Lo sport ai tempi del coronavirus ha scardinato le certezze legate alle cadenzate e regolati attività che hanno contribuito e determinato la nostra socialità e l’industria del divertimento. Non più le partite a organizzare i palinsesti televisivi, la sconvolgente constatazione che il Covid-19 ha fatto il suo ingresso nel calcio che conta – quello della Serie A -, le polemiche scaturite: ecco alcuni dei tratti di questi nuovi contenuti su cui il dibattito è acceso, apertissimo. Le affermazioni che il presidente del CONI, Giovanni Malagò, ha pronunciato e ribadito nell’intervista esclusiva rilasciata a Virgilio Sport su ruoli, ripresa del campionato 2010-2020 e a quali condizioni sono la conferma della necessità di ribadire anche le rispettive funzioni con la Lega Serie A dopo il recente scontro. “Prima riapriamo e prima siamo in grado di produrre qualcosa”, ha ribadito con vigore Malagò.
Presidente Malagò, in altri tempi sarebbe una domanda scontata: come sta?
Sto bene e accetto tutto con la doverosa filosofia. Se c’è proprio una cosa che mi condiziona l’umore e per certi versi la quotidianità è questo delirio dello smart working. Ho già scaricato per intero due batterie da stamattina, le dico solo questo.
“La Lega Serie A manifesta stupore per la leggerezza e l’ingerenza del Presidente del Coni Giovanni Malagò nel descrivere i rapporti tra la stessa Lega e i licenziatari dei diritti televisivi”. Inizia così la nota con cui la Lega Serie A ha reagito alle sue parole sui diritti tv: come l’ha presa?
Non mi sento di aggiungere molto altro a questa nota, quello che era il mio pensiero l’ho già espresso in quell’intervista. Allo stesso modo, non mi interessa entrare in alcun tipo di polemica: ognuno è in grado di fare le proprie valutazioni e ovviamente di portare avanti le scelte migliori in base ai ruoli che ha.
Quando ha dichiarato che un grande errore è quello di intervenire in contesti e in mondi dove ci sono delle precise deleghe e rappresentanze, che messaggio intendeva lanciare esattamente alla Figc e al suo presidente Gravina?
Ho semplicemente ribadito una logica di rispetto di ruoli che mi sembra nessuno possa disconoscere, non certo in questo momento complicato di particolare emergenza. Penso che ogni Federazione abbia il diritto e il dovere di portare avanti – in questo caso – le scelte sull’organizzazione dei campionati e il loro prosieguo. Non tutte le Federazioni hanno i campionati e gli sport di squadra, ma tra quelle che li hanno ve ne sono solamente tre che a loro volta hanno delegato le Leghe all’organizzazione dei campionati. Per esempio il rugby, che è stato il primo a fermare i campionati, lo ha fatto tramite una delibera del Consiglio Federale, perché in questo caso organizzava il campionato autonomamente. E’ una considerazione molto semplice, mi sembra che tutto sia stato sempre rispettato. Poi ovviamente ci possono essere delle opinioni e dei pensieri personali, ma vengono dopo questa che è una precisa constatazione.
Federica Pellegrini, un’atleta insuperabile che lei conosce molto bene, ha parlato di recente con toni molto duri di questo solco e divario tra il calcio e il resto del mondo dello sport. Si è trattato di uno sfogo eccessivo o doveroso?
C’è una duplice considerazione che secondo me si deve fare: la prima è che già di per sé il calcio – come lei sa meglio di me – domina la scena mediatica, anche per via degli interessi che muove. Devo dire con onestà che negli ultimi anni, grazie anche al lavoro che è stato da voi giornalisti, oltre che dal CONI e grazie soprattutto alle imprese di atlete e atleti, anche il nuoto si è ritagliato una percentuale un po’ superiore rispetto a quella che aveva negli anni addietro. La forza mediatica del calcio si è ulteriormente amplificata nel momento esatto in cui questo dibattito è scomparso in altre discipline, avendo tutte fermato i campionati. La mia è solo una fotografia, anzi una risonanza magnetica della situazione acclarata che è rimasta aperta. Per quanto riguarda le parole di Federica, ha semplicemente detto quello che pensano molti atleti anche di altri sport. Ovviamente Federica ha sfruttato a sua volta l’enorme popolarità, ma le garantisco che ci sono tanti atleti meno conosciuti di lei che hanno esternato in questi giorni il suo stesso pensiero.
Secondo lei, a quali condizioni è praticabile la ripresa e la relativa conclusione dei campionati?
In quanto funzionari pubblici e cittadini italiani, siamo assoggettati alle leggi e alle norme di questo Paese. C’è un DPCM che regola in questo momento il comportamento di tutti, compreso gli atleti, e riguarda sia gli sport di squadra che in quelli individuali. In seguito a questo decreto il Governo, tramite il Ministro che ha la delega allo Sport, ha scritto una lettera al Comitato Olimpico e – per dovere di precisazione – anche al Comitato Paralimpico, dicendo di far sapere da qui al 4 maggio come suggeriamo e chiediamo di poter riprendere le attività. Ovviamente è un lavoro di raccordo e di sintesi tra tutte le Federazioni: il CONI racchiude le istanze di 387 discipline sportive diverse, che a loro volta sono incluse nell’attività di 44 Federazioni e 19 Discipline Sportive associate. A nostra volta, abbiamo girato questa lettera alle singole Federazioni e alle Discipline Sportive e stiamo iniziando a raccogliere le istanze che – si renderà conto – sono molto diverse le une dalle altre.
Mi faccia un esempio.
Esistono sport di squadra e sport individuali, sport di contatto e sport che invece – già di per sé – implicano un distanziamento. Immagini di essere un giocatore di golf: esce di casa, sale in macchina, arriva al circolo senza entrare nelle aree comuni, va direttamente sul green e comincia a tirare la pallina. Riprende la macchina e torna a casa. Onestamente faccio fatica a pensare che questo possa essere un problema per la sua salute o per quella degli altri. In compenso, se l’attività non riprende, il circolo di golf (come tutte le altre centotrentamila associazioni sportive in Italia) inizierà a perdere soci e persone che paghino l’affitto del campo. E questa perdita si sommerà ad un altro serissimo problema: quello della manutenzione delle strutture e dei campi.
In vista di una possibile ripresa, il CONI provvederà a sollecitare test sierologici e tamponi?
E’ chiaro che in un mondo ottimale tutti vorrebbero fare i test, però mi sembra chiaro che in questo momento non possa riguardare 60 milioni di italiani e soprattutto non sia una funzione possibile da reiterare così frequentemente come andrebbe fatto per chi conduce attività sportiva. Proveremo comunque a dare delle nostre soluzioni in vista della ripresa, che saranno totalmente avvalorate e supportate dai nostri responsabili scientifici, ovvero la Federazione dei medici sportivi.
Il Fondo monetario ha già prospettato delle perdite notevoli, in termini di PIL, che riguarderanno tutti i settori. Quanto peserà il taglio all’industria dello sport, a suo modo di vedere?
Limitiamoci ai fatti: il Fondo monetario ha indicato che il Paese arretrerà circa del 9%. Lo sport in Italia vale all’incirca l’1,8 del PIL, che con l’indotto arriva al 3,6%. Questo discorso va però applicato su base annua e il tema a cui nessuno è in grado di dare una risposta è quando effettivamente si potrà riprendere appieno e totalmente l’attività sportiva. Lo dico con molta sincerità, vale allo stesso modo per le fabbriche: prima riapriamo e prima siamo in grado di produrre qualcosa. Poi ovviamente c’è sempre una dinamica di squadra legata ai mercati, al prodotto da collocare, alla logistica e via dicendo. Bisogna capire infine – come dicevamo prima – se tutte le strutture riusciranno a limitare i danni a questo periodo circoscritto oppure alcune di loro riterranno o non potranno essere in condizioni di riaprire.
Il CT Mancini e – in una nostra intervista di qualche giorno fa – anche Gabriele Gravina hanno accolto il rinvio degli Europei come una reale opportunità per la nostra Nazionale. Lei come la vede?
Penso che Mancini stia creando un formidabile gruppo e stia facendo un bellissimo lavoro. L’unica incognita che caratterizza la squadra è il suo essere molto giovane, a certi livelli senza troppa esperienza. Perciò, un anno di più di tempo sarà sicuramente un ulteriore elemento per una persona preparata e capace come Roberto Mancini di saper fare di meglio, come lui stesso ha evidenziato. Quello che poteva essere un problema per la Nazionale italiana, sarà quindi – forse – un valore aggiunto.
Parliamo invece del rinvio delle Olimpiadi
Il rinvio di un anno è stata un’operazione a dir poco brillante, perché nell’arco di due settimane il CIO – nonostante le pressioni e gli enormi problemi economici – ha tirato fuori una soluzione che mi sembra abbia avuto il plauso di tutti i soggetti interessati. Nonostante il rinvio, sono comunque enormi i problemi che vanno risolti: dal villaggio, che era già stato parzialmente venduto, ai contratti degli sponsor. Questa mole di problemi va lavorata, con la complessità che comporta e soprattutto nessuno si può permettere di farlo unilateralmente, perché è evidente che ci debba essere una condivisione con gli altri interlocutori. Pensi solo che in virtù di questo molti sport hanno trasferito a loro volta il mondiale all’anno successivo. E non stiamo parlando di sport di secondo piano, parliamo anche dell’atletica e del nuoto. La seconda questione, altrettanto importante: avremo una stagione particolarmente intensa perché già di per sé le Olimpiadi Invernali non avvengono due anni pieni dopo, dato che si svolgono nel mese di febbraio. Quindi ci sarà un impegno organizzativo e gestionale altrettanto significativo.
Un primo passo è stata l’approvazione alla Camera della Legge Olimpica?
Sì e mi fa piacere ribadirlo: l’organizzazione olimpica Milano-Cortina è uno dei capisaldi di quelli che sono gli impegni sottoscritti dal Paese. Si sta già lavorando con grandissime complessità, basti pensare che la sede delle Olimpiadi è collocata nel palazzo del Pirellone, nel pieno centro di Milano. Devo però fare i miei complimenti a Vincenzo Novari e a tutta la sua squadra che – seppure in smart working – non ha perso neanche un minuto del suo tempo A ciò si aggiunge la lettera che ci ha inviato proprio ieri il CIO Thomas Bach nella quale – nonostante la complessità del momento – ci ha ribadito tutto il suo supporto e la sua fiducia, oltre alla cifra molto importante con cui sostiene i due terzi delle attività della Fondazione del Comitato organizzatore.
La scomparsa di Franco Lauro ha toccato molto il pubblico e – ovviamente – tutti i colleghi. Quale ricordo si sente di restituire del giornalista sportivo?
Franco era un mio amico, ci conosciamo da quasi quarant’anni. Non so contare le volte in cui – lui a livello professionale e io a livello dirigenziale – abbiamo avuto la possibilità di essere testimoni del nostro rispettivo percorso. Aveva uno stile, un garbo e soprattutto una profonda conoscenza multidisciplinare dello sport. Tutti sanno quanto Franco sia stato la voce della pallacanestro e io – tra le varie esperienze che ho avuto – sono stato presidente della Virtus Pallacanestro di Roma. Quando lui era libero dagli impegni, veniva sempre a vedere la partita. Una perdita pazzesca, sia dal punto di vista umano che giornalistico, un vero gentiluomo.
Mi permetta di salutarci con una domanda personale: cosa farà non appena questa pandemia sarà finita?
Ci sono tre cose che voglio fare per prime: andare dai miei genitori, che non vedo da due mesi nonostante vivano a Roma. Per ovvi motivi non ci siamo più visti: mio padre deve compiere 89 anni e mia madre ne ha 84. La seconda – che mi accomuna a molte famiglie italiane – è vedere mia figlia, che si trova all’estero per lavoro, a Dubai. Un’ultima cosa che mi manca molto – le devo dire la verità – è il mare: appena posso, lo andrò a trovare.
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