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Air, stasera in tv la storia di come Nike e Micheal Jordan hanno riscritto le regole del marketing sportivo

Ben Affleck racconta la storia che ha portato all'evento che ha cambiato il modo di fare marketing applicato allo sport: la firma del contratto tra Nike e Micheal Jordan

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Roberto Barbacci

Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Se c’è un episodio che ha cambiato per sempre il modo di fare marketing, allora siete sulla rotta giusta. Perché il matrimonio tra Micheal Jordan e Nike è probabilmente quello che ha riscritto la storia da cima a fondo, aprendo nuove strade e orizzonti e prefigurando un avvenire che a metà degli anni ’80 nessuno avrebbe mai potuto razionalmente immaginare. Nessuno, tranne che Sonny Vaccaro: è la sua la mente geniale che ha partorito l’accordo che ha stravolto la regole del gioco, facendo del giocatore (all’epoca) di North Carolina il nuovo faro dell’industria del commercio applicata allo sport. E limitarsi a un semplice paio di scarpe sarebbe davvero uno spreco.

Jordan voleva Adidas, ma Adidas “non” voleva Jordan

Su Rai2 stasera alle 21.20 va in onda “Air, il grande salto”, la storia (un po’ romanzata, ma il cinema tutto può) di come Nike sia stata capace di strappare un contratto di sponsorizzazione a Michael Jordan, benché all’epoca l’azienda dell’Oregon non fosse certo tra le più richieste da giocatori e atleti di qualsiasi disciplina. La vittoria di Davide contro Golia, rappresentato in questo caso da Converse e Adidas, che all’epoca andavano per la maggiore nel mondo del basket.

Non a caso i due giocatori di riferimento dei primi anni ’80, vale a dire Earvin “Magic” Johnson e Larry Bird, indossavano entrambi scarpe griffate Converse ai loro piedi. Adidas era però nei pensieri del futuro MJ: al tempo della sua esperienza al college alternava ai piedi tanto il marchio tedesco quanto Converse, e fu lui stesso a esprimere la propria preferenza a diventare un uomo Adidas quando sarebbe arrivato il momento di firmare un contratto di sponsorizzazione, quindi dopo la chiamata al Draft 1984 dei Chicago Bulls (alla numero 3: alla 1 Houston scelse Olajuwon, alla 2 Portland andò su Bowie, e fu una catastrofe…).

Solo che dalla Germania nessuno risposte a quell’appello: puntavano ad atleti più alti e statuari, un po’ come andavano di moda all’epoca, e Jordan non rispondeva a tali requisiti.

L’agente Falk, il ruolo di mamma Deloris, l’azzardo di Vaccaro

Converse a questo punto si ritrovò praticamente la strada spianata. La logica era chiara a tutti: marchio di riferimento nelle calzature da basket, brand da sempre legato ai migliori interpreti della disciplina, nonché il più in voga anche tra i giocatori meno famosi. A Michael però di diventare “uno dei tanti” non interessava molto: lui voleva le luci tutte per sé, e nel dettaglio una linea di scarpe dedicata a lui in via esclusiva, cosa che Adidas mai gli avrebbe riservato, e tantomeno Converse.

Nike però restava defilata, sullo sfondo: nota soprattutto nel mondo del running, l’azienda di Phil Knight sino a quel momento nel basket s’era limitata a prendere alcuni buoni prospetti, ma senza spendere cifre esagerate. Solo che Vaccaro davanti a Jordan decise di andare all in: investire tutto il budget previsto nel 1984 per garantirsi un solo giocatore.

Peccato che Micheal non ne volesse proprio sapere, fino a che l’agente David Falk non convinse mamma Deloris a farlo quantomeno parlare con l’azienda. Che offrì una cifra record per un prospetto appena uscito dal college: 500.000 dollari a stagione per 5 anni, con una linea dedicata, più percentuali sulle vendite e azioni. Nike investiva il futuro su Jordan, ma quell’accordo avrebbe fatto ricchi entrambi. Soprattutto MJ.

Il mito di Air Jordan: perché lo sport non è stato più lo stesso

Il mito delle Air, le scarpe che da 40 anni alimentano i sogni e la bramosia di averle ai piedi di miliardi di persone, nacque grazie a un’evidente miopia messa in atto dai brand che all’epoca dominavano il mercato del basket. Oggi Nike è il brand di riferimento in NBA e NCAA, tanto da vestire oltre il 70% dei giocatori. Ma soprattutto Jordan è diventato lo sportivo più remunerato di sempre, grazie a quella linea che lui volle a tutti i costi, e che solo Nike gli mise ai piedi per cominciare (appunto) a volare.

Il film diretto da Ben Affleck racconta i momenti che hanno segnato la linea di confine tra il marketing pre e post Air Jordan: il big bang di un nuovo modo di vedere le cose, lo spartiacque di una nuova era che ha catapultato i protagonisti in una dimensione mai vista prima.

Jordan scommise sulle sue qualità, Nike fu lesta ad assecondarne la mania di grandezza. Il resto l’hanno fatto 6 titoli NBA e un oro olimpico, ma soprattutto i 3 miliardi di dollari annui di ricavi (di cui 130 milioni finiscono nelle tasche di MJ) che rappresentano un Everest mai visto prima nel mondo della moda applicata allo sport.

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