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Coronavirus, addio Donato Sabia: il legame con Mennea e atletica

Scomparso a 56 anni per coronavirus, Sabia rimane vincolato alla Fidal e all'amore per lo sport: il ricordo di Donati, Mei e Giomi

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Elisabetta D'Onofrio

Elisabetta D'Onofrio

Giornalista e content creator

Giornalista professionista dal 2007, scrive per curiosità personale e necessità: soprattutto di calcio, di sport e dei suoi protagonisti, concedendosi innocenti evasioni nell'ambito della creazione di format. Un tempo ala destra, oggi si sente a suo agio nel ruolo di libero. Cura una classifica riservata dei migliori 5 calciatori di sempre.

Coronavirus, addio Donato Sabia: il legame con Mennea e atletica Fonte: ANSA

C’è una luce ancora limpida, splendente negli occhi di Donato Sabia, strappato alla sua famiglia dal Covid 19 contro cui ha lottato due settimane in una delle sue ultime interviste. Si è spento troppo presto, a 56 anni appena, dopo due settimane di ricovero nel reparto di terapia intensiva al San Carlo di Potenza. La stessa vigliacca malattia che ha ucciso, pochi giorni fa, anche suo padre.

Morto Donato Sabia per coronavirus: il comunicato della Fidal

L’emozione per la sua perdita è abnorme. E non solo perché aveva presieduto il comitato regionale Fidal Basilicata. La Fidal ne ha ricordato i tratti, la modestia e la passione per l’atletica in un lungo comunicato:

“Una notizia drammatica scuote l’Atletica Italiana in un periodo già difficile per il Paese. È morto questa mattina a Potenza, Donato Sabia, 56 anni, già atleta azzurro di primissimo piano (due volte finalista olimpico degli 800 metri, a Los Angeles ’84 e Seul ’88, oltre che campione europeo indoor della distanza, sempre nel 1984), recentemente tornato alla ribalta dell’atletica per aver presieduto il Comitato Regionale FIDAL Basilicata. Atleta di talento straordinario, ma soprattutto persona d’animo gentile, Sabia è scomparso a distanza di pochi giorni dal padre, vite recise entrambe dal male che sta flagellando il mondo intero.

Messosi in luce dapprima come quattrocentista, le sue doti di resistenza (fu anche primatista del mondo della distanza dei 500 metri, con 1:00.08) lo traghettarono presto al doppio giro di pista, in una carriera comunque flagellata da tanti, troppi infortuni. Il suo anno di grazia fu il 1984, quando dapprima colse l’oro agli Europei indoor di Goteborg, poi stabilì la miglior prestazione mondiale dei 500 metri, fece segnare il suo primato personale sugli 800 metri (1:43.88, ancora oggi la terza prestazione italiana di sempre), e infine, ai Giochi californiani, finì al quinto posto assoluto (1:44.53). Senza dimenticare il primato personale nei 400 metri, un 45.73 a lungo inserito nella top ten nazionale di tutti i tempi. Riuscì a ripetersi quattro anni dopo, in Corea, terminando al settimo posto nei suoi 800 metri, dopo tante stagioni contraddistinte da innumerevoli problemi.

Il presidente della FIDAL Alfio Giomi, il presidente onorario Gianni Gola, il Consiglio federale, a nome di tutta l’Atletica Italiana, esprimono profondo cordoglio e si stringono idealmente ai familiari in un abbraccio. “Una tragedia nella tragedia – le parole del presidente Giomi – Donato era una persona a cui non potevi non voler bene”.

Le parole di Sandro Donati e Stefano Mei

Sandro Donati, il tecnico che lo ha allenato da giovane per poi ritrovarlo anche nella parte finale della sua carriera, è distrutto: “Un ragazzo schivo, sano dentro ma con tanti acciacchi nel suo corpo. Ha ottenuto molto meno di quanto avrebbe potuto vincere con una situazione tendinea e muscolare diversa. Grande nelle scelte. Non è il momento di rivangare il passato, ma lui è stato in quegli anni un eroe e uno dei rappresentanti migliori dell’atletica vera”.

Anche Stefano Mei, compagno di nazionale di Sabia in quegli anni ’80 che ci hanno saputo regalare soddisfazioni immense, si è mostrato profondamente provato: “Il più forte e il più onesto ragazzo che abbia mai conosciuto. Con lui la vita non è stata generosa, gli ha tolto molto più di quello che gli ha dato. Tutti quei problemi fisici, se si fosse potuto allenare due anni di fila altro che Joaquim Cruz (il brasiliano che vinse l’oro a Los Angeles negli 800 ndr). Io non riesco ancora a crederci”.

Da ragazzo di provincia aveva corso negli anni di Pietro Mennea che, come lui, arrivava da un Sud in cerca di riscatto. E come lui aveva una cifra stilistica che lo portava ad essere differente, come ha ricordato il suo ex allenatore Donati. Per un assurdo incrocio di vite e circostanze, entrambi sono scomparsi giovani e con grande emozione e affetto da parte dei giovani, cresciuti nel mito di quella stagione meravigliosa che regalarono all’atletica italiana.Anche Donato era presente alla cerimonia funebre, a Roma, per salutare Mennea e stringersi così alla moglie e con la famiglia degli appassionati.

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