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L'Africa ai piedi di Salah, l'integralista

Il Pallone d'Oro del Continente Nero non è un calciatore come gli altri. La sua storia parla per lui.

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L'Africa ai piedi di Salah, l'integralista Fonte: ANSA

Nel ricevere il Pallone d’Oro africano relativo al 2017 Mohamed Salah non si è dimenticato della Roma, con cui ha giocato la prima parte dell’anno solare prima di approdare al Liverpool, e ha ringraziato i compagni di squadra in giallorosso. Una bella soddisfazione per il calciatore egiziano, che ha tenuto un rendimento costante per tutto l’anno ed è stato protagonista della qualificazione dei Faraoni alla fase finale dei campionati del mondo, un appuntamento al quale mancavano addirittura dal 1990, quando la rassegna iridata andò in scena in Italia.

Salah ha una storia particolare alle spalle ed è stato fin da inizio carriera oggetto di polemiche per alcuni suoi comportamenti. Quando giocava con gli svizzeri del Basilea  è stato al centro di una lunga polemica per una mancata stretta di mano con i giocatori (israeliani e non è un dettaglio) del Maccabi Tel Aviv, incrociati nel doppio confronto di qualificazioni per la Champions League. Durante il protocollo Uefa pre partita, all’andata si stava mettendo le scarpe e ha evitato il rito dei saluti e al ritorno ha stretto la mano agli arbitri e offerto il pugno chiuso agli avversari. Ha negato ogni accusa di antisemitismo ma non ha dato ulteriori spiegazioni.  Appena arrivato alla Fiorentina (è stato pedina di scambio nell’affare che ha portato al Chelsea Juan Cuadrado) ha scelto il numero 74: lo ha fatto in memoria delle vittime di Port Said, la città a nord dell’Egitto dove uno scontro tra tifoserie e polizia si è trasformato in strage nel 2012.

Nella primavera del 2016 alcuni media egiziani scrissero che il giocatore fosse pronto a lasciare la Roma in caso di offese alla madrepatria. Il 25 aprile la Lega Calcio voleva far entrare in campo tutte le squadre dietro uno striscione con scritto ‘Verità per Giulio Regeni’. La Roma si mosse con diplomazia per non mettere in imbarazzo il suo campione: a sventolare la scritta al centro dell’Olimpico furono i raccattapalle ben prima dell’inizio del match col Napoli.

Non fuma, non ha tatuaggi, è musulmano osservante (in Italia frequentava la moschea di Acilia e ringrazia Allah dopo ogni gol), è velocissimo (“Potrebbe sfidare Bolt in una gara di velocità” esagerò il suo tecnico al Basilea, Yakin ma i 30km/h li raggiunge per davvero) e da oggi è anche il calciatore africano più forte: succede a Ryhad Mahrez, algerino del Leicester.

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