La lunga intervista al Corriere dello Sport permette a Segio Parisse, una delle icone del rugby di casa nostra, di raccontare le tappe di una carriera ormai al tramonto, delineando le prospettive della nostra Nazionale: “Mi sto divertendo, voglio finire bene la mia carriera. Smettere non mi fa paura: so che mancherà l’adrenalina, ma sto imparando il mestiere di allenatore. Da inizio stagione guido l’U16 del Tolone, sono umile, anche se sarebbe stupendo un giorno allenare la Nazionale”.
Per la disciplina è una sorta di monumento: “Sono fiero del mio percorso in Nazionale, non ne cambierei una virgola. Ricordo quando con le cuffiette ascoltavo l’esordiente Eminem quando andavamo a sfidare gli All Blacks a Hamilton, rimpiango i tre calci sbagliati contro la Scozia nel 2007 a Saint-Etienne e il drop contro la Francia nel 2016, ma assaporo ancora i successi contro i transalpini nel 2011 e 2013 e il parziale che lessi dopo 15′ a Murrafyeld, era il 2007. Giocare la sesta Coppa del Mondo sarebbe un sogno e un primato, ma la volontà deve essere reciproca: prima viene il gruppo, l’ho detto al presidente Innocenti e al CT Crowley”.
Queste sono le prospettive del movimento, chiamato a stupire ancora accumulando esperienza: “È un bel gruppo, giovane e molto interessante, soprattutto pensando alla prospettiva del Mondiale 2027, quando molti avranno 27-28 anni e saranno nel pieno della maturità. Questa Italia ha una nuova identità e un modo di giocare tutto nuovo, noi eravamo temuti in mischia, avevamo piloni fortissimi e grande fisicità, loro si caratterizzano per il gioco e muovono la palla in un sistema in cui tutti si ritrovano, pur non dominando come noi, le prime linee son giovani. Non tutti sono Castrogiovarmi, che ‘ammazzava’ chiunque a 22 anni. Capuozzo, Lamaro, Garbisi sono il nostro futuro, tifo per un rugby in cui il fisico non la faccia da padrone su intelligenza e tecnica. Sarà un Sei Nazioni difficile, la Francia è la favorita e solo l’Irlanda può tenerle testa, ma Inghilterra e Galles avranno la scossa positiva del cambio tecnico”.