Un’amicizia vera, anche se in pista erano rivali. E’ quella che ha legato Ronnie Peterson ed Emerson Fittipaldi, due dei più talentuosi piloti di Formula 1 degli anni ‘70. Lo svedese è scomparso nel settembre del 1978 dopo un grave incidente occorsogli durante il Gran premio d’Italia corso a Monza. Operato all’ospedale Niguarda di Milano per la riduzione delle numerose fratture riportate nella carambola che aveva coinvolto numerose monoposto poche centinaia di metri dopo il via venne colpito da una embolia che si rivelò fatale. Aveva 34 anni.
Fittipaldi ha parlato di lui, non senza tradire una certa emozione, in un’intervista concessa ai quotidiani locali del Gruppo Gedi in una recentissima visita in Italia: il due volte campione del mondo (nel 1972 al volante di una Lotus, 1974 su McLaren) è arrivato nella Penisola, la terra dei suoi avi (il nonno era lucano), per accompagnare il figlio più piccolo, Emmo, che partecipava a un’importante gara di kart a Lonato del Garda, nel Bresciano.
“Quando sono arrivato in Europa ho iniziato a battagliare con Ronnie, prima in Formula 3, poi in Formula 2 e quindi in Formula 1. Ci frequentavamo spesso anche fuori dai circuiti, lui veniva a trovare me e la mia famiglia in Svizzera, dove vivevamo, e noi facevamo altrettanto con lui, andando a trovarlo a Londra. Una persona splendida, molto trasparente. Il mese scorso sono stato invitato in Svezia, alla prima di “SuperSwede”, il film dedicato a lui. Fate il possibile e l’impossibile per andare a vederlo, perché è veramente molto realistico e rende onore a un eroe sfortunato. Quel maledetto giorno di settembre era nervoso, perché sapeva che sarebbe dovuto arrivare dietro a Mario Andretti, in lotta per il Mondiale con la Lotus, per ordini di scuderia” ha raccontato il brasiliano, oggi 70enne.
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