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25 anni senza Agostino Di Bartolomei

Il 30 maggio 1984 l'ex capitano della Roma si suicidò a Castellabate sentendosi abbandonato dal mondo del calcio: il ricordo del club giallorosso.

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25 anni senza Agostino Di Bartolomei Fonte: ANSA

La polemica innescata dal retroscena di ‘Repubblica’ riguardo a presunti contrasti nello spogliatoio della Roma tra Daniele De Rossi e l’ex allenatore Eusebio Di Francesco e che avrebbe coinvolto anche Francesco Totti, è uscita in un giorno non esattamente banale per la storia del club giallorosso, quale è il 30 maggio.

Il penultimo giorno del quinto mese dell’anno coincide infatti con una doppia, triste ricorrenza per la Roma. Quella tecnica riguarda l’anniversario della finale di Coppa dei Campioni giocata in casa e persa ai rigori contro il Liverpool nel 1984, ma ce n’è un’altra molto più triste, l’anniversario della morte di Agostino Di Bartolomei, suicida il 30 maggio 1994.

Uno dei capitani più amati della storia della Roma si sparò un colpo di pistola al petto esattamente dieci anni dopo quella finale a San Marco, la frazione di Castellabate dove viveva, presso Salerno, dove si era trasferito dopo aver chiuso la carriera nella Salernitana.

I motivi del tragico gesto non vennero mai a galla almeno fino a quando non fu ritrovato un biglietto contenente sei, drammatiche parole: “Mi sento chiuso in un buco”. Di Bartolomei si sentì abbandonato dal mondo del calcio, forse complice anche quel carattere schivo e umile che lo aveva portato a “uscire dal sistema” una volta appese le scarpe al chiodo.

Prodotto del vivaio della Roma, che l’ha ricordato sul proprio profilo Twitter (“30 maggio, Ago nel cuore” il post), “Ago”, regista geometrico ed elegante e implacabile sui calci piazzati, giocò in prima squadra tra il 1972 e quel 1984, eccetto la stagione in prestito al Vicenza nel 1975. Nell’estate 1984 il neo-allenatore giallorosso Sven Goran Eriksson lo mise alla porta e Di Bartolomei si riciclò nel Milan, club già rifiutato prima di approdare alla Roma. Tre buone stagioni con in panchina il mentore Nils Liedholm, poi l’avventura a Cesena e la chiusura a Salerno con la promozione in B e un gesto che ha lasciato un vuoto ancora oggi incolmabile in un calcio “urlato” come quello attuale e nel cuore dei tifosi giallorossi.

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