Da ex bancario alla panchina di uno dei club più prestigiosi d’Europa: la bella favola di Maurizio Sarri aspetta però ancora la consacrazione finale. Vincere. Perchè anche lui, a 60 anni che compie oggi, si è un po’ stancato di ricevere solo complimenti e pacche sulle spalle. Non quest’anno forse, ma presto. Perchè ora ad allenare le big ci ha preso gusto. La rivoluzione con il calcio spettacolo non gli basta più. I suoi seguaci lo venerano come un Che Guevara moderno, osannano le sue scelte di vita, diventano integralisti come lui, che diceva “fino al palazzo” e “facciamo la rivoluzione”. Era un dipendente della Banca Toscana a Firenze. Nel corso della mattina lavorava presso la banca, nel tardo pomeriggio calzava la sua tuta da allenatore e scendeva sul terreno di gioco a fianco dei giovani calciatori della Stia e successivamente della Faellese, rimanendo sempre in Toscana. Poi la lentissima ascesa, passando per tutte le categorie fino all’Empoli e alla promozione in A e poi al Napoli. E’ in azzurro che tutti iniziano a conoscere i suoi pregi e i suoi difetti. Ma soprattutto le sue scaramanzie, che lo accompagnano tuttora a Londra. A Napoli si faceva la barba solo una volta a settimana (e rigorosamente di venerdì), non faceva più conferenze prima di ogni partita di campionato e faceva scendere in campo i calciatori solo con la maglietta utilizzata in occasione di una precedente vittoria, ma è sempre stato così.
LE SCARAMANZIE – Questo il ricordo di un suo ex collaboratore, Fabrizio Mazzini, che lo ha seguito in diverse squadre prima che diventasse un allenatore di grido. Il primo ricordo è legato al caffè: “Una domenica prima della partita ne bevemmo tre di fila e vincemmo. Da allora mi costrinse ogni domenica a bere tre caffè per paura che si spezzasse il rito”. Poi il racconto continua con le testimonianze di vecchi giocatori del suo passato in Toscana ed ecco sfilare altre perle: “Tra le sue scaramanzie, ne ricordo una in particolare: vestiva sempre una maglia nera che non cambiava mai. E poi, aveva una lavagna in cui scriveva delle massime di saggezza, come ‘Non è grande chi non cade mai”. E ancora: “un giorno eravamo tutti pronti per iniziare l’allenamento ma Sarri non arrivava. Allora aspettammo, aspettammo, aspettammo e alla fine decidemmo di chiamarlo. Lui rispose dicendo che era in macchina fermo perché gli aveva attraversato la strada un gatto nero e avrebbe dovuto aspettare per forza che passasse un’altra macchina prima di lui, se no non si sarebbe mosso. Solo che di macchine proprio non ne stavano passando…”.
QUANTE SIGARETTE – Guai a cambiare ristorante poi se si vince, e poi il vizio del fumo: “Dicono che una volta, per quanto è fissato con le sue sigarette, durante un ritiro, a tavola scambiò la sigaretta per una forchetta”. Anche Mertens raccontò cose che non aveva mai visto prima: «È incredibile. Un giorno ci alleniamo su un campo, il giorno successivo su un altro. Non cambia mai questo metodo, a meno che non perdiamo. Che sia un gran fumatore non è un segreto: anche al centro sportivo non manca mai la sigaretta, persino negli ambienti chiusi. Tante volte entra anche negli spogliatoi fumando, quasi non ci fa caso”. Anche a Londra non mancano le sue Merit, ne fuma 4-5 pacchetti al giorno. Queste alcune delle sue frasi celebri:
“Ho sempre detto che lo scudetto è una bestemmia, ma io sono toscano e in Toscana si bestemmia abbastanza. Una bestemmia quindi ogni tanto ci può stare, anche perché può capitare di tutto nella vita”
“Ho scelto come unico mestiere quello che avrei fatto gratis. Ho giocato, alleno da una vita, non sono qui per caso. Mi chiamano ancora l’ex impiegato. Come fosse una colpa aver fatto altro”
“Faticoso è alzarsi alle 6 per andare in fabbrica. Qui serve solo armonia di movimenti e di tempi”