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Nicola Caccia, un “nove e mezzo” sulle montagne russe

Cresciuto da bambino nella stessa scuola calcio di Montella e Di Natale, era considerato un “nove e mezzo” d’attacco: la storia di Nicola Cacci

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Filippo Maggi

Filippo Maggi

Giornalista

Bergamasco classe ’97, ho sviluppato sin da bambino interesse per sport e calcio, per poi spenderlo in ambito giornalistico. Oltre a seguire le vicende dell’Atalanta, e più in generale del campionato di Serie A, mi cimento volentieri nel racconto di cadetteria e Serie C, ma soprattutto di quelle che sono le dinamiche di settori giovanili e Nazionali Under.

Nicola Caccia, un “nove e mezzo” sulle montagne russe Fonte: Imago Images

Pur non avendo avuto una carriera al loro livello, Nicola Caccia può essere considerato come il predecessore di Vincenzo Montella ed Antonio Di Natale. Pescato dall’Empoli quando quello azzurro era solo un piccolo club di provincia appena promosso in Serie B, aprì di fatto la strada a quello che sarebbe stato il percorso dell’Aeroplanino e di Totò, attaccanti che hanno scritto pagine importanti della storia più recente del calcio italiano.

Ad accomunare i tre, peraltro, è anche il territorio di provenienza: tutti e tre sono stati pescati tra le fila della scuola calcio San Nicola di Castello di Cisterna (Napoli), all’epoca contraddistinta da un fil rouge particolarmente marcato con lo stesso Empoli, abile a sfruttare i buoni rapporti con il responsabile Lorenzo D’Amato, all’epoca giovanissimo talent scout e ancora oggi attivo sui campi.

A Empoli a 13 anni: gli inizi di Caccia

Caccia lascia la propria terra e i propri affetti quando è ancora bambino, a 13 anni. Una scelta già non facile di per sé, ma ancora più da rimarcare se si considera, come già anticipato, la differente dimensione dell’Empoli rispetto ad oggi. Il bellissimo centro sportivo di Monteboro “Casa Azzurri” che oggi ospita le strutture del settore giovanile su volontà del presidente Corsi, ovviamente, non esisteva. In quello stesso luogo sorgevano solo un paio di campi di gioco e poco altro, peraltro in mezzo a un magnifico scenario che vede vitigni e uliveti stagliarsi sulle colline circostanti.

La scelta, alla lunga, si rivela comunque vincente: il ragazzo respira da vicino l’aria di un ambiente ambizioso e in continua crescita, che nel 1986 trova addirittura la promozione nel massimo campionato, pur senza conquista sul campo. Decisiva è infatti la penalizzazione assegnata ad agosto al Lanerossi Vicenza in seguito al verdetto della CAF sullo scandalo del calcioscommesse, noto anche come Totonero-bis e che vide, tra le altre cose, anche la retrocessione dell’Udinese in Serie B.

Molto promettente tra le fila della formazione Primavera, viene buttato nella mischia addirittura non ancora diciottenne in uno stadio come il Comunale di Torino a fronte della Juventus. Non è la miglior versione possibile delle formazioni bianconere: una squadra senza troppi campioni e che chiuderà la stagione al sesto posto. Quel giorno, però, la Signora dilaga: 4-0 con doppietta di Marino Magrin, ex Atalanta prelevato con l’intento, poco riuscito, di sostituire Michel Platini. Per Nicola resterà comunque un ricordo indelebile, oltre che un primo gustoso antipasto di quello che sarà il calcio professionistico, che diverrà per lui una realtà dalla stagione successiva, nonostante teoricamente sia ancora in età da calcio giovanile.

Attaccante rapido e sgusciante in grado di svariare su tutto il fronte offensivo, solitamente amante del movimento attorno a un altro pari ruolo fisicamente più strutturato, Caccia sfrutta la retrocessione dello stesso Empoli per avere un’occasione con continuità tra i grandi. Il momento generale del club, purtroppo, non è roseo, perché arriverà anche la seconda retrocessione filata, dopo lo spareggio contro il Brescia, nel 1988/89, nonostante la presenza in squadra di elementi del calibro di Ciccio Baiano e Eusebio Di Francesco.

A tal proposito, va segnalato come il rapporto con il futuro tecnico, tra le altre, della Roma, sia una delle tante cose belle che porterà in dote il calcio nella sua vita: compagni di camera in convitto sin da ragazzini, condividevano la lontananza da casa e le relative sensazioni. Un rapporto che perdura ormai da quarant’anni, quasi all’insegna della fratellanza, più che dell’amicizia: entrambi hanno agito da testimoni di nozze dell’altro e Caccia ha fatto anche da padrino a Federico, che oggi vediamo tutte le domeniche in Serie A con la maglia del Lecce.

Nicola Caccia con la maglia del Piacenza Fonte: Imago Images

Il cuore della carriera di Nicola Caccia

Il massimo campionato d’Italia, e probabilmente d’Europa in quel preciso momento, viene conosciuto dal protagonista del nostro articolo a 21 anni, forte di qualche rete nelle serie minori e, soprattutto, una tecnica che non sfugge all’occhio degli osservatori. Piccolo e versatile, una sorta di quello che oggi verrebbe definito in gergo un “nove e mezzo”: non un vero e proprio puntero, ma spesso ricoprente la zona dell’area di rigore sia per pungere che per aumentare il valore della manovra grazie ad un fruttuoso dialogo con i compagni di reparto.

Non mancheranno, comunque, periodi molto fruttuosi anche sotto porta, soprattutto nel campionato di Serie B. Nell’estate del ’95 viene acquistato dall’ambizioso e ricchissimo Parma di Tanzi, che nel giro di poche settimane però lo gira al Piacenza nell’ambito di un’operazione che consente di arrivare a mettere le mani su un certo Pippo Inzaghi, all’epoca giovane attaccante di 22 anni decisivo per la promozione dei Lupi in A. Una sliding door che, nel complesso, paga grossi dividendi anche allo stesso Caccia, che vedrà la stagione ‘95/96 come la più felice della sua carriera, probabilmente: ben 14 i gol segnati in un prolifico tridente con Turrini e Piovani, coronando l’importante salvezza conquistata dai ragazzi di Gigi Cagni.

Quel roster, peraltro, finì per attirare le simpatie di molti appassionati per un aspetto più unico che raro: presentava solo calciatori di nazionalità italiana. Sono passati solo 26 anni ma sembra un’era geologica, guardando le conformazioni che caratterizzano le formazioni di un po’ tutta Europa oggi come oggi, da quando la sentenza Bosman ha completamente stravolto le dinamiche del calcio, rendendolo di fatto totalmente di dimensione internazionale.

L’attenzione attorno al giocatore diventa altissima anche da parte di grandi piazze, con il Milan che gli offre l’opportunità di partecipare alla tournée cinese di fine campionato. In sede di mercato, invece, si apre l’opportunità di vestire la maglia della sua città, il Napoli. Il legame dei calciatori partenopei con il Ciuccio è spesso contraddistinto da una particolare dicotomia: chiunque farebbe carte false per vestire l’azzurro, ma al contempo le attese sul conto dei calciatori locali creano situazioni contingenti non così facili da gestire, complici le aspettative particolarmente elevate.

È il caso anche di Caccia, che al San Paolo giocherà solo per un anno. A fronte dell’entusiasmo della gente in ritiro e titoli estivi dei giornali dai toni entusiastici una volta approdato nel Golfo, riesce a rispondere presente solo in parte alle aspettative, con 7 reti in 33 gare. In un contesto generale che vede la squadra spesso oggetto di forti critiche da parte della piazza si presenta un’importante opportunità: vincere la Coppa Italia nella doppia finale contro il Vicenza e riscattare la stagione.

L’andata sembra offrire buoni propositi in merito per gli azzurri, allenati da un ex beniamino di Fuorigrotta come Vincenzo Montefusco: 1-0 con rete di Pecchia e discrete basi poste per il raggiungimento dell’obiettivo finale. Al ritorno, però, si consuma un piccolo psicodramma sportivo: il Lanerossi va in vantaggio con Maini nel primo tempo, portando la situazione in parità. Un equilibrio che potrebbe essere rotto da un’importante occasione capitata sui piedi proprio di Caccia, che però colpisce la traversa tra la disperazione dei tifosi napoletani giunti in Veneto.

È solo il primo di due episodi che segneranno il destino dell’intera stagione della squadra racchiusi in breve giro di posta. Nicola viene infatti espulso per una gomitata rifilata a un difensore che lo stava rincorrendo a pochi minuti dai tempi supplementari, rendendo molto complicata la vita alla propria squadra, che, infatti, dopo essersi chiusa a lungo nella propria area di rigore, subisce prima il secondo e poi il terzo gol quando il cronometro mostra i calci di rigore ormai in dirittura d’arrivo.

Bergamo e il ritorno a Piacenza di Caccia

La situazione causa critiche feroci da parte dell’appassionata e calda tifoseria. Viste le premesse, la cosa migliore per tutti è forse quella di separarsi. Caccia passa quindi un paio di mesi dopo all’Atalanta, alla corte di mister Mondonico. Le cose non vanno benissimo, con la Dea retrocessa in Serie B a fine anno e il pessimo dato di un attacco con sole 25 reti segnate all’attivo. Sei di queste portano la firma di Caccia, che pure troverà alcune contestazioni dei tifosi anche a Bergamo. Malumori che saranno messi a tacere dal buon rendimento tra i cadetti nelle due stagioni successive, che lo vedono mettere a referto prima 16 e poi 17 reti solo in campionato.

Nel mentre arriva anche lo scettro di re dei bomber della Coppa Italia 2000 condiviso con grandi attaccanti come Mboma, Di Michele e Flachi. Il campionato di B sembra essere diventato il suo terreno di Caccia, e dopo aver partecipato super attivamente alla promozione dei suoi nel massimo campionato, torna, mantenendo la categoria, a Piacenza.

Si classificherà al primo posto nella speciale graduatoria dei marcatori, contribuendo a un’altra risalita tra i grandi. Segna ben 21 gol, spesso imbeccato dalla fantasia di un grande Carmine Gautieri, solo due anni prima su ottimi livelli a Roma al fianco di Francesco Totti. Poi, a poche partite dalla festa di promozione, arriva una brutta mazzata: viene trovato positivo ad un test antidoping (nandrolone la sostanza contestata) effettuato nel post-gara di Piacenza-Samp, assieme al compagno Stefano Sacchetti.

Gli viene comminata un’inibizione di 8 mesi poi ridotta a 4, che di fatto non limita granché, vista anche la pausa estiva, la partecipazione alle partite. A Piacenza, piazza a cui è legatissimo, resta per un altro anno e mezzo, senza trovare grandissimo spazio da titolare, complice anche la concorrenza di elementi molto importanti: dal mitico Hubner a Poggi, passando al fantasista colombiano Montaño.

Gennaio 2003 diventa quindi la finestra adatta per cercare quella che potrebbe essere l’ultima tappa importante della carriera ad altissimi livelli. Va a Como in uno scambio con De Cesare e, nonostante non riesca ad evitare la quinta retrocessione della propria carriera, lascia un segno importante in riva al Lario, con 5 reti segnate in 12 gare. La stima del presidente Preziosi è immensa, tanto da convincere lo stesso imprenditore dei giocattoli a portarlo con sé anche a Genova, dopo l’acquisto del Grifone proprio da parte dell’imprenditore irpino.

Non più giovanissimo, si guadagna comunque grande rispetto da parte della calda tifoseria rossoblù, tanto da essere inserito nella Hall of Fame del club nel 2013. Ci sarebbe spazio anche per Il terzo salto dalla A alla B in carriera, a 35 anni, dopo quelle di Piacenza a Bergamo, ma si finirà per passare dall’euforia del risultato del campo alle aule di tribunali penali e sportivi in poche settimane. Il club sarà infatti retrocesso in Serie C1 per via della combine, poi confermata anche dalla giustizia ordinaria anni dopo, del match vinto per 3-2 contro il Venezia, fondamentale per vidimare il raggiungimento del traguardo, nell’ultima giornata di campionato.

Nicola sceglie ugualmente di restare, e trova la gioia del ritorno tra i cadetti prima di optare per il ritiro. A incidere nella scelta sono sicuramente i tanti contrattempi fisici che nell’ultimo periodo iniziano a farsi sentire.

Nicola Caccia a bordo campo con il Milan Fonte: Imago Images

Caccia oggi: un post carriera sempre nel calcio

La passione e l’amore per il calcio restano fortissimi, e non c’è nemmeno il tempo di metabolizzare il ritiro: ottiene subito un incarico da allenatore in C2, alla guida della Biellese. Non andrà benissimo, con un esonero dopo solo tre partite e poi la nuova chiamata a gennaio, che non eviterà però la retrocessione tramite playout contro il Lumezzane. L’ex compagno Ciccio Baiano, all’epoca ds della Sangiovannese, punta su di lui nella stagione successiva, ma il rapporto non durerà molto: Caccia sarà sollevato dall’incarico ad inizio ottobre.

Da lì in avanti intraprenderà un nuovo percorso, che gli recherà diverse soddisfazioni. Svilupperà infatti una buona carriera da collaboratore tecnico, partendo da Livorno al fianco di Novellino, suo ex tecnico, prima e di Armando Madonna poi, nell’ambito di una stagione molto difficile e segnata dal dramma della morte in campo di Piermario Morosini nel match di Pescara. Poi la chiamata del vecchio amico Vincenzo Montella, che nei primi anni ad Empoli da ragazzino ebbe un grosso supporto morale proprio da Caccia, che aveva preceduto nell’adattamento alla nuova realtà il più giovane (di 4 anni) compaesano.

Insieme un percorso lungo 7 anni: da Firenze a Firenze, con in mezzo gioie e dolori. Dall’eccezionale gioco mostrato proprio nella città gigliata nella prima delle due avventure, alla gioia della Supercoppa vinta a Doha sulla panchina del Milan ai rigori, passando per le notti di Champions a Siviglia, con tanto di passaggio ai quarti dopo aver eliminato il Bayern Monaco. Nel mezzo anche qualche delusione, soprattutto alla Samp e nell’infruttuoso ritorno nella città gigliata sotto il presidente Commisso, con solo 4 vittorie in 24 gare totali. Il calcio, d’altra parte, è anche questo: si vince e si perde, con un forte contorno di scaramanzia spesso a fare da padrone. Lo sa bene anche Nicola, che proprio in nome di queste pratiche era solito, prima delle partite, strappare qualche filo d’erba e masticarlo…

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