Carlo Tavecchio: ecco chi è. La storia del boss della Federcalcio

Tutto sul controverso presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio.

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Carlo Tavecchio: ecco chi è. La storia del boss della Federcalcio Fonte: ANSA

Chi si aspettava che Carlo Tavecchio si facesse da parte dopo il fallimento di Gian Piero Ventura, da lui scelto e rivelatosi non in grado di qualificare la nazionale italiana ai campionati del mondo, evidentemente non lo conosce bene.

Carlo Tavecchio è nato a Ponte Lambro, località non lontana dalla Svizzera in provincia di Como (4mila abitanti poco più e formata da frazioni da nomi pittoreschi: Busnigallo, Fucina, Lezza, Mazzonio e Schieppo),  si è diplomato ragioniere ma a differenza del suo ‘collega’ Ugo Fantozzi, dipendente della ItalPetrolCemeTermoTessilFarmoMetalChimica  lavorava presso la Banca di Credito Cooperativo dell’Alta Brianza. E con una posizione di un certo rilievo nel suo organico.

A 33 anni, da esponente della Democrazia Cristiana, Carlo Tavecchio era già sindaco del suo paesino. Ha avuto l’incarico di primo cittadino dal 1976 al 1995, superando anche qualche vicissitudine giudiziaria. Prima, però, aveva già fatto il suo ingresso nel mondo del calcio. E’ stato tra i fondatori della Polisportiva di Ponte Lambro e, in ambito calcistico, per sedici anni è stato presidente dell’ASD Pontelambrese, società dilettantistica che durante la sua gestione è arrivata a disputare anche il campionato di Prima Categoria.

La carriera dirigenziale di Carlo Tavecchio all’interno di Federcalcio è iniziata dal basso con la mansione di consigliere del Comitato Regionale Lombardia della Lega Nazionale Dilettanti (LND) mantenuta dal 1987 al 1992. Nei successivi quattro anni è stato vice presidente della LND e  nel 1996 si è issato al vertice del Comitato Regionale Lombardia. E’ un’ascesa continua. Il 29 maggio 1999, a seguito delle dimissioni del suo predecessore Elio Giulivi, è votato presidente della LND. Dal maggio 2007 diventa anche vice presidente della Federazione Italiana Giuoco Calcio assumendone la funzione di vice presidente vicario nel 2009.

L’ambizioso comasco non si ferma e c’è chi lo apprezza e non sono pochi: forte anche dell’appoggio di diciotto club di Serie A si candida alla presidenza della Figc per sostituire Giancarlo Abete. In piena campagna elettorale si male da solo con una dichiarazione tanto razzista quanto sconcertante (“Le questioni di accoglienza sono una cosa, quelle del gioco un’altra. L’Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che ‘Opti Poba’ è venuto qua che prima mangiava le banane e adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così”). Altrove la sua carriera sarebbe al capolinea. Non in Italia. L’11 agosto 2014 Tavecchio viene eletto presidente della FIGC con il 63,63% dei voti, prevalendo sull’altro candidato Demetrio Albertini.

Sulla frase pronunciata da Tavecchio si svolgono tre inchieste. Quella della FIGC termina il 25 agosto 2014 con l’archiviazione, guarda un po’, non avendo il Procuratore federale riscontrato nell’episodio aspetti di rilevanza disciplinare. Il procedimento avviato dall’UEFA si conclude invece il 6 ottobre successivo con la comminatoria di una sospensione per sei mesi di Tavecchio da tutti gli incarichi di rilievo europeo. Il 5 novembre successivo la FIFA estende a livello mondiale la squalifica comminata dall’UEFA.

Convince prima Antonio Conte ad allenare la Nazionale e poi, a sorpresa, si lancia su Gian Piero Ventura. Che manda a casa dopo la tremenda mancata qualificazione ai Mondiali di Russia. Lui, invece, resta lì. Chi pensava il contrario evidentemente non lo conosce bene.

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