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Fabrizio Castori: l’uomo della gavetta

Fabrizio Castori, l'allenatore con più panchine in Serie B e una grande esperienza in Italia. Una carriera tra Serie A e Serie B.

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Claudio Cafarelli

Claudio Cafarelli

Giornalista

Classe 1985: SEO, copywriter e content manager. Laurea in Economia, giornalista pubblicista.

Fabrizio Castori: l’uomo della gavetta Fonte: Imago Images

Se cercate un “maestro” delle serie inferiori, uno che la gavetta l’ha trasformata in una carriera vera e propria, allora state cercando Fabrizio Castori. Non c’è mai stato nessuno come lui, nel calcio italiano: è l’unico allenatore della storia ad aver scalato tutte le divisioni dei campionati della FIGC e e il 24 gennaio 2023 ha tagliato il traguardo delle 518 panchine in serie B diventando l’allenatore in attività con più presenze nel campionato cadetto e il terzo di tutti i tempi.

Fabrizio Castori ha un curriculum che ne fa uno degli allenatori con l’esperienza più vasta in Italia, ma che in Serie A purtroppo si è visto pochissimo (due campionati, nessuno per intero) e solo dopo aver superato i 60 anni.

Fabrizio Castori calciatore: la storia in campo

Incominciamo, ovviamente, dall’inizio. Che giocatore era Fabrizio Castori? In realtà, della sua carriera in campo non c’è tantissimo da dire: si è svolta tra gli anni Settanta e i primissimi Ottanta nelle serie dilettantistiche nelle Marche, ed è durata pochissimo. Castori è nato a San Severino Marche l’11 luglio 1954, suo padre Silvio era un operaio ed elettricista, mentre la madre Marianna una sarta.

Lui è il primo di tre figli; ha due sorelle minori, Mirella e Marina, ed è cresciuto in un’umile famiglia marchigiana: “Mio nonno era un trovatello, abbandonato nella ruota degli esposti di un convento. La povertà e l’umiltà della famiglia sono stati, e sono ancora, la mia forza” rivelò alla ‘Gazzetta dello Sport’ nel 2014, al momento del suo primo storico esordio in Serie A sulla panchina del Carpi. Ma non corriamo troppo.

Data la provenienza proletaria della famiglia Castori, Fabrizio ha sempre saputo di dover mettere l’istruzione davanti a tutto. Ma già da adolescente non sapeva resistere al richiamo del calcio: nel 1969 entrò nel vivaio della squadra locale, il Settempeda, e poco dopo in quella della più blasonata Maceratese, che nei primi anni Settanta era arrivata a giocare in Serie C. Nel frattempo si era diplomato presso l’Istituto Tecnico Commerciale “Luigi Einaudi” di Tolentino, per poi iniziare a lavorare come ragioniere e programmatore informatico.

Non aveva però smesso di giocare a calcio, Fabrizio Castori, continuando a disimpegnarsi come centrocampista in squadre locali, ovvero il Corridonia e il San Vicino. Per sua stessa ammissione, era un classico numero 4, un mediano roccioso e poco tecnico, ma con una forte personalità e che già allora emergeva per uno spiccato senso tattico. Ma a più del calcio dilettantistico non poteva ambire, sia per limiti tecnici, sia perché doveva pensare alla sua famiglia.

Nel 1975 si era sposato con la ex compagna di scuola Paola, da cui ha avuto tre figli: Silvia, Marco e Alice. Per cui, va bene divertirsi col pallone, ma bisogna portare a casa uno stipendio. Al punto che, a un certo punto, Fabrizio Castori inizierà anche l’attività di commerciante di calzature e pelletteria, lasciando infine il calcio giocato nel 1982, a soli 26 anni.

Fabrizio Castori allenatore: la lunga gavetta fino al calcio professionistico

Il primo incarico in panchina è frutto del suo vero lavoro in pelletteria: una collega lo aveva segnalato al marito, dirigente della Belfortese di Belforte del Chienti, che lo ingaggiò come allenatore nel 1980. Un’esperienza molto curiosa, considerato che Fabrizio Castori era stato “costretto” ad accettare dalla collega, Rosalba Quadraroli, perché da uomo di calcio navigato poteva salvare la squadra dalla retrocessione. Cosa che in effetti riuscì a fare, contro ogni pronostico, portando i marchigiani fino all’ottava posizione in campionato. Aveva trovato una nuova strada, anche se in quel momento la panchina non era nulla più che un hobby.

Successivamente ci fu l’esperienza, in qualità di allenatore-giocatore al San Vicino di Matelica, e poi l’Urbisaglia, dove si fa notare abbastanza da venire chiamato a guidare le giovanili del Tolentino, una delle principali squadre della regione (militante all’epoca in Interregionale). Coi ragazzi del Tolentino vinse il campionato di categoria, poi tornò alla Belfortese e infine andò a guidare il Camerino, in Prima Categoria, dove ottenne il primo grande traguardo: la vittoria del campionato, con conseguente promozione, e della Coppa Avvenire.

Si trasferì quindi alla Grottese, e poi al Cerretto, conquistando nel 1990 il campionato di Promozione. Seguì un altro ottimo campionato in Eccellenza alla Monturanese, dopodiché venne chiamato ad allenare il Tolentino, stavolta in prima squadra.

Tra le varie squadre allenate da Fabrizio Castori nella prima fase, quella dilettantistica, della sua carriera, il Tolentino è stata la più importante, e quella in cui ha fatto vedere le cose più convincenti. Formando una solida partnership con il presidente Ivano Ercoli, l’allenatore di San Severino Marche rimase sulla panchina dei ‘Cremisi’ per sei stagioni, dal 1992 al 1996, portandoli dall’Eccellenza alla Serie D e, in seguito, addirittura in Serie C2 per la prima volta nella loro storia. Con Castori in panchina, il Tolentino disputò tre campionati in quarta serie, ottenendo due clamorose salvezze.

Fabrizio Castori sulla panchina della Salernitana durante l'amichevole il Palermo Fonte: Imago Images

Fabrizio Castori: le squadre allenate nel calcio professionistico

Nel 1998, il Lanciano lo chiama come allenatore per riportarlo in Serie C2, dopo la retrocessione in D, e gli fa firmare il primo contratto professionistico della sua vita nel calcio: inizia una nuova fase per il tecnico marchigiano. Il feeling con la piazza lancianese è impressionante, e la sua filosofia di gioco aggressiva e atletica – un retaggio dei suoi “maestri spirituali”, Sacchi e Zeman – conquista la squadra e i tifosi. In Abruzzo passa quattro stagioni, intervallate da una breve e infruttuosa esperienza al Castel di Sangro, ottenendo il passaggio dalla Serie D alla C1.

In questa fase si costruisce un solido e apprezzato nome nel calcio della provincia italiana, quello che guarda da vicino i pezzi da novanta delle due categorie principali. Nel 2003 passa al Cesena, e alla sua prima annata in Romagna conquista la promozione in Serie B, arrivando per la prima volta nel campionato cadetto, a cui Fabrizio Castori ha legato gran parte della sua fama attuale.

Ed è proprio lui a lanciare, ai tempi della C1, il diciassettenne Nicola Pozzi, che con 4 gol in 19 partite cattura l’attenzione degli osservatori di tutta Italia, che in lui vedono la next big thing del calcio nazionale. Nell’estate del 2004, mentre il Cesena conquista la Serie B, Pozzi veniva ceduto per 2,5 milioni di euro al Milan.

Al Cesena vive quattro stagioni importanti in Serie B, in particolare quella 2005/2006, in cui la squadra bianconera chiude sesta in classifica e si gioca i playoff per la promozione in Serie A. In campo ci sono elementi come Luigi Turci, Stefano Fattori, Marco Bernacci, Emiliano Salvetti e N’diaye Papa Waigo.

Fabrizio Castori durante Monza - Salernitana Fonte:

Fabrizio Castori, un allenatore principe in Serie B

Dopo aver mantenuto la categoria, l’ultima stagione al Cesena fu anche la più complicata, con la squadra in difficoltà anche perché distratta dalle vicissitudini societarie (il passaggio della proprietà da Luganesi a Campedelli). I romagnoli si ritrovarono ultimi, Castori subì l’esonero e poi venne richiamato, ma senza evitare il ritorno in Serie C1.

Lui, invece, restò nel campionato cadetto, passando sulla panchina della Salernitana neo promossa. La stagione coi granata fu ancora complicata e anche molto ambivalente: alla Salernitana Castori partì piuttosto bene, ma poi la squadra crollò, e a dicembre, dopo la quarta sconfitta consecutiva, per Castori arrivò l’esonero. Fu ancora una volta richiamato prima della fine del campionato, come avvenuto in precedenza al Cesena, ma senza convincere, e venne così nuovamente esonerato.

Castori patì un altro esonero al Piacenza nel novembre del 2009, e sembrava che la sua stella si fosse ormai eclissata, ma nell’annata seguente venne chiamato dall’Ascoli, il club per cui aveva sempre tifato. Da subentrato, riuscì a condurre la squadra marchigiana alla salvezza, ma la stagione seguente i risultati sottotono gli costarono nuovamente il posto. Ci fu, per Castori, un altro esonero al Varese e poi alla Reggina, sempre in B. In pochi, a quel punto (si era nel 2013) erano pronti a scommettere su di lui, se non una piccola squadra come il Carpi.

In una squadra con pochi elementi di primo piano anche per il livello della B italiana, Fabrizio Castori fece il miracolo, arrivando addirittura a vincere il campionato e a conquistare, per la prima volta nella storia sia del club che della sua carriera d’allenatore, la Serie A. Grande protagonista dell’annata fu l’attaccante nigeriano Jerry Mbakogu, autore di 15 reti. L’impatto con la massima serie, però, fu troppo duro per una squadra che non si aspettava certo la promozione l’anno prima: dopo sei giornate, Castori fu esonerato, ma ancora una volta era suo destino essere richiamato prima del termine della stagione, pur senza riuscire a scongiurare un’inevitabile retrocessione del Carpi.

Fabrizio Castori è di fatto un allenatore speciale e il segno che lascia sulle squadre che allena è sempre fortissimo. Al Carpi rimase in panchina ancora l’anno seguente, guidando la squadra fino al settimo posto. Poi un altro romantico ritorno, stavolta al Cesena, dove riuscì con 50 punti a conquistare un’incredibile salvezza, in questo caso però il fallimento della società non permise all’allenatore di continuare il suo lavoro anche nella stagione successiva. A settembre venne chiamato nuovamente dal Carpi in una disperata lotta per salvarsi in Serie B, ma non riuscì nell’impresa.

La Salernitana e Castori: l’impresa promozione

In seguito a un’altra annata da dimenticare al Trapani con una salvezza conquistata sul campo ma cancellata da una penalizzazione inflitta alla società poi fallita, nel 2020 Fabrizio Castori accettò di tornare alla Salernitana, dove seppe valorizzare la buona rosa a disposizione. Il finale di stagione fu esaltante, segnando il ritorno in Serie A dei campani grazie al secondo posto in campionato.

Ma era anche una promozione controversa, perché la società granata, controllata dal proprietario della Lazio Claudio Lotito, andava contro le regole della FIGC sulle multiproprietà nella stessa categoria. La Salernitana, con una rosa non all’altezza della sfida, passò sei mesi con la spada di Damocle di una clamorosa esclusione dal campionato, ritrovandosi a fondo classifica. Il cambio di proprietà salvò il club, ma non la panchina di Castori.

A 68 anni, c’è chi pensa che le sue speranze di disputare finalmente una stagione completa e soddisfacente in Serie A siano ormai ridotte al minimo. Ma Fabrizio Castori non demorde. Nell’estate del 2022 ha firmato col Perugia, in Serie B, con grandi ambizioni. Dopo sei partite molto deludenti è stato esonerato, ma a fine ottobre la società umbra lo ha richiamato con l’obiettivo di conquistare la salvezza.

Fabrizio Castori: il libro e la panchina più bella

La vita e la carriera di Fabrizio Castori sono state raccontate nel libro “Fabrizio Castori. La storia di Mister Promozioni” scritto da Massimo Boccucci e Simone Paolo Ricci e che vede la prefazione di Arrigo Sacchi. Una testimonianza del fatto che l’allenatore ha lasciato un grande segno nel calcio italiano anche e soprattutto per aver realizzato imprese impossibili.

Nel testo viene raccontata anche quella che di fatto è la panchina più bella e soddisfacente nella carriera di Fabrizio Castori. Infatti nella stagione 2004/2005 accettò l’invito della Comunità di San Patrignano di allenare la squadra dei ragazzi della comunità di recupero che era iscritta al campionato provinciale di Terza Categoria. E così in quell’annata indimenticabile di giorno allenava il Cesena e di sera la squadra del San Patrignano, un’esperienza unica.

L’obiettivo era quello di puntare alla crescita caratteriale ma anche tecnica dei ragazzi della comunità, con cui ha stretto un intenso rapporto di amicizia. Tutto ciò che Fabrizio Castori ha sempre professato è che il calcio è un mezzo di unione sociale, emozionante e che aiuta a stare insieme.

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