I recenti episodi di razzismo accaduti durante gli incontri di calcio Verona-Napoli e Cagliari-Milan impongono di occuparci, ancora una volta, del fenomeno del razzismo all’interno degli stadi.
Molto è stato fatto durante questi anni ma, considerato il ripetersi di questi casi, è evidente che molto ci sia ancora da fare, sia sul piano della prevenzione, che su quello della repressione.
L’art. 28 del Codice di Giustizia sportiva Figc dispone che: ”costituisce comportamento discriminatorio ogni condotta che, direttamente o indirettamente, comporti offesa, denigrazione o insulto per motivi di razza, colore, religione, lingua, sesso, nazionalità, origine anche etnica, condizione personale o sociale, ovvero configuri propaganda ideologica vietata dalla legge o comunque inneggiante a comportamenti discriminatori”.
Norme e attività di contrasto del fenomeno
Sul tema relativo alla prevenzione e repressione del fenomeno del razzismo all’interno degli stadi si sono affastellate, nel corso degli ultimi anni, numerose norme, sia di carattere sportivo, sia di carattere ordinario che tuttavia non hanno neutralizzato il fenomeno.
Cosa succede se, durante un incontro, vengono intonati cori razzisti?
L’opera di prevenzione e di repressione del fenomeno inizia prima dell’inizio della partita, ciò in quanto, a norma dell’art. 6 comma 4 CGS le società sono responsabili della violazione delle norme in materia di ordine pubblico per fatti accaduti prima, durante e dopo lo svolgimento della gara
L’art. 62 NOIF (norme organizzative interne della Figc) ribadisce che le società di calcio: ”sono responsabili del mantenimento dell’ordine pubblico sui propri campi di gioco e del comportamento dei loro sostenitori anche su campi diversi dal proprio” e prevede, proprio per tale loro responsabilità, che, prima dell’incontro, si effettui nello spogliatoio dell’arbitro, alla presenza del responsabile dell’ordine pubblico, degli Slo (Supporter Liaison Officer) delle società , dei rappresentanti della procura Federale, dei dirigenti delle due società, della terna arbitrale e del quarto uomo una riunione in cui si affronta il tema della sicurezza stabilendo in particolare come seguire il protocollo previsto in caso di comportamenti discriminatori.
Il protocollo previsto in caso di cori discriminatori
Il predetto art. 62 NOIF impone che la questione, nel caso si dovesse porre durante lo svolgimento dell’incontro, venga affrontata sinergicamente dai soggetti sopra menzionati ed in particolare dai rappresentanti della Procura Federale, dal Responsabile dell’ordine pubblico e dal quarto uomo, che ha l’incarico di tenere i contatti con l’arbitro.
La norma dispone infatti che le segnalazioni dei cori possano provenire dai rappresentanti della Procura federale presenti sul campo da gioco, dal Responsabile dell’ordine pubblico o direttamente dall’arbitro.
I provvedimenti adottabili nell’immediatezza possono portare, in ultima ratio, anche alla sospensione della partita da parte del direttore di gara. Sul punto, l’ultima parola spetta comunque al responsabile dell’ordine pubblico (comma 13 art. 62 NOIF).
I provvedimenti disciplinari possono essere adottati anche successivamente allo svolgimento dell’incontro
Se non vengono adottati provvedimenti nell’immediatezza, questi possono essere comunque adottati successivamente dagli organi disciplinari; ciò in quanto sia il referto dell’arbitro che il rapporto della Procura federale costituiscono le fonti di prova sulle quali è possibile fondare provvedimenti nei confronti della società i cui sostenitori si sono resi responsabili dei comportamenti discriminatori.
In questa fase successiva assume grande importanza il rapporto della procura federale in quanto gli organi disciplinari valuteranno la responsabilità della società sia secondo i parametri previsti dall’art. 7 CGS FIGC che, proprio in relazione alla responsabilità per comportamenti discriminatori, dall’art.28 comma 4 dello stesso codice.
Infatti, sulla base di quanto esposto nel documento redatto dalla Procura verrà valutata: la provenienza dei cori,( da parte di tutto lo stadio, da un solo settore, o da una parte dello stesso), l’entità degli stessi espressa in termini percentuali rispetto al settore di provenienza ( ad esempio il 20% del pubblico presente nel settore di provenienza dei cori), il comportamento del pubblico, con riguardo all’eventuale disapprovazione da parte degli altri settori dello stadio.
In sostanza, con riferimento ai comportamenti discriminatori, dovrà essere documentata in modo chiaro la dimensione del fenomeno e l’esatta percezione dello stesso poiché, ovviamente, gli organi disciplinari valuteranno in modo diverso la responsabilità della società a seconda del fatto che i cori provengano da una ventina di tifosi o siano intonati da tutto lo stadio.
Cos’è la responsabilità oggettiva?
E’ un istituto giuridico che consente di attribuire la responsabilità e quindi la sanzione ad un soggetto per fatti non ascrivibili a suoi comportamenti, la responsabilità è quindi oggettiva poiché prescinde dalla sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa.
La responsabilità oggettiva, prevista dall’art. 6 del Codice di Giustizia sportiva della Figc, è un cardine sul quale poggia il sistema della responsabilità in campo sportivo.
Ma è proprio con riferimento al tema dei comportamenti discriminatori che sono emerse la maggiori criticità; ciò in quanto da strumento di salvaguardia del sistema l’Istituto della responsabilità oggettiva delle società si è trasformata in un’arma di ricatto in mano ai tifosi.
Tuttavia, con la modifica dell’art. 7 CGS (deliberazione del CONI n. 258 dell’11 giugno 2019) è stata riformata la disciplina della responsabilità oggettiva della società poiché: “al fine di escludere o attenuare la responsabilità delle società di cui all’art. 6 così come anche prevista e richiamata dal Codice, il giudice valuta l’adozione, l’idoneità, l’efficacia e l’effettivo funzionamento del modello di organizzazione, gestione e controllo di cui all’art. 7 comma 5 dello Statuto”.
Ogni società deve quindi dotarsi di un modello di prevenzione, secondo le linee guida indicate dall’art. 7 comma 5 dello Statuto Federale FIGC. Pertanto, allo stato, non vige più l’automatismo che imponeva agli organi disciplinari l’adozione di provvedimenti sanzionatori basati esclusivamente su quanto previsto dall’art. 6 CGS bensì deve essere il frutto di una valutazione complessiva dei fatti, delle circostanze e del rispetto di quanto previsto dall’art. 7 CGS.
Attività di prevenzione: potenziamento e valorizzazione della figura dello SLO ( supporter liasion officer)
Il potenziamento dell’attività di contrasto al fenomeno del razzismo negli stadi non può limitarsi all’attività di repressione bensì deve puntare sulla prevenzione e sotto questo profilo un’arma interessante potrebbe essere la valorizzazione della figura dello Slo.
Introdotto nella stagione calcistica 2012/2013 in base all’art. 34 del regolamento FIFA che ha imposto l’obbligo per le società di calcio di nominare un responsabile della tifoseria, lo Slo ha il compito di assicurare un costruttivo dialogo tra club e i propri tifosi.
Tuttavia, le società di calcio hanno spesso trascurato questa figura assegnando l’incarico a soggetti già occupati in altri ruoli.
In realtà lo Slo può essere in grado di risolvere, costruendo relazioni con i gruppi organizzati dei tifosi e con gli Slo delle altre società, le questioni alla base dei comportamenti discriminatori posti in essere dai tifosi.
In quest’ottica potrebbe essere costruttivo creare all’interno delle società una vera e propria struttura, intorno alla figura dello Slo, che si occupi di organizzare incontri periodici con i rappresentanti della tifoseria, di monitorare costantemente l’attività della tifoseria organizzata, di prevedere e quindi intervenire su questioni che possono alimentare tensioni (ad esempio l’aumento del costo dei biglietti), stimolare una maggior trasparenza fra club e tifosi, migliorare il dialogo fra tifosi di squadre diverse, valorizzare e dare voce al tifoso.