Arturo di Napoli è nato a Milano il 18 aprile 1974 da una famiglia di San Giovanni a Teduccio, un quartiere di Napoli. La sua carriera è iniziata in Lombardia nel settore giovanile dell’Inter: a 18 anni era già considerato un grande talento, e per lui sembrava aprirsi una carriera più che buona in Serie A. Dopo un prestito per farsi le ossa in B con l’Acireale, nella stagione 1994/1995 in Serie C1 col Gualdo arrivò a realizzare ben 10 gol, confermando quanto di buono si diceva su di lui.
Fu così approdò a Napoli, terra d’origine della famiglia, stavolta per giocare a calcio. Il club partenopeo non era più quello che era stato fino a qualche anno prima, però: i grandi giocatori se n’erano andati, e la società aveva problemi economici. In panchina c’era il serbo Vujadin Boškov, ma nel frattempo due talenti come Fabio Cannavaro e Benito Carbone avevano lasciato la rosa per altri lidi.
Arturo Di Napoli arrivava – in comproprietà coi nerazzurri – come una scommessa da far maturare rivelandosi preziosissimo per le sorti del club partenopeo.
Con solo 5 gol in 27 partite Arturo Di Napoli fu il capocannoniere stagionale della formazione azzurra, segnando pochi gol ma spesso decisivi, e contribuendo a portare il club al dodicesimo posto in classifica, ottenendo così una comoda salvezza. Le poche reti realizzate erano il sintomo di una squadra che giocava poco all’attacco, che chiuse con il record negativo di gol (28) in quell’annata del massimo campionato italiano, alla pari con il Torino (retrocesso, a differenza del Napoli).
Pochi mesi dopo, l’Inter decideva di riscattare l’attaccante, aggiungendolo alla propria rosa. Avrebbe potuto essere il suo trampolino di lancio, e invece le cose andarono diversamente.
Arturo Di Napoli all’Inter: cosa non funzionò
Nel gennaio del 1997, Arturo Di Napoli era rientrato all’Inter, la squadra in cui era cresciuto e, in quel momento, una delle più ambiziose d’Italia e d’Europa.
La stagione precedente era stata la prima di Massimo Moratti come nuovo proprietario, ma era anche stata molto travagliata, e alla fine si era scelto di affidare la panchina all’inglese Roy Hodgson. In estate erano stati fatti alcuni importanti acquisti come Nwankwo Kanu, Ivan Zamorano, Aaron Winter, Ciriaco Sforza e Youri Djorkaeff, ma Arturo Di Napoli all’Inter faceva parte di una schiera di giovani italiani molto promettenti, tra cui c’erano anche Matteo Ferrari, Fabio Galante e Luca Mezzano.
L’attaccante milanese arrivava a sostituire Benny Carbone, ceduto in autunno allo Sheffield Wednesday, senza status di titolare. Zamorano e Kanu erano stati i due grandi colpi del mercato di Moratti, e Hodgson intendeva puntare su di loro per il fronte offensivo.
I problemi cardiaci del nigeriano aprirono la strada dell’undici titolare a Maurizio Ganz (che visse così la miglior stagione della sua carriera: 20 reti complessive, molte delle quali in Coppa UEFA). La prima riserva era invece il più esperto Marco Branca, che veniva da una convincente annata in cui aveva tenuto in piedi i nerazzurri con 17 reti in Serie A.
Insomma, in sintesi gli spazi per Arturo Di Napoli nell’Inter erano abbastanza chiusi, e infatti la punta ventiduenne disputò appena 6 partite, anche se le prospettive per il futuro parevano buone. Branca aveva passato i 30 anni, Zamorano gli aveva appena raggiunti, e Ganz gli era molto vicino: il talento di origine campana era il miglior prospetto offensivo della squadra.
Ma nell’estate del 1997 le cose cambiarono. Non ci fu solo il cambio in panchina – Gigi Simoni prese il posto di Luciano Castellini, subentrato a Hodgson alla fine della stagione precedente – ma anche l’attacco venne rinnovato. Moratti spese infatti 55 miliardi di lire per aggiungere alla rosa nerazzurra due nuove punte, giovani e di grandissima prospettiva: il brasiliano Luis Nazario de Lima Ronaldo e l’uruguayano Alvaro Recoba.
Di Napoli capì che non c’era più posto per lui, e decise di fare le valigie e lasciare definitivamente Milano. Nel giro di pochi mesi, peraltro, anche Branca e Ganz sarebbero stati ceduti.
Più di recente, ricordando il periodo all’Inter, Arturo Di Napoli ha detto: “L’Inter mi ha forgiato come uomo e come calciatore, farà sempre parte della storia della mia vita. Il mio rimpianto è esserci rimasto poco quando sono tornato dopo il settore giovanile. Nel 1997/98 arrivò Ronaldo e l’Inter mi chiese di fare il 5° attaccante. Io avevo voglia di giocare e ho scelto di andare altrove. Sono stato poco lungimirante, avrei dovuto accettare la proposta che mi era stata fatta da Oriali all’epoca”.
Cambiò squadra nonostante l’arrivo di Simoni in panchina, che aveva conosciuto brevemente ai tempi del Napoli e con cui aveva un buon rapporto: “Un uomo straordinario. Credo che nel mondo del calcio ci siano poche persone col suo stesso spessore umano: era sempre molto pacato, cercava il dialogo, era un papà per noi giocatori”.
Sempre di quell’esperienza nerazzurra, l’attaccante classe 1974 ha ricordato di essere stato compagno di stanza fisso di Zamorano e del giovane Javier Zanetti, che si stava affermando come uno dei migliori terzini al mondo.
Arturo Di Napoli in provincia diventa Re Artù
Il trasferimento in provincia, lontano dai grandi riflettori, dev’essere stato una scelta umana e di carriera abbastanza particolare, per Arturo Di Napoli, nato e cresciuto in una grande città come Milano. Eppure, sarà proprio lì, girovagando per i piccoli club delle serie minori, barcamenandosi tra la A e la B, che smetterà di essere semplicemente Di Napoli e diventerà Re Artù.
Nell’estate del 1997 resta in Serie A, trasferendosi in prestito al Vicenza allenato da Francesco Guidolin. Quell’annata è ricordata tutt’oggi come magica dai tifosi biancorossi, visto che la squadra veneta arrivò fino a una clamorosa semifinale di Coppa delle Coppe, arrendendosi solo al Chelsea di Gianluca Vialli.
Arturo Di Napoli era arrivato a sostituire il centravanti Roberto Murgita, ceduto al Piacenza, giocandosi un posto in attacco tra Pasquale Luiso e Marcelo Otero. Riuscirà a lasciare un buon segno nella stagione, firmando 6 reti (solo due in meno del bomber Luiso) in 25 presenze. Purtroppo, però, giocando un solo incontro in Coppa delle Coppe, durante quella che resterà la sua unica presenza in carriere nelle coppe europee.
L’Inter lo presta di nuovo, stavolta all’Empoli di Mauro Sandreani, sempre in Serie A. La squadra è giovane e in cerca di reti per la salvezza: Di Napoli farà la sua parte, diventando il miglior realizzatore del club con 11 gol, ma non abbastanza per evitare la diciottesima posizione finale e la discesa in Serie B. Tuttavia, finalmente aveva dimostrato le sue capacità, e a 25 anni poteva ambire a un buon posto in un club di medio livello.
Il Piacenza decise di pagare ben 8 miliardi di lire per il suo cartellino, fortemente voluto da Gigi Simoni, intenzionato a costruire su di lui e Rizzitelli l’attacco di un’ambiziosa salvezza. Ma le cose andranno di nuovo male, con tante difficoltà, appena 4 reti segnate e un’altra retrocessione.
Insomma, una carriera anche con tanta sfortuna, quella di Arturo Di Napoli, che nel 2000 è costretto a scendere in Serie B, accettando la proposta del Venezia di Zamparini. Agli ordini di Cesare Prandelli e in coppia d’attacco con Filippo Maniero, Re Artù vive una grande stagione da 16 gol e con una promozione in A.
Proprio quando sembra aver trovato la squadra per lui, ecco nuovi problemi: il Venezia delude e retrocede, Zamparini molla la squadra e si sposta a Palermo, e Di Napoli lo segue, di nuovo in Serie B. Stagione discreta con 8 gol ma non al suo meglio, così cambia nuovamente aria restando in Sicilia, al Messina. Lì dove iniziano i suoi anni d’oro.
Arturo Di Napoli: gli anni d’oro
Arturo Di Napoli, come calciatore, ha vissuto la piena maturità dopo aver compiuto 29 anni, arrivando appunto sullo Stretto. Con 19 gol, è il perno dell’attacco del Messina allenato da Bortolo Mutti, che centra un’incredibile promozione in Serie A dopo essere arrivato terzo nel campionato cadetto.
Seguono due brillanti stagioni nella massima serie italiana, in cui Di Napoli brilla accanto prima a Riccardo Zampagna e poi a Sergio Floccari, dimostrandosi, ormai dopo i 30 anni, un attaccante al livello della Serie A.
La stagione 2006/2007 è quella più complicata: la squadra va male e lui non è più giovanissimo; alla fine il Messina arriva ultimo e retrocede. Ma qui Arturo Di Napoli prende una decisione coraggiosa, e invece di provare a confermarsi in A o scendere in B va addirittura in Serie C1, firmando con la Salernitana. Ne esce, inaspettatamente, un’altra grande annata, da 21 gol in 32 partite e la conquista del campionato di categoria, con ritorno in B. L’annata seguente, nonostante le difficoltà societarie e i tanti allenatori cambiati, è sempre l’intramontabile numero 11 a tenere in piedi la squadra campana e, con 15 reti, portarla alla salvezza.
A 35 anni compiuti, Arturo Di Napoli non è però ancora pronto a dire basta. Il suo momento di massimo splendore è chiaramente alle spalle, ormai, e la punta ex Inter decide di concedersi un finale di carriera nostalgico. Nel 2009 torna al Messina, nel frattempo fallito e ripartito dalla Serie D, e mette a segno ben 20 reti in stagione, anche se la squadra non va oltre il 12° posto.
Per la stagione successiva torna in un altro luogo topico della sua vita come calciatore, il Venezia, sempre in D, ma stavolta con minore successo, tanto che a dicembre già sceglie di cambiare squadra. L’epilogo della carriera in campo di Arturo Di Napoli sarà di nuovo in Lombardia, tra i varesotti della Caronnese, dove si ritirerà nel 2012 dopo due stagioni in D, condite da 27 gol in 44 partite.
Arturo Di Napoli: la vita privata e che fine ha fatto oggi
Della vita privata di Arturo Di Napoli si sa poco. Dopo il ritiro dal calcio giocato, l’ex attaccante di Messina e Salernitana ha intrapreso la carriera da allenatore nelle serie dilettantistiche italiane, prima col Rieti e poi col Riccione.
Nel 2014 è arrivato in Lega Pro, ingaggiato dal Savona, ma in Liguria non ha avuto molta fortuna. Subito dopo ha vissuto una breve esperienza all’estero, guidando il Vittoriosa Stars, nella seconda divisione di Malta.
Infine, nel 2015 Arturo Di Napoli ha aggiunto un altro capitolo alla sua storia col Messina. È stato infatti uno degli artefici della rinascita del club siciliano dopo l’ennesimo fallimento societario, coinvolgendo nuovi soggetti nella ricostruzione dello storico club giallorosso.
“Io non sono socio e non metto soldi, ma sono andato porta a porta a cercare imprenditori per questo progetto. Ho cercato di costituire una società forte” ha detto alla conferenza stampa di presentazione del nuovo progetto. È stato subito chiamato a fare l’allenatore del Messina, ma la sua esperienza si è dovuta interrompere a marzo 2016, e stavolta non per ragioni tecniche.
Arturo Di Napoli, infatti, si trovava da qualche tempo sotto processo per un caso di calcioscommesse. La vicenda ha segnato la sua carriera come allenatore e anche la sua immagine: ha subito una prima condanna a quattro anni di squalifica, poi ridotti a 3 anni e 6 mesi e infine, dopo aver patteggiato, a 3 anni e 3 mesi. Per l’ex punta di Napoli e Inter è iniziata una lunga e difficile battaglia legale, conclusa solo nell’ottobre 2017 con l’assoluzione dall’accusa di illecito sportivo.
L’ultima sentenza ha riabilitato Di Napoli, che si è visto annullare la squalifica, tornando ad allenare, tra il 2018 e il 2021, il club lombardo del Cologno. Alla fine, quindi, Re Artù è rimasto legato alla provincia, in un modo o nell’altro. Chissà se un giorno riuscirà a tornare a fare grande il suo Messina.