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Edmundo: il talento folle di un “animale”

Successi ed eccessi di O Animal, un artista del Carnevale come metafora di vita: dal Vasco alla Fiorentina, passando per Napoli e il Giappone.

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Armando Torro

Armando Torro

Giornalista

Giornalista professionista appassionato di sport, numeri e politica, destro di mano e mancino di piede. Dalla provincia di Taranto a Roma e Torino, passando per Madrid e Milano. Qui per raccontare storie e curiosità sugli sportivi del passato e del presente.

Edmundo: il talento folle di un “animale” Fonte: Getty Images

Pochi sportivi nella storia hanno saputo incarnare con puntualità estrema il binomio genio-sregolatezza: tra questi rientra Edmundo Alves de Souza Neto, noto semplicemente come Edmundo.

Talento purissimo del calcio brasiliano dei primi anni ’90, la carriera e la vita di Edmundo sono state un susseguirsi di dribbling continui, che fossero agli avversari o alle responsabilità poco importava a lui, all’uomo su cui un’intera città ha sperato di fare affidamento e che è stata tradita nel momento più decisivo.

Chi è Edmundo

Nato il 2 aprile 1971 a Niterói, città distante una decina di chilometri da Rio de Janeiro, Edmundo inizia a rincorrere il pallone fin da bambino nelle strade delle favelas e nelle palestre del suo quartiere originario, Fonseca. Vive in una casa in cui il pavimento è in terra battuta, il padre prova a mantenere la famiglia lavorando come barbiere senza guadagnare abbastanza e il futuro appare tutt’altro che roseo, tanto da prospettare una vita di delinquenza. La svolta arriva quando Edmundo abbandona il futebol de salão (calcio a 5) praticato in adolescenza per dedicarsi al calcio a 11 con le giovanili del Vasco da Gama, la squadra che tifa da sempre.

Succede a tanti calciatori di sfruttare il calcio per aggirare le difficoltà interiori e in questo Edmundo non fa eccezione. Si guadagna il soprannome O Animal, ma non per le stravaganze e gli eccessi, come molti pensano: ha origine dall’abitudine del telecronista Osmar Santos di definire con quel termine il miglior giocatore della partita, premio che spesso toccava al giovane attaccante di Niterói.

La carriera di Edmundo in Brasile: giocate e litigi da “animale”

Edmundo esordisce con la prima squadra del Vasco nel Brasilerão del 1992 e diventa subito titolare fisso contribuendo alla vittoria del Gigante nel campionato statale di Rio de Janeiro, ricevendo il premio come giocatore rivelazione del torneo e soprattutto la chiamata nella nazionale brasiliana guidata dal ct Parreira per la Copa Amizade contro il Messico. Nel 1993 il Palmeiras lo strappa al Vasco per ben 2 milioni di dollari e anche cambiando città Edmundo si mette in mostra, sia in positivo che in negativo.

Nei due anni al Verdão il suo dominio tecnico in campo fa nascere il soprannome O Animal, vince due volte il campionato Paulista e il Brasilerão, risultando sempre nella top11, ma restano ancora impressi i suoi eccessi in campo. Il suo “bottino” è di 5 cartellini rossi, frutti di falli scomposti e risse anche con i compagni di squadra (Zago) e allenatori, infatti una lite con mister Vanderlei Luxemburgo durante una partita di Copa Libertadores gli costa la convocazione ai Mondiali di Usa ’94, poi vinti dal Brasile.

O ancora i colpi a gioco fermo sugli avversari (Juninho Paulista e André del San Paolo) e soprattutto il calcio a una telecamera dopo un rigore sbagliato in Copa Libertadores contro il Nacional di Quito, punita con 4 giorni di arresto nella capitale ecuadoregna.

Poi il passaggio al Flamengo di Romario con cui ha avuto un rapporto di amore-odio: dalle litigate in campo per battere i rigori al disco Rap dos Bad Boys passando per la rissa dopo il suo 3-0 al Velez Sarsfield e le continue irrisioni al difensore Zandoná con cui dà vita a una celebre scazzottata.

L’anno di grazia è il 1997 perché grazie a 38 reti in 44 partite di ritorno al Vasco, Edmundo si prende la titolarità nella Copa América che il Brasile vince in Bolivia col contributo tipico di O Animal: gol nella finale contro i padroni di casa e pugno al difensore Cristaldo, non visto dall’arbitro, ma dal ct Zagallo che lo sostituisce. Ha chiuso l’anno vincendo il Brasileirão col Vasco, laureandosi capocannoniere e collezionando ben 7 espulsioni, tra cui quella nella finale di andata contro il Palmeiras per gli insulti all’arbitro, praticamente un classico che fa prendere al soprannome un’accezione negativa.

Edmundo con la maglia della Fiorentina Fonte: Imago Images

Il trasferimento alla Fiorentina e il mondiale di Francia ’98

Con la scusa degli stipendi non pagati dal club bianconero, Edmundo a gennaio del ’98 decide di cambiare aria e trasferirsi per la prima volta fuori dal Brasile, alla Fiorentina che per lui sborsa 13 miliardi di lire.
Appena arrivato in viola per volere del presidente Cecchi Gori che accetta di inserire una clausola particolare nel contratto, il brasiliano non si prende bene con mister Malesani, reo di non farlo giocare abbastanza nei primi sei mesi della sua avventura italiana.

Lo sfogo è memorabile: “Non sono mai stato in panchina in tutta la carriera, neanche a 8 anni. Non possono trattarmi così”, dice polemizzando con società e allenatore. Rischiava di non essere convocato per i Mondiali di Francia ’98, i primi della sua carriera, ma il ct Zagallo gli lascia il posto di vice Ronaldo, un giocatore definito inferiore da Edmundo in un’intervista del 2014 a Playboy Brasil: “Sono più forte di lui, ho fatto il doppio dei gol e ho sono stato campione più volte. L’unico che ha giocato meglio di me è stato Romario”, ammette almeno.

Eppure, Edmundo in quella stessa intervista racconterà di essere stato lui a trovare il Fenomeno a terra e a “salvargli la vita” il pomeriggio del 12 luglio, quando a poche ore dalla finale contro la Francia aveva accusato un malore improvviso ed era in preda alle convulsioni. Edmundo è pronto a giocare titolare proprio per le condizioni di Ronaldo, ma alla fine viene depennato dalla lista degli undici e subentra solo a risultato ormai acquisito dai transalpini.

Firenze-Rio sola andata

A Firenze le cose cambiano con l’arrivo in estate di Trapattoni che decide di puntare su Edmundo nel tridente con Batistuta e Oliveira, supportati da Rui Costa. La Viola chiude il girone di andata in testa con 35 punti (a +3 su Lazio e Parma e a +5 sul Milan) trascinata da Batigol con 17 centri in 17 partite e inizia ad assaporare il sogno scudetto.

Edmundo dà il meglio di sé nei big match (gol e assist contro l’Inter) e nel derby contro l’Empoli di cui i tifosi fiorentini ricordano un magico pallonetto dell’ex Vasco. Nel frattempo però emergono i suoi problemi caratteriali, dal litigio in campo con Rui Costa durante Lazio-Fiorentina (col tentativo di riappacificazione de Le Iene) a quello con Bigica in allenamento. “I calciatori non devono andare a letto insieme per vincere il campionato”, tenta di smorzare il Trap.

Ma Fiorentina-Milan di domenica 7 febbraio 1999, terza giornata di ritorno, la ricordano ancora a Firenze per tre motivi: lo 0-0 finale che avrebbe quasi escluso i rossoneri dalla lotta scudetto, l’infortunio di Batistuta e il comportamento di Edmundo che manifesta la sua essenza in campo e fuori. Prima i dribbling che fanno innervosire la difesa milanista, poi il gran destro che scuote la traversa e infine le esternazioni per un’importante offerta ricevuta, quella del gruppo Salgueiro per ballare la samba nella sfilata del Carnevale di Rio: ecco, la clausola particolare nel contratto di Edmundo è proprio la facoltà di prendere il volo per il Brasile e partecipare alle celebrazioni.

La Fiorentina ha bisogno di Edmundo perché lo stop di Batistuta si prospetta di almeno un mese e mezzo, ma lui non vuole sentire ragioni e va all’aeroporto di Malpensa dove, intercettato dai giornalisti, dichiara: “Vado a Rio, non so se torno. Nessuno mi ha chiesto di restare e se lo avessero fatto io sarei partito lo stesso”. La risposta di Trapattoni non si fa attendere: “Avrei preferito perdere la partita piuttosto che Batistuta”. Il Trap già presagisce il tracollo, infatti con l’attacco sostenuto per due mesi dai soli Oliveira ed Esposito, in 14 partite la Fiorentina raccoglie solo 14 punti, tra cui l’1-1 contro la Lazio alla penultima che consente il sorpasso del Milan sui biancocelesti e di fatto consegna il tricolore ai rossoneri.

Di Edmundo alla fine della stagione resterà la foto in abito bianco e rosso a guidare il carro del gruppo di samba a Rio e una incolore doppia finale di Coppa Italia contro il Parma di Malesani, vincente per la regola dei gol in trasferta. A distanza di parecchi anni, nel 2015 arriverà il pentimento di Edmundo con le scuse al popolo fiorentino: “Mi mancano la città e i tifosi, vorrei abbracciarli tutti e chiedere scusa per il mio comportamento. Se avessi avuto la testa che ho oggi, sarei rimasto a Firenze 10 anni”.

Il ritorno al Vasco e il prestito al Napoli

Ormai preso di mira dai tifosi viola e dal presidente Cecchi Gori, Edmundo sceglie di tornare al Vasco da Gama fresco vincitore della Copa Libertadores, dove viene accolto da eroe, con tanto di fascia di capitano e fa inserire la clausola secondo cui il club non può interferire con la sua vita notturna, promettendo comunque di dare il massimo in campo.

O Animal ricambia e porta la squadra alla finale del campionato Carioca, ma si fa notare per uno degli eccessi più clamorosi: il 21 settembre, per il compleanno del figlio Edmundo Jr, decide di ingaggiare un intero circo e si fa fotografare mentre versa birra e whisky in un bicchiere a uno scimpanzé con cui poi passeggia mano nella mano ubriaco fuori di casa. Scatena l’ira degli animalisti a cui risponde scherzando: “Ho solo fatto bere guaraná al mio nuovo amico”.

Dal 5 al 14 gennaio 2000 la prima Coppa del Mondo per Club della Fifa, per cui il Vasco ingaggia Romario, è l’ultimo palcoscenico internazionale di Edmundo e lui si distingue in positivo per un gol nel girone eliminatorio al Manchester United, e in negativo per il rigore decisivo sbagliato contro il Corinthians. Iniziato male, l’anno prosegue peggio: litiga ancora con Romario e protesta con la società e l’allenatore Antonio Lopes prima gli toglie la fascia e poi lo ha mette fuori rosa per due mesi, prima di acconsentire a un prestito al Santos, piuttosto incolore.

A caccia di nuove sfide, Edmundo nel gennaio 2001 accetta un altro prestito al Napoli alla disperata ricerca di punti salvezza, ma i suoi 4 gol in 17 partite giocate da titolare al fianco di Amoruso non bastano agli azzurri per evitare la retrocessione e un mesto ritorno di O Animal in Brasile. L’unico episodio degno di nota, stavolta positiva, è quando Vicenza-Napoli un tifoso veneto gli lancia un’arancia e lui la mangia con nonchalance.

Edmundo al Carnevale di Rio Fonte: Getty Images

L’incidente e la vita spericolata di Edmundo

Edmundo è anche la conferma della massima di Nereo Rocco “In campo come nella vita”, essendo funambolico dentro e fuori dal rettangolo di gioco, col rischio di nuocere agli altri. Infatti il 2 dicembre 1995 a Rio, dopo una delle tante serate alcoliche che negli anni gli hanno fatto perdere 219 punti della patente, si mette alla guida della sua Jeep Grand Cherokee e si scontra con una Fiat Uno causando la morte di tre persone, tra cui la ragazza che viaggia con lui.

Per quell’episodio viene condannato a 4 anni e mezzo di carcere nel ’99 per omicidio colposo e guida spericolata, ma dopo un solo giorno di carcere il suo avvocato Lavigne gli consente di restare in libertà con continui ricorsi. Esauriti quelli, Edmundo diventa latitante fino al 15 giugno 2011, quando viene emesso un mandato di cattura e il giorno dopo lo arrestano, ma lo rilasciano nel giro di 17 ore, poi dopo altri ricorsi lo salva la prescrizione. Ma più di tutto lo segnano la morte del fratello Luís nel 2002, ucciso per un regolamento di conti della malavita brasiliana (col corpo ritrovato in una Fiat Palio alla periferia nord di Rio) e quella dei genitori pochi anni più tardi.

Nell’intervista a Playboy Brasil del 2014 dirà, infatti: “Non mi riprenderò mai. Scambierei fama, carriera, soldi, tutto, per averli con me. Posso solo fingere di essere felice”. Quelle perdite gli fanno capire l’importanza della famiglia, così anche dopo 10 anni di non rapporto col primogenito Alexandre, omosessuale dichiarato, chiede perdono e si riavvicina, descrivendo con gioia il momento della foto la notte di Santo Stefano del 2020 insieme a tutti e quattro i figli, avuti da donne diverse.

Gli ultimi anni e le ultime follie

Fino alla fine della sua carriera Edmundo cambia 8 squadre e torna altre due volte al suo Vasco, quasi tre. Perché nell’estate del 2001 fa causa al club della sua vita per comprarsi il cartellino e si accasa al Cruzeiro, da cui viene cacciato dopo un rigore sbagliato proprio contro il Vasco. Da lì un’altra manifestazione dell’essenza di Edmundo che accetta l’offerta dei giapponesi del Tokyo Verdy per un’altra missione salvezza, stavolta compiuta, in J League a suon di gol, ma un misterioso infortunio al piede a marzo 2002, lo riporta in Brasile per un intervento chirurgico.

Peccato che venga visto senza stampelle durante la sfilata al Sambodromo di Rio de Janeiro per il Carnevale, perché O Animal perde il pelo ma non il vizio, e così il Tokyo Verdy gli rescinde il contratto. Poi un continuo cambio di casacca: tre mesi sempre in Giappone agli Urawa Reds senza presenze ufficiali, poi Vasco, Fluminense ancora con Romario, Nova Iguaçu nella B brasiliana, Figueirense, Palmeiras e infine Vasco nel 2008, chiudendo la carriera che poteva essere molto più esaltante con un buon bottino di 13 gol in 25 partite.

Posizione, numero di maglia e skills di Edmundo

La posizione naturale in campo di Edmundo è quella di seconda punta ed è dotato di una tecnica sopraffina, con una smisurata passione per il dribbling utilizzato sia per superare l’avversario e creare un’occasione da gol sia per irriderlo, ricevendo in cambio entrate pericolose. In campo è piuttosto fumantino e propenso alle risse e per questo collezione oltre una decina di cartellini in rossi in carriera.

Quanto ai numeri di maglia, a Edmundo spettano quelli tipici della seconda punta, cioè il 7 e l’11 come alla Fiorentina (al primo anno il 29), ma al suo Vasco è il 10, mentre al Corinthians sceglie l’8 e al Napoli il 97. Nella Seleção degli anni migliori, quelli della Copa América vinta e del Mondiale di Francia ‘98 scende sempre in campo con il numero 21, invece nelle partite di qualificazione e nella Copa América del 1995 e 1993 i ct Parreira e Zagallo gli assegnano il numero 7.

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