso dalla Juventus e il cileno Tapia. Arrivò il prestito al Vicenza in B, un’occasione comunque utile per fare esperienza e giocare. Cristian Bucchi, da giocatore dei biancorossi, fece 10 gol in stagione agli ordini di Edy Reja, conquistando la promozione, e così tornò trionfalmente in Umbria. Gli umbri adesso erano allenati da Serse Cosmi, in attacco c’era ancora Tapia più i giovani Luca Saudati e Ahn Jung-hwan, ma Bucchi doveva essere il titolare fisso. Se non fosse stato trovato positivo al nandrolone: squalifica di un anno e occasione sfumata.

Cristian Bucchi allena il Cosenza Fonte: Imago Images

Cristian Bucchi, calciatore di lusso in Serie B

È stata per me una parentesi molto dolorosa. La cosa brutta è sapere di essere innocente, ma non poter far nulla per dimostrarlo” ha dichiarato in seguito. Il giudice però lo ha riconosciuto come colpevole, e per un anno l’attaccante romano dovette restare lontano dal calcio. Quando rientrò, il Perugia aveva ormai deciso di puntare sul greco Vryzas e su Fabio Bazzani, e per Cristian Bucchi si riaprirono le porte del campionato cadetto, proprio quando credeva di essersi ormai conquistato un posto in Serie A.

Sempre in Umbria, almeno. Il prestito alla Ternana, in cui stava scalpitando una giovane mezzapunta di nome Fabrizio Miccoli, certificò, grazie a 9 reti in 28 partite, che Cristian Bucchi i gol li sapeva ancora fare. Non bastarono però né per ottenere la salvezza né per vedersi riconfermato nella massima serie. Anzi, Gaucci lo parcheggiò nuovamente in B, all’altra sua squadra, il Catania, dove in sei mesi e una girandola di allenatori, facendo da spalla a Luis Oliveira, riuscì a combinare ben poco.

Nuovo prestito, stavolta al Cagliari di Gian Piero Ventura, a giocarsela in attacco con Suazo ed Esposito. Ma l’avventura in Sardegna è segnata da un dramma famigliare: l’improvvisa morte, a 24 anni, di sua moglie Valentina per un arresto cardiocircolatorio, che lo lascia solo con la piccola figlia Emily. Un colpo durissimo, a livello umano, che rende quasi impossibile a Bucchi tornare a concentrarsi sul campo nei mesi successivi. L’esperienza a Cagliari vede poco calcio e molto dolore. Dopodiché, il bisogno di ricominciare altrove.

A gennaio del 2004 lo chiama l’Ancona: di nuovo nelle sue Marche, di nuovo in Serie A, ma con un’impresa disperata, quella della salvezza con Giovanni Galeone. Impresa impossibile, infatti: l’Ancona retrocede e poi fallisce, e Cristian Bucchi è di nuovo alla ricerca di una nuova meta, dove l’Inzaghi dei poveri possa tornare a segnare con regolarità. Lo acquista il Chievo, che subito lo gira in comproprietà all’Ascoli: la squadra è promettente, l’allena un giovanissimo Marco Giampaolo, di cui si parla un gran bene, e serve un bomber esperto da affiancare a Roberto Colacone. Bucchi segna 18 reti in totale e trascina la squadra in Serie A, ma anche stavolta il destino rema contro di lui, e invece di salire di categoria viene ceduto al Modena, di nuovo in B.

In panchina c’è un altro giovane tecnico emergente, Stefano Pioli, e pure qui le ambizioni non mancano. Bucchi ritrova Colacone, ma anche il promettente Asamoah Gyan, e in Emilia ha l’occasione di confermarsi come il bomber principe della categoria: 30 gol e promozione sfiorata. E adesso, qualcuno in alto finalmente si accorge di lui e vuole dargli una possibilità concreta. Nel 2006/2007, Cristian Bucchi giocherà al Napoli.

Cristian Bucchi con la maglia del Napoli Fonte: Imago Images

Cristian Bucchi al Napoli: una storia sbagliata

Era finalmente arrivato il momento di Cristian Bucchi, dopo tanta gavetta, delusioni e sofferenze. Nell’estate del 2006 era addirittura stato contattato dal Benfica – che sognava di ricostruire la coppia d’attacco con Miccoli – ma aveva declinato: “Mi sono sentito gratificato per l’offerta, Napoli è un discorso a parte, solo il nome vale la serie A”.

In realtà, all’epoca i partenopei erano ancora in Serie B, ma la società ricostruita da Aurelio De Laurentiis stava risalendo gli scalini del calcio italiano, e puntava a diventare una big nel giro di pochi anni. Reja in panchina, che Bucchi aveva già incontrato brevemente al Catania, e in campo Iezzo, Gatti, Dalla Bona, Paolo Cannavaro, Domizzi e De Zerbi. Arrivava da capocannoniere della Serie B e da uomo chiave per la promozione, ma in attacco avrebbe comunque avuto da sgomitare. Per il posto da centravanti, accanto a uno tra De Zerbi e Pià, se la doveva giocare con il veterano Roberto Pampa Sosa e l’emergente Emanuele Calaiò, bomber della squadra in C1 la stagione prima.

Non era facile inserirsi nei meccanismi di una squadra rodata, che già in terza serie aveva giocatori di caratura superiore. Bucchi ha le sue occasioni e chiude con 11 gol in 34 presenze, che sono un bel bottino ma non abbastanza per assicurarsi un posto da titolare. Resta indietro nelle graduatorie di Reja e, dopo la promozione in Serie A, il club campano decide che può farne a meno. Ha 30 anni, e deve ricominciare a girare. Fa sei mesi in A col Siena, giocando poco e senza segnare nemmeno un gol, così viene rimandato nella serie cadetta, col Bologna. L’anno dopo è ad Ascoli, poi al Cesena, sempre in Serie B e sempre segnando poco, certificando che ormai gli anni migliori sono alle spalle.

Rientra al Napoli nell’estate del 2010, con Mazzarri in panchina e una squadra che ormai punta in alto (arriverà terza a fine stagione), schierando in attacco Cavani e Lavezzi. Bucchi non vede mai il campo, e a gennaio torna in Serie B per giocare nel Pescara di Eusebio Di Francesco. Fa giusto in tempo a segnare l’ultimo gol della sua carriera, e poi decide di ritirarsi. La storia di Cristian Bucchi da calciatore si chiude con 162 gol in 437 presenze.

Un nuovo Cristian Bucchi: le squadre allenate

Come tanti ex calciatori, il suo futuro è in panchina. Il Pescara, nel frattempo promosso in Serie A con Zeman allenatore, gli offre di guidare la Primavera, e per lui inizia un nuovo capitolo. Già a marzo viene promosso: l’esonero di Cristiano Bergodi lo fa approdare nella prima squadra, ma la situazione è veramente disperata e Bucchi non riesce a salvare gli abruzzesi dalla retrocessione.

E di nuovo, come se la sua carriera da allenatore non fosse che una prosecuzione di quella da calciatore, Cristian Bucchi riprende a girare l’Italia incessantemente tra le serie minori. L’anno dopo è al Gubbio in terza serie, ma viene esonerato prima della fine del campionato. Qualche mese dopo ritorna, da subentrante, alla Torres, la porta fino all’11° posto ma poi è costretto ad andarsene dopo che il club viene retrocesso in D per illecito sportivo. Per rilanciarsi deve tornare di nuovo nelle Marche, centro di gravità permanente della sua carriera, e con la Maceratese centra un ottimo terzo posto in Lega Pro, sfiorando la promozione.

Di lui si inizia a parlare bene, ed ecco che arriva un ritorno di fiamma: il Perugia, in Serie B, lo vuole per lanciare l’assalto alla A. Occasione d’oro per risistemare un conto aperto col destino: il Perugia di Cristian Bucchi vince e convince, e chiude la stagione al quarto posto. Non si conquista la Serie A sul campo, ma quasi, perché l’anno dopo firma col Sassuolo, un club con tanti giovani che punta molto anche sugli allenatori emergenti. Ma, ancora una volta, la maledizione del “bravino ma non troppo” che lo ha inseguito per tutta la vita torna a manifestarsi. Dopo 14 partite, con un record poco invidiabile di 3 vittorie, 2 pareggi e 9 sconfitte, viene esonerato e sostituito da Beppe Iachini.

Da allora, la sua carriera di allenatore sembra essersi assestata in Serie B, come alla fine era accaduto negli anni Duemila da giocatore. In seguito, le squadre allenate da Cristian Bucchi sono state Benevento, Empoli, Triestina e Ascoli, e per la verità l’unico flop è stato nel 2019 in Toscana. Per il resto, ha sfiorato la promozione con i campani, arrivando terzo in campionato e poi in semifinale dei playoff, e ha poi portato i friulani ai playoff di Serie C nel 2021/2022.

Dalla scorsa estate siede sulla panchina dell’Ascoli, club dove da calciatore Cristian Bucchi ha vissuto una delle sue migliori stagioni in carriera (18 gol nel 2004/2005 e promozione). Si trova al decimo posto, ma è ancora in corsa per i playoff promozione. A 45 anni, insegue ancora l’occasione per dimostrare a tutti di essere qualcosa di più.

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