Francesco Moser: "Ciclismo di oggi è in declino, in Italia non vedo speranze per questo sport"

L'intervista dell'ex ciclista al Corriere della Sera

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Francesco Moser: "Ciclismo di oggi è in declino, in Italia non vedo speranze per questo sport" Fonte: Getty Images

Francesco Moser, in occasione del suo 71esimo compleanno, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera toccando diversi argomenti inerenti al ciclismo. Attualmente, Moser detiene il record di vittorie tuttora in corso di vittorie per il nostro Paese, ben 273.

La sua vittoria indimenticabile: “Il Giro d’Italia 1984: anche se il Campionato del mondo e le tre Parigi-Roubaix sono altrettanto importanti, il Giro è molto di più. È una corsa di tre settimane, è più sofferta: avevo preso la maglia rosa in partenza, poi, l’ho persa con la cronometro a squadre; poi, l’ho ripresa fra Pavia e Milano… Laurent Fignon l’ha presa alle Dolomiti, poi, io l’ho ripresa alla fine… È stato tutto uno scambio di maglia”.

Perchè il record è ancora imbattuto: “Perché il ciclismo è in declino. Mancano gli sponsor: noi facevamo più corse e avevamo più squadre. E tutti correvano per il capitano, ora, invece le squadre hanno il velocista, l’uomo della corsa a tappe, l’uomo cronometro… Un campione italiano? Ora che ha smesso Vincenzo Nibali, non vedo grandi speranze per il nostro sport”.

Come ha iniziato con il ciclismo e cosa serve per imporsi: “Eravamo dodici fratelli, tre correvano. Aldo ha iniziato l’anno il cui sono nato io, nel 1951, a 17 anni, io ho cominciato a 18. Avevo smesso di andare a scuola, lavoravo in campagna, lui ha detto: prova. Pensavo di non poter essere forte, ho tentato per curiosità, poi ho visto che andavo e ho fatto tutto il necessario per arrivare al successo: uno può avere il fisico e l’attitudine, ma arrivare fino in fondo o fare le cose a metà dipende dalla testa. Io volevo sempre migliorare ed essere fra i primi, anche se ho avuto avversari importanti come Felice Gimondi, Eddy Merckx e Roger De Vlaeminck, un belga che ha corso in Italia: tante volte ho vinto contro di lui, ma tante volte sono arrivato secondo dopo di lui. E la competizione è diventata più forte dopo che il ciclismo è uscito dai confini europei. I primi mondiali fuori Europa furono a Montreal nel 1974. Dopo, hanno cominciato ad arrivare i corridori americani e, con la caduta del Muro di Berlino, quelli dell’Est. Per vincere serve fortuna: alle Olimpiadi di Monaco del 1972 ero nella fuga giusta, poi, all’ultimo chilometro, ho bucato e sono arrivato settimo. Potevo essere bronzo o argento. Qualche anno dopo, facciamo il prologo del Giro di Germania e, nello stesso punto, avevo già vinto, ma ho bucato e sono arrivato secondo”.

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