Prima che l’Inter tedesca di Brehme, Matthaus e Klinsmann facesse sfracelli, creando un feeling immortale con la Germania (in contrapposizione al Milan olandese di Gullit, van Basten e Rijkaard) i nerazzurri avevano provato a creare un ciclo vincente con un altro tedesco. Senza fortuna. La storia di Hansi Muller, talento abbagliante in patria (con lo Stoccarda e la nazionale) e mezzo flop in serie A, è quella che si poteva scrivere nel calcio anni 80 quando i campioni erano soprattutto figurine e poco si badava all’aspetto dell’inserimento tattico. Capitò alla Fiorentina che prese Socrates quando in squadra aveva già Pecci e capitò appunto all’Inter che comprò Muller quando aveva Beccalossi.
DOPPIONI – Per mesi il dualismo tra i due si trascinò e la cosa è sempre stata ammessa soprattutto da Evaristo che confessò: “È verissimo, in campo ci pestavamo i piedi e la sua presenza mi costringeva a giocare venti metri più avanti, in una zona dove non mi sentivo a mio agio. Devo essere sincero, io soffrivo la sua personalità e, sportivamente parlando, lo odiavo. Ma Hansi è sempre stato un ragazzo eccezionale, tra di noi ce la intendevamo alla grande. Lo stimavo tantissimo, prima di tutto perché era un grande giocatore, e poi perché, dopo l’allenamento, si sottoponeva a lunghissime sessioni con lo staff medico per quel maledetto ginocchio che gli dava dolore”.
LA SEDIA DELLO SCANDALO – Il Becca però sbagliò nei suoi confronti: “Purtroppo divenne celebre una mia frase, in cui dicevo che giocare con Hansi Müller è peggio che giocare con una sedia, perché almeno la sedia ti rimanda indietro il pallone. L’avevo detto perché in una partita, non mi ricordo nemmeno più contro chi, gli avevo regalato qualcosa come dieci palle-gol e lui era riuscito a sbagliarle tutte. Fu un errore mio, dire così, perché adesso sembra che ci detestassimo, ma lui non mi tenne mai il muso, tant’è che siamo ancora in contatto. L’ultima volta ci siamo visti in occasione della partita Germania-Italia, ai Campionati Europei del 2016”.
LO SCHIAFFO – Muller però non legò neanche con Altobelli. Si ricorda ancora una gara con l’Avellino in cui il tedesco ignorò Spillo, liberissimo in area, e si beccò uno schiaffone in faccia davanti a tutto lo stadio.
RITENTA – Muller riprova l’anno dopo quando cambia l’allenatore e arriva Radice. L’idea è di spostarlo all’ala destra nel tentativo di migliorare l’intesa con Beccalossi ma fallisce dopo qualche illusorio segnale incoraggiante mentre in compenso il ginocchio seguitava a scricchiolare. L’avventura interista, mai davvero decollata, si avviava così verso una fine in sordina.
SUL LAGO – Da Milano Muller si sposta nel 1984 a Como, poi lascia l’Italia per l’Austria (Innsbruck prima e Tirol poi dove vince due titoli e una coppa d’Austria) per lasciare il calcio nel 1990.
IL LUTTO – Dopo il ritiro dal calcio giocato, nel 1990, e alcune tristi vicissitudini familiari, tra cui la perdita, nel 2005, della moglie Claudia in seguito a una malattia, Müller torna a Stoccarda, entrando a far parte dell’organigramma societario della squadra locale. Nel 2014 viene eletto come consigliere comunale per la CDU nella circoscrizione del suo paese natale, Kreb. Oggi, oltre a continuare a svolgere ruoli di pubbliche relazioni nello Stoccarda, Müller è un apprezzato consulente motivazionale e psicologico, attraverso un ciclo di incontri multilingue chiamato “La via del successo”.