Cesare Maestri è morto. Alpinista, scalatore, pioniere del “sesto senso” e soprannominato “il ragno delle Dolomiti” ha detto addio alle sue montagne a 91 anni, compiuti lo scorso 2 ottobre. Un lutto che colpisce l’Italia e il mondo dello sport a cui ha dato l’affetto e la passione di chi, come lui, riserva per l’impresa alpinistica le sue sensazioni più forti. A dare la notizia della scomparsa è stato il figlio Gian, con un breve post su Facebook:
“Questa volta Cesare ha firmato il libro di vetta della scalata sulla sua vita. Un abbraccio forte a chi gli ha voluto bene”, si legge nel post.
Nel corso della sua lunga vita, Maestri ha collezionato una serie impressionante di salite estreme, approssimativamente 3.500 in Italia e nel mondo, un terzo in solitaria. “Per me – diceva — non esistono montagne impossibili, ma solo uomini incapaci di scalarle”. Un motto, una massima quella di Maestri.
Le origini di Cesare Maestri: alpinista, scrittore, partigiano
Cesare Maestri proveniva da una famiglia di attori, e visse intensamente gli anni della Guerra. Suo padre Toni era un attore girovago che poi venne condannato per attività antiaustriaca a Trento; fuggirono a Ferrara per poi far ritorno nella loro città quando la polizia locale ricevette ordine di arrestarlo. Fu un evento decisivo, perché Cesare si unì al gruppo di partigiani comunisti e prese parte alla guerra di liberazione.
Nel 1952, dove una breve avventura universitaria a Roma, fece ritorno alle sue montagne e divenne guida alpina. Passando prima da Canazei, poi da Andalo e infine dal 1963 a Madonna di Campiglio dove risiedeva e gestiva il suo negozio. Le prime imprese di Maestri iniziano nel 1951, salendo in solitaria la via Detassis-Giordani al Croz dell’Altissimo, ed effettuando per la prima volta la discesa in solitaria dalla Paganella. Inoltre, è stato il primo ad arrampicare in discesa: saliva una montagna dal versante più semplice e scendeva da quello più inaccessibile.
Maestri e il Cerro Torre
Tra le tante emozioni legate alla montagna, si ricorda spesso e volentieri quella più epica: il tentativo di scalare il Cerro Torre, in Patagonia, impresa accompagnata da tante polemiche a partire dall’arrivo tra il 1958 e il 1959.
Appena 3.128 metri di altitudine, ma considerata tra le più spettacolari, difficili e inaccessibili del pianeta tra gli addetti ai lavori. Per realizzare questo sogno, Maestri nel 1970 decise di affrontare la scalata con il gruppo dall’allora inviolato spigolo sud-est, portandosi un pesante compressore azionato da un motore a combustione interna per poter attrezzare la parete con chiodi ad espansione. Una scelta che gli fece guadagnare numerose critiche e avanzare dubbi sulla stessa scalata. E da cui si difese sempre, anche nel suo libro “Arrampicare è il mestiere”, così come si difese dalle accuse relative alla prima volta in Patagonia.
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