L’ex fantasista di Lazio e Inter Dejan Stankovic, uno degli interpreti più puri del ruolo di centrocampista/finalizzatore degli anni ’10 del nuovo Millennio, si racconta in una bella intervista realizzata in esclusiva per TMW. Oggi allenatore della “sua” Stella Rossa, Deki ha parlato di tantissimi argomenti, dalla fine della sua carriera da calciatore all’inizio di quella da allenatore. A 43 anni infatti si può considerare un tecnico davvero giovane, con tutto il tempo di puntare a traguardi davvero importanti come lui stesso rivela:
“Il futuro di un allenatore è sempre incerto: oggi sei qua, domani là, dopodomani non si sa. Io ora penso al presente e a dare il meglio. Alla Stella Rossa direi sì altre 100, anzi 200 volte, ma sappiamo tutti che il destino di un allenatore dipende quasi esclusivamente dai risultati. Dico sempre che ne esistono due categorie diverse: quelli che vengono esonerati e quelli che lo saranno. Per adesso sono concentrato sulla Zvezda e sui miei ragazzi, non ci poniamo alcun limite e vogliamo arrivare lontano. Per quanto riguarda il futuro, vedremo… Io mi sto preparando per arrivare dove mi porterà il mio cammino. Non so se sarò abbastanza bravo per allenare al top, questo lo dirà solo il campo, ma sono convinto di avere intorno a me le persone giuste per imparare qualcosa di nuovo ogni giorno. È così che si cresce”.
Proprio a proposito di Serie A, il nostro massimo campionato ricorre spesso nell’intervista di Stankovic, che ha visto proprio in Italia i suoi anni migliori, culminati nel 2010 con lo storico triplete nerazzurro. E continuando a gravitare intorno al mondo Inter, pochi giorni fa Nicolò Barella, uno dei migliori mediani del campionato, eletto letto Deki come proprio idolo:
“Le sue parole mi hanno fatto molto piacere, lo dico davvero. Da allenatore oggi aggiungo che sarebbe un sogno per chiunque avere in rosa Barella, uno che ti copre qualsiasi parte del campo. È un centrocampista che lavora senza sosta sia a livello difensivo sia offensivo, ha una tecnica perfetta, è coraggioso tatticamente… E poi, come diceva Boskov, chi tira in porta non sbaglia mai. Bisogna provarci sempre, da tutte le posizioni […] Barella è meglio di me. Anche come come tiro siamo lì, io ero più fortunato da lontano (ride, ndr). Nicolò è uno che lascia tutto in campo, che riesce a dare il 100% persino quando è solo al 70 fisicamente. Non mi sorprende che i suoi compagni lo vedano e lo riconoscano come un leader. Da tifoso nerazzurro sono orgoglioso e mi auguro ovviamente che possa rimanere all’Inter a lungo. Significherebbe tenere un campione in rosa e quindi mantenere la squadra al top. L’Inter, d’altronde, deve stare sempre fra le prime due-tre in Italia e le prime cinque-sei in Europa: è questa la sua dimensione”.
Intrecci del destino a questo punto. L’attuale tecnico dell’Inter, Simone Inzaghi, è un grandissimo amico di Stankovic: i due, infatti, hanno giocato assieme per anni con la maglia della mitica Lazio di inizio 2000:
“Sono veramente contento per lui. Aveva fatto bene alla guida della Primavera della Lazio, poi è arrivata a sorpresa l’occasione in prima squadra e Simone si è mostrato fin da subito quello che è, un top coach. Anche all’Inter è partito alla grande. Penso che il suo modo di giocare sia perfetto per proseguire il ciclo iniziato con mister Conte. Del suo lavoro si è già visto qualcosa, ma quella nerazzurra resta una squadra costruita per il 3-5-2 di Conte: Inzaghi è sicuramente l’uomo giusto per dare continuità. A livello di mercato, non parlo dal punto di vista economico, i nerazzurri hanno rafforzato alcuni ruoli e ne hanno indeboliti altri, ma potete starne certi: la mia Inter lotterà per lo Scudetto”.
Dopo di che, da grande esperto di calcio come solo i Campioni possono essere, Stankovic elegge le favorite per la vittoria della Serie A 2021/2022:
“Col Milan, con la Juve e col Napoli, che è partito fortissimo. Mister Spalletti, si sa, fa giocare sempre un grande calcio alle sue squadre. Non dimentichiamoci neanche della Lazio del mio connazionale Milinkovic-Savic. Sergej mi piace da morire, alla Lazio così come in Nazionale mostra ormai una sicurezza e una qualità quasi imbarazzanti. Si fa vedere e si fa sentire in campo, oltre a realizzare gol pesanti come nell’ultimo derby. A Roma lo amano e deve solo stare tranquillo: gli alti e bassi ci stanno sempre nel calcio, capitavano anche a me. Occhio poi alla Roma: vedo già il carattere di Mourinho, ma per il suo tipo di calcio serve ancora qualcosa a livello di acquisti. I Friedkin devono completargli la rosa”.
Dunque, Deki non considera la squadra del proprio mentore Mourinho come una delle più accreditate alle vittoria finale. Con lo Special One Stankovic ha sempre avuto un rapporto speciale, due caratteri forti che si sono trovati fin dal primo momento. Quante delle caratteristiche del Mou allenatore si possono rivedere in Stankovic?
“Molto. José sarà sempre un amico e una persona speciale per me, siamo ancora in contatto attraverso il gruppo WhatsApp del Triplete. Grazie a Mou ho scoperto io stesso un altro Stankovic, con qualcosa in più da dare a livello umano e poi anche calcistico. Quando arriva il momento duro, delle difficoltà, è l’uomo che fa la differenza, non il calciatore. Nel calcio e nella vita bisogna avere le palle, non mollare mai. Da Mourinho ho imparato proprio questo: quando pensavo di non avere più nulla da dare, trovavo dentro di me un ulteriore 20%. Nel modo di rimproverarti, José ti migliora e ti dà il coraggio che ti serve. Forse i giovani non riescono a capire dove vuole arrivare José, all’Inter noi avevamo un gruppo abbastanza maturo: ti incalzava non per offenderti, ma per farti reagire sul campo. È un tecnico capace di accendere il bottone dentro i suoi calciatori”.
Infine, Stankovic racconta due storie su due uomini a lui molto legati, come Sinisa Mihajlovic e Zlatan Ibrahimovic. Inizia con Sinisa, serbo come lui:
“Partiamo da Sinisa, che per me è molto più che un ex compagno di squadra. Mihajlovic è la mia famiglia. Lo apprezzo tantissimo e, non a caso, è il padrino dei miei figli, così come io lo sono di uno dei suoi. Con lui ho passato momenti bellissimi e anche duri, mi ha sempre dato aiuto, persino quando era in ospedale. Non mi dimenticherò ciò che ha fatto per me. Mi dice sempre che sono il suo fratellino più piccolo, perché non vuole che lo chiami papà, ma io lo faccio ugualmente perché Sinisa sarà sempre un punto di riferimento per me”.
Per finire proprio con Ibrahimovic, nato svedese ma accomunato a Deki e Sinisa da un sangue balcanico che lo rende caratterialmente molto simile:
“Ibra è completamente diverso da quello che fa vedere, direi che è proprio il contrario. Zlatan Ibrahimovic, il vero Zlatan Ibrahimovic, è umile e timido. Quando siamo tra amici, è introverso e riservato. Forse adesso ho svelato il suo segreto (ride, ndr), ma è un vero pezzo di pane. Ha un cuore enorme, credetemi. Recentemente ha compiuto 40 anni e ne approfitto quindi per rifargli i miei auguri. Mi fa piacere che sia ancora in campo a quest’età e che lotti sempre come un leone. È un valore aggiunto per il Milan, anche a livello umano e non solo calcistico, perché a 40 anni sa cosa può e non può fare in campo. La sua presenza cambia e sposta già da sola gli equilibri”.