Lui è l’altro Baggio. Dino. Quello che consentiva a Pizzul nelle telecronache della nazionale di gigioneggiare recitando la filastrocca “Dino passa a Roberto, Dino-Roberto ancora Dino”. Ma è soprattutto il giocatore che fece infuriare la Juventus nonostante con i colori bianconeri abbia giocato e vinto. Dino Baggio a pallone ci ha giocato fino a tarda età, a 37 anni ancora si divertiva in Terza Categoria nella squadra del suo paese, il Tombolo. Oggi è diventato quasi per caso consulente del Montebelluna. E’ collaboratore tattico per Giovanissimi Élite e Allievi Sperimentali, annate 2002 e 2003, glielo hanno chiesto quando lo vedevano al campo ad accompagnare i figli. “Sento il desiderio di stare con i ragazzi e lavorare. Mi piace vedere che iniziano a fare quello che spieghi, soddisfazioni impagabili. Sul piano tattico, cerco di insistere sulla velocità di pensiero e posizione in campo. Se sai trovare quella giusta, eviti gli errori e corri meno. Di rientrare nel calcio importante non avevo voglia. Ho girato il mondo da calciatore, non mi va di farlo di nuovo. E il mestiere di tecnico non m’ispira, almeno per adesso. Preferisco ritagliarmi un ruolo come questo, in mezzo ai giovani”.
IL BOOM – E lui giovane iniziò. «Mi chiama Borsano, il presidente del Torino, e mi chiede se voglio andare alla Juve. Al volo dico io, che da piccolo tenevo anche per i bianconeri. Visite mediche, accordo fatto e presentazione con tanto di foto. Poi, mi telefona Boniperti, ero in vacanza. Mi dice di andare subito in sede. Vado e mi lascia a bocca aperta: per quest’anno vai all’Inter, poi torni da noi. Ma come, mi avete fatto fare anche le foto con la maglia della Juve e dopo due giorni vado via? Poi, capii. Doveva tornare Trapattoni alla Juve. La verità è che sono stato il primo giocatore a essere scambiato con un allenatore!».Nel ’92 tornò a Torino, ma sull’altra sponda… “Vincemmo la coppa Uefa, con il Trap, contro i tedeschi del Borussia Dortmund, 5 anni più tardi portati da Nevio Scala al successo in coppa Intercontinentale. Segnai il pareggio nel 3-1 d’andata, facendo doppietta al ritorno”. Alla Juve intanto arrivarono Luciano Moggi, Antonio Giraudo e Roberto Bettega, lo indussero a trasferirsi a Parma (“La Juve mi cedette al Parma senza avvertirmi. E io, che avevo anche l’offerta del Milan, m’impuntai. Capello mi voleva affiancare ad Albertini nel suo Milan, la prospettiva mi piaceva”) e nel ‘94-‘95 la lotta agli juventini fu totale.“Loro vinsero lo scudetto, con un 4-0 al Delle Alpi, e la coppa Italia, al Tardini, noi la Uefa, segnai la rete dell’1-0 in casa e il pareggio nel ritorno, disputato a Milano, con uno spicchio di curva interamente parmigiana”.
LA MAXI-SQUALIFICA – Poi iniziarono le sue disavventure: in Polonia le arrivò una coltellata in testa, dagli spalti (5 punti di sutura) e, con la maglia gialloblu, il 9 gennaio 2000 si rende protagonista di un episodio increscioso: secondo tempo di Parma-Juventus, Baggio si rende colpevole di un duro intervento su Zambrotta che viene sanzionato col cartellino rosso. Arrabbiatissimo, se la prende con tutti i giocatori juventini e, prima di uscire dal campo, mima all’arbitro Farina il gesto dei soldi: gli costerà una squalifica per sei giornate e una multa di duecento milioni di lire. «È da quel momento che sono cominciati i miei guai e sono rimasto fuori dal giro della Nazionale. Mi sono beccato un rosso molto discutibile per un intervento su Zambrotta. L’arbitro era Farina. Mi ha cacciato ed io ho protestato vivacemente, facendo il segno dei soldi, strofinando indice e pollice. Per quel gesto sono finito fuori dal giro della Nazionale. Non mi sono mai pentito. Quel gesto lo avrei fatto mille volte. ne parlai anche con l’arbitro Farina prima che morisse. Non ce l’avevo con lui, ma col sistema. Poi tutte quelle cose sono uscite con le sentenze di Calciopoli. Per essermi ribellato alla dittatura bianconera, i tifosi del Parma mi adottarono».