Nell’anniversario della sua morte, la mamma di Marco Pantani ha voluto ricordare suo figlio ai microfoni del Corriere dello Sport, leggenda del ciclismo tragicamente scomparso 19 anni fa: “Marco era un burlone, lo vedevo poco a casa, già da piccolino gli piaceva molto pedalare. Pedalava per passione, per divertimento, per lui era un gioco e quando non usciva stava in cantina a provare a montare le cose. Un giorno aveva visto i suoi amici pedalare nel gruppo sportivo e così ha deciso di farlo anche lui con il gruppo Fausto Coppi seguendoli con la mia bicicletta da donna; quando è tornato era stanchissimo ma soddisfatto della sua nuova avventura”.
La signora Tonina ha anche criticato apertamente il ciclismo moderno, svelando: “Marco voleva sempre di più dal suo impegno, ha avuto molti incidenti ma non ha mai voluto allontanarsi dal ciclismo; un giorno però si avvicinò e mi disse che voleva smettere di correre per sempre. Gli risposi se era impazzito, dati tutti i sacrifici che aveva fatto per il suo sogno. Ma lui mi rispose che non era più lo sport di cui si era innamorato. Oggi ho capito di cosa parlava”.
La madre di Pantani entra più nel dettaglio e racconta un aneddoto: “Uno dei sogni di mio figlio era quello di formare una squadra di 1000 bambini per insegnare loro ad andare in bicicletta. Lui non lo ha fatto, ma io ci ho provato. Però dopo 12 anni di impegno ho dovuto lasciare questa strada. La colpa non è certo dei bambini, ma è totalmente dei genitori; quando vedi un genitore che mette del caffè nelle borracce dei propri figli ti rendi conto che il ciclismo è ormai destinato a morire. C’è un’idea della competitività esagerata quando i bambini dovrebbero semplicemente divertirsi”.