Cesare Pancotto torna emozionato a Trieste. “Trieste vuol dire sei anni della mia carriera – ha spiegato -. Se penso a Trieste mi si apre il cuore: ci sono tantissimi tifosi che conosco personalmente e il pubblico triestino lo rispetto davvero tanto. È un pubblico caldo, competente e corretto, che sa spingere la squadra a esaltarsi in campo. Loro sono una squadra lunga, atletica e di talento. In panchina, infine, hanno un coach esperto come Eugenio Dalmasson che siede su quella panchina da dieci anni. Se di Attilio Caja dicevo che, di Varese, conosce anche i seggiolini del palazzetto, di Dalmasson dico addirittura che lui conosce nomi e cognomi di tutti i tifosi”.
“Con Trieste giochiamo in trasferta e quando siamo lontano da casa ci attendono sempre più mission – ha aggiunto il coach della S.Bernardo-Cinelandia Cantù -: la prima sarà quella di farci trovare pronti a partire dalla nostra difesa, perché quando si gioca in trasferta si possono avere a volte meno certezze. Poi, ovviamente, dovremo stare attenti a tutte le voci dalle scout, cercando di disputare una gara solida, limitando gli errori e tenendo alte le nostre percentuali al tiro. Con Trieste ci saranno delle lacune da colmare e questo è per noi motivo di grande motivazione: in alcuni ruoli potremmo soffrire di centimetri, di atletismo e di talento, starà a noi colmare questi gap. Un’altra nostra mission sarà quella di limitare o accorciare i tempi dei break negativi, perché fuori casa sono ancora più pericolosi che in casa. Anche se questa squadra ha dimostrato ormai da diverse partite di saper recuperare, è sempre meglio evitare di dover compiere grandi rimonte, perché ovviamente più errori si fanno e più si sprecano le energie per recuperare il risultato. Quanto alle statistiche, invece, ricordo ancora una volta che in campo non ci vanno i numeri, bensì le motivazioni”.
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