Usyk è la prova della forza dell’Ucraina.
Volodymyr Zelenski non se lo fa ripetere una volta di più: cavalca l’onda del più forte pugile ucraino della storia (e dire che di campioni nella nobile arte gli ucraini ne hanno avuti), tornato a colpire sul ring come da consolidata abitudine.
Perché Oleksandr Usyk ha dimostrato di avere ancora fame e classe da vendere: contro Daniel Dubois, nel primo match del 2023, disputato un anno dopo la seconda vittoria ottenuta contro Joshua, il “Gatto di Sinferopoli” ha impiegato nove round per mandare al tappeto un avversario ostico, ma che a lungo andare nulla ha potuto contro lo strapotere fisico e mentale del campione dei massimi delle sigle WBA, IBF e WBO.
Il jab di Usyk, come da pronostico
Un jab destro ben assestato in coda a una scarica di colpi ha convinto l’arbitro a interrompere un incontro che era comunque già piuttosto indirizzato sui binari preferiti dal campione in carica, che aveva sofferto un po’ soltanto nel corso della quinta ripresa, quando Dubois ha provato ad alzare il ritmo, tenendo fede a quello che era il piano pensato prima di salire sul ring.
Dopotutto Dubois non era un pugile alle prime armi: 19 vittorie, di cui 18 prima del limite, e una sola sconfitta contro Joyce, datata 2020, che pure non gli ha impedito di giocarsi una chance per il titolo. Chance che Usyk gli ha rispedito al mittente, come ampiamente pronosticato.
La paura, poi il sollievo
Dubois rappresentava uno scoglio importante per il pluricampione ucraino: una stazza superiore di qualche centimetro, dieci anni in meno sulla carta d’identità e una freschezza che (sulla carta) avrebbe dovuto mettere un po’ in difficoltà quell’Usyk che in fondo non saliva sul ring da più di un anno.
Eppure la partenza del match ha spazzato via i dubbi circa la reale condizione del detentore di tutti i titoli dei massimi, eccetto che uno (WBC, detenuto da Tyson Fury): l’ucraino ha tenuto un buon ritmo nei primi round, poi nel quinto ha subito un colpo sotto la cintura che l’ha costretto a chiedere una momentanea sospensione del match per due minuti (non tutti hanno accolto positivamente la decisione dell’arbitro, seppur il colpo ricevuto fosse effettivamente troppo basso).
Dubois è andato all in, ma l’azzardo non ha pagato: nell’ottavo round è stato atterrato una prima volta, a seguito di una favolosa combinazione culminata col solito jab destro. Poi nella nona ripresa ha alzato definitivamente bandiera bianca, incapace di leggere l’ennesimo jab sferrato dal campione di Sinferopoli.
La sfida che tutti vogliono
La seconda difesa di Usyk è filata via abbastanza liscia, e chiaramente ormai tutto il mondo della boxe attende solo l’annuncio della grande sfida per il trono dei massimi a cinture riunificate contro Tyson Fury, che pure sino ad oggi ha fatto orecchie da mercante (nella migliore delle ipotesi se ne riparla nel 2024).
Io sono pronto, chissà se lo sia anche lui
ha affermato sibillino a fine gara il campione ucraino. Il valore simbolico della 20esima vittoria in carriera (su 20 match disputati) è però legato una volta di più alla situazione sul fronte di guerra: Usyk lo scorso anno ha prestato servizio per tre mesi, prima di essere “richiamato” da Zelenski ai suoi compiti di pugile professionista.
Ho vissuto tre mesi in prima linea, con tanti miei fratelli ucraini, alcuni dei quali continuo a sentire tramite messaggi. Spesso quando ci sentiamo al telefono sento il rumore delle bombe che esplodono, e tante volte mi sento dire dai soldati che potrebbe essere l’ultima telefonata della loro vita. Anche stasera ho combattuto per la mia gente, la mia terra, la mia famiglia e il mio e nostro futuro.
Miglior spot per il presidente Zelenski non potrebbe esserci: Usyk è un uomo del popolo, fiero combattente tanto sul ring, quanto sul territorio. Per questo tutti sognano di vederlo sfidare Fury per un match che avrebbe un risvolto ben oltre le corde del ring. Ma mettere d’accordo due pezzi da novanta del genere è forse la cosa più complicata che possa esistere.