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Covid, Maurizio Stecca dimesso dopo 50 giorni: "Non sono come prima"

Il campione di pugilato, Maurizio Stecca, ha lasciato l'ospedale dove ha affrontato il Covid nella sua forma più grave, battendolo: il suo racconto e le conseguenze

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Ha speso la sua vita sul ring, con orgoglio e sacrificio, ha appreso la filosofia che regge il pugilato e lo innalza a disciplina di grande insegnamento per chiunque lo pratichi con attenzione, agonismo. Maurizo Stecca, 58 anni, ha affrontato questo avversario con estrema cautela, ha studiato ogni sua mossa. Ma il Covid lo ha messo in difficoltà: “Se non ti prepari bene, se non hai uno schema di vita rigoroso, paghi tutto sul ring”.

L’ex campione, oggi tecnico federale e ambasciatore della Federazione pugilistica italiana, in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, ha ripercorso quei giorni di disperazione quando si trovava in terapia intensiva all’ospedale Ca’ Foncello di Treviso.

Maurizio Stecca: 50 giorni ricoverato

Dopo 50 giorni è stato dimesso dal nosocomio, dove è stato seguito, curato e – secondo il pugile – salvato.

“I medici mi hanno detto che non sarò più quello di prima — racconta — Ma io cercherò di riprendermi per continuare con la carriera da allenatore”. “Ho lottato e vinto contro l’avversario che mi è capitato. Questa non è la prima sfida che affronto. A 33 anni, quando ho finito la carriera, ho passato 8 mesi in casa, depresso, perché non sapevo che cosa avrei fatto dopo il pugilato. Poi è arrivata la malattia, l’Epn (emoglobinuria parossistica notturna, una patologia rara), che per 10 anni mi ha costretto a trasfusioni di sangue e per due volte mi ha fatto finire in coma. Avevo già avuto un assaggio delle difficoltà di salute, ma il ricovero di 50 giorni causato dal Covid è stato peggiore, perché da un momento all’altro avrei potuto non risvegliarmi più”.

Stecca: le conseguenze del Covid sul suo corpo

Nonostante sia stato riportato a casa, Stecca è stato preparato dal personale medico a ciò che lo attende e dal percorso che dovrà sostenere:

“I medici mi hanno detto chiaro e tondo che non sarò più quello di prima. Magari non sarò in grado di fare certe cose, ma io cercherò di riprendermi per continuare con la carriera da allenatore. Ho fatto già dei progressi. Sono arrivato quasi al 100% del parametro riabilitativo stabilito dall’équipe dell’Ospedale di Motta di Livenza, dove tornerò dal 9 febbraio per altre due settimane di cure riabilitative. Se penso che all’inizio non riuscivo ad alzarmi dal letto e nemmeno ero in grado di mettere in ordine i passi, per la paura che le gambe potessero cedere!”.

Stecca: il Covid e la prova subita a livello fisico

L’ex pugile è entrato nel dettaglio e ha voluto elencare che cosa ha provocato il Covid sul suo fisico, per restituire una concretezza a quanto dovrà affrontare:

“Il virus mi ha scombinato i polmoni, il cuore, il sistema immunitario, addirittura la tiroide, tutto il corpo. Oggi ancora non sento i sapori e mi accorgo di non poter più salire le scale velocemente, come ero abituato a fare. Devo anche fare attenzione ai battiti: subito dopo il ricovero ne avevo 120 al minuto, mentre da sportivo professionista ero abituato ad essere bradicardico”.

Stecca ha tenuto a ringraziare la sua famiglia, il fratello Loris (anche lui ex campione), ma anche tanti ex pugili come i fratelli campioni del mondo Massimiliano e Alessandro Duran, Rocky Mattioli e un arbitro internazionale, di un match combattuto al Madison Square Garden, a New York, nel 1987, che gli ha inviato un messaggio di incoraggiamento.

Stecca: senza il vaccino non sarei qui

Tanto ha contribuito, in questa drammatica esperienza, la formazione da sportivo e da allenatore, poi di Maurizio Stecca.

“È stata fondamentale. Lo sport che ho fatto mi ha insegnato lo spirito di sacrificio. Un giorno il taglio sopracciliare, l’altro un colpo al fegato, l’altro ancora allo zigomo, allenamenti su allenamenti, ti insegnano a non tirarti indietro. Ed è quello che voglio fare ora: non abbandonarmi. Ma è soprattutto merito del vaccino se sono qui. Probabilmente non mi sarei svegliato dalla rianimazione, se non fosse stato per le due dosi ricevute”.

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