Gian Piero Ventura non si è ancora dimesso nonostante la fallimentare esperienza alla guida della Nazionale. Il tecnico ligure sta anzi prendendo tempo: un atteggiamento che sta indispettendo la stragrande maggioranza degli italiani che lo considera il principale colpevole della mancata qualificazione degli Azzurri ai campionati del mondo che nel 2018 si disputeranno in Russia.
Tra gli esponenti del partito degli infuriati figura senza dubbio Pierpaolo Marino, navigato dirigente che ha avuto modo di lavorare con il ligure in un paio di occasioni. “Quando Ventura era all’Udinese aveva stipulato una clausola rescissoria su un contratto biennale e se noi non lo avessimo riconfermato avremmo dovuto pagare solo un gettone di indennizzo. Invece lui si appellò a quanto aveva firmato dicendo che era nullo e quindi ci fu una diatriba fin quando non si sistemò a Cagliari. Anche a Napoli tenne un atteggiamento poco collaborativo nel momento in cui andò via e poi ci furono vertenze in Federazione. Non è un tipo che regala niente, nemmeno un centesimo, ma questo fatto in Nazionale per me assume un risvolto poco edificante” ha raccontato a Radio Sportiva il campano.
“Sia la posizione di Ventura che i silenzi che vengono dalla Federcalcio purtroppo sono in antitesi con le lacrime dei giocatori, che sono stati quelli che hanno mostrato maggior dolore per questa eliminazione – ha aggiunto Marino -: la posizione di Ventura, che sta negoziando la sua uscita dall’Italia, mi sembra la cosa più squallida tra quelle che potevano verificarsi. Io non capisco come si possa non fare un atto dovuto come le dimissioni dopo aver deluso l’aspettativa di un popolo calcistico come quello italiano e soprattutto delle famiglie che seguono la nazionale. Nelle mie squadre di club è capitato con lo stesso Ventura, però devo dire che con la Nazionale tutto è diverso. Quando sei un capo delle risorse umane, come possiamo definire un allenatore di una società per azioni quale sono i club professionisti di A e B, è diverso da quando prendi denaro quasi pubblico che è quello che ti danno la Figc e la Nazionale. Si dovrebbe tenere un atteggiamento diverso. Non credo si tratti di dignità, ma si tratta soprattutto di spirito di realtà e di lealtà, cioè di ammettere di aver sbagliato. Non si può negoziare le dimissioni. Posso capire che c’è il gioco delle parti in un club, ma in Nazionale dopo un tonfo così no. Secondo me non ci si rende ancora bene poco di quale tragedia sportiva si è determinata, perché senti di chiedere scusa per i risultati, ma per la gestione no?”.
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