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Sampdoria, Ihattaren: "Ero abbandonato a me stesso"

Mohamed Ihattaren ha parlato della sua esperienza alla Sampdoria: “Era come se non esistessi, l’allenatore non sapeva che ero mancino”.

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Sampdoria, Ihattaren: "Ero abbandonato a me stesso" Fonte: Getty images

Quella che ha per protagonista Mohamed Ihattaren è una vicenda che ha quasi dell’incredibile. Approdato in estate alla Sampdoria in prestito dalla Juventus , non solo non ha mai esordito con la maglia blucerchiati addosso, ma ben presto ha deciso di fare ritorno in Olanda parlando tra l’altro di motivi familiari. Di fatto la sua avventura a Genova è finita prima ancora di cominciare, tanto che negli ultimi giorni si è parlato di un imminente trasferimento all’ Utrecht .

Il talento classe 2002, che la Juve ha prelevato in estate dal PSV, in una lunga intervista rilasciata a ‘ De Telegraaf ’ ha spiegato cosa non ha funzionato per lui in Italia.

“Di me si è detto di tutto, ma nessuno mi ha mai parlato. Non ho mai avuto notizie dalla Samp da quando sono partito. Sono andato via a causa delle circostanze che si sono venute a creare lì. A diciannove anni me ne stavo lì in una stanza d’albergo. Da solo, completamente abbandonato a me stesso. Non ce la facevo più. Gli accordi non sono stati rispettati. E’ stato come se non esistessi”.

Ihattaren non ha lesinato critiche alla Sampdoria.

“Non è stato organizzato nulla, nessun conto in banca e nessuna assicurazione. Ho scelto per me stesso, me ne sono andato per proteggermi. La fiducia era ormai venuta meno. E se mi fossi rotto una gamba? Non ho ricevuto lo stipendio, mi hanno detto ‘paghiamo ogni due mesi’, ma non è successo nulla ed il tutto si è fatto irritante. Non ho giocato un solo minuto, sembrava che vi fossero zero prospettive e inoltre mancava tutto il necessario per sentirmi a casa. Ho chiamato Mino Raiola per chiedergli se fosse stato organizzato qualcosa vista la situazione, ma mi ha detto di restare calmo”.

Anche l’impatto con la Samp non è stato quello che immaginava.  “Sono arrivato e non c’era nessuno tranne il team manager. Ho fatto le foto con la maglia e poi mi sono allenato il giorno dopo. Ho visto delle persone in giacca e cravatta ed ho pensato che fossero loro i pezzi grossi. Li ho salutati, ma potevano anche essere dei tassisti. Non ne avevo idea e loro non sapevano chi ero. L’allenatore nemmeno sapeva che ero mancino. Ho fatto una risonanza magnetica per tre volte e non so perché. Ogni volta non c’erano problemi. Ho detto loro che stavo bene e che volevo allenarmi, ma mi veniva permesso solo di andare in bicicletta e nuotare. Sembrava che non volessero capirmi. Sembra di essere in vacanza”.

Anche con i compagni non è andato tutto nel verso giusto.  “Ho litigato con Antonio Candreva, anche se provo moto rispetto per la sua carriera”.

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