Pur segnando il proprio career high in termini di punti (55) quattro giorni fa, Kevin Durant è conscio che mettere a segno grandi performance realizzative sarà sempre un qualcosa di inusuale e molto complesso per lui.
Il motivo lo ha spiegato chiaramente al microfono di JJ Redick all’interno di una puntata del podcast The Old Man&The Three.
“Alcuni tirano 15-16 liberi a partita, segnano triple con spazio, situazioni che io non ho. Fare 50-60 punti sulla testa di due difensori è dura , devo giocare contro le correzioni apportate dai coach della squadra rivale a partita in corso. Non si aspetta la fine per dire: ‘Cavoli, avremmo dovuto raddoppiare KD in quel contesto di gioco’”.
Solo in rarissimi casi capita che le squadre avversarie, nell’intento di togliere ritmo a chi gli sta attorno, facciano la scelta di lasciargli maggior libertà. È questo, ad esempio, il caso delle ultime finali di Conference contro i Bucks .
“In quel caso ho percepito un atteggiamento del tipo ‘KD non può batterci, facciamolo sfogare e blocchiamo tutti gli altri. Erano un po’ molli in marcatura , mi lasciavano a volte uno-contro-uno, hanno giocato drop coverage tutto il tempo. Ho segnato 17 dei miei 23 tiri perché il livello di difesa era quello di un match regular season. Da lì in poi hanno alzato il livello, ma credo avessero sottovalutato la posta in gioco”.