Veniva dalla provincia, Nando De Napoli, e lì è ritornato dopo una carriera brillante nel grande calcio degli anni ’80 e ’90, che ha attraversato vincendo tutto a livello di club, ma soprattutto togliendosi la soddisfazione di giocare insieme a due immensi fuoriclasse come Diego Armando Maradona e Marco Van Basten. Simboli del Napoli e del Milan di quegli anni, squadre di cui De Napoli ha fatto parte in maniera diversa: protagonista assoluto dei successi azzurri (2 scudetti, 2 Coppe Italia, una Coppa Uefa e una SuperCoppa Italiana), “Rambo” – come veniva chiamato per la somiglianza con l’attore Sylvester Stallone e per l’atteggiamento da guerriero in campo – al Milan fu frenato dagli infortuni. In rossonero collezionò sì altri 2 scudetti, una Champions League, 2 SuperCoppe Italiane e una europea, ma da comprimario: furono appena 9 le sue presenze. “Capello mi volle per sostituire Rijkaard”, racconta oggi De Napoli, che arrivò al Milan con le stigmate del tuttocampista: corsa, botte, recuperi e inserimenti. Doti che aveva iniziato a sviluppare da ragazzino sulle strade in salita di Chiusano San Domenico, comune irpino con poco più di 2mila abitanti.
LA CARRIERA. Lui, figlio del proprietario del bar del paese, studiava poco e correva dietro al pallone fino a quando un insegnante dell’U.S. Mirgia di Mercogliano lo convinse a fare un provino: la scuola calcio lo arruolò subito per poi girarlo all’Avellino. Breve passaggio al Rimini e poi nell’83, a 19 anni, l’esordio in serie A con i Lupi irpini, con cui giocò tre stagioni arrivando fino alla convocazione in Nazionale, disputando anche i Mondiali di Italia ‘90. Nell’86 il passaggio al Napoli, di cui diventò rapidamente un pilastro, dimostrandosi un professionista esemplare. In campo Maradona ci metteva la classe, lui i polmoni e l’umiltà, dote che ha sempre conservato: ancora oggi a chi gli chiede cosa ricorda dei suoi anni napoletani De Napoli non cita gli scudetti o la stima che il Pibe de oro nutriva nei suoi confronti, ma l’autogol segnato nella finale di ritorno della Coppa Uefa, in casa dello Stoccarda, che sul 3-1 riaprì parzialmente la gara, finita poi 3-3 e con il trionfo degli azzurri.
IL RITIRO. Dopo il Milan, De Napoli chiuse la carriera alla Reggiana nel ‘97, dopo una breve parentesi al Cagliari: divenuto dirigente degli emiliani, abbandonò il club dopo il fallimento del 2005, perdendoci anche dei soldi. De Napoli visse l’episodio come un trauma, allontanandosi definitivamente dal mondo del calcio ma non dall’Emilia: oggi vive a Quattro Castella ed è socio di un’enoteca nel comune bolognese di Vergato. Tornato in provincia, “Rambo” siede al bar divertendosi a paragonare i “suoi” campioni a vini importanti: “Maradona è frizzantino come un gran prosecco Franciacorta – spiegò in un’intervista – Van Basten forte come un Taurasi”. Vino, pallone e ricordi per un campione di umiltà.