L'intervista alla Gazzetta dello Sport conferma l'estro e il carattere di Noah, uno che ha fatto la storia del tennis: "Questo sport è diventato il mio grazie ad Arthur Ashe, che nel 1972 venne in tour a Yaoundé: si mise a palleggiare con alcuni ragazzi e invitò la federazione francese a darmi una borsa di studio, quindi mi trasferii a Nizza. Qualche anno dopo lo ritrovai su un campo a Wimbledon: era il torneo Juniores, non volevo giocare tanto mi tremavano le gambe!".
L'acme della carriera (è stato l'ultimo francese a imporsi in uno Slam) porta in simultanea la consapevolezza di essere fuori dagli schemi: "Quando battei al Roland Garros il campione in carica Wilander mi sentii in paradiso. Avevo concretizzato un lavoro di anni, ma capii subito dopo non c'era più spazio per l'uomo che ero stato. Quando giocavo, cercavo lo spettacolo per elettrizzare il pubblico e caricarmi: i giocatori di oggi sono straordinari, forse i migliori della storia, ma dopo tre scambi sai quali colpi cercheranno. Chi prova a uscire dagli schemi, come Kyrgios o Paire, è silenziato: i tennisti dovrebbero essere liberi di esprimersi in campo, anche con una parolaccia".
E uno dei timbri impressi da Yannick è il colpo sotto le gambe, il tweener: "L'hanno attribuito a Federer, ma l'ha inventato Vilas, imitato da me.. Ora che si è ritirato, potrei mandargli l'avvocato".