LA NAZIONALE – A Repubblica disse: “Per me a livello di carriera non sarebbe cambiato nulla, ho avuto una carriera bellissima comunque, anche senza quella vittoria. Proprio l’anno dopo ho vinto lo scudetto con la Roma. Certo, a livello personale qualcosa sarebbe cambiato, sarebbe stato un bellissimo ricordo di un successo con la Nazionale e una grandissima soddisfazione. Ci speravo, ci speravamo tutti in campo”. Il 27 gennaio 2005 dice addio alla Roma, gioca con Brescia, Parma e Ascoli poi si fa male al ginocchio e smette col calcio professionistico. Ci riprova nel 2008 in Eccellenza con i Pescatori Ostia ma due maxisqualifiche di fila gli fanno passare la voglia e appende le scarpette al chiodo. Ecco allora venir fuori l’animo divertito di Delvecchio che passa da “Ballando con le stelle” al fare il dj, fino al talent Dance Dance Dance. Si è separato dalla moglie con cui ha avuto tre figli, Nicolas, Federica e Greta (al primo appuntamento il calciatore non le disse quale fosse realmente il suo mestiere, e la invitò allo stadio dove la salutò entrando in campo mentre lei lo aspettava seduta nella platea) e proprio a Ballando con le stelle, dance show condotto da Milly Carlucci, ha conosciuto una ballerina, Sara Di Vaira, con cui è iniziata un’intensa storia d’amore, naufragata tra il 2014 e il 2015. Delvecchio ha anche girato una parte da comparsa (nella parte di se stesso) anche in un episodio de I Cesaroni e nel film Shaolin Soccer ha doppiato il personaggio di Testa d’acciaio.
Che fine ha fatto Delvecchio, interista di nascita e idolo a Roma
Poteva passare alla storia agli Europei del 2000
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“Sono nato a Milano per sbaglio!”. Aveva praticamente finito la carriera Marco Delvecchio (scritto tutto attaccato) quando si rese conto che quella che pensava dovesse essere una iattura, ovvero lasciare l’Inter dove era cresciuto, aveva giocato e segnato, per passare alla Roma, si sarebbe rivelata la sua fortuna. A Milano non ci è solo nato questo attaccante dal naso adunco e le orecchie pronunciate – che pure rimarranno celebri per le sue esultanze -ma ha anche mosso i primi passi nel mondo del pallone. Cresciuto nel settore giovanile dell’Inter, Delvecchio debutta in Serie A con i nerazzurri appena diciottenne, prima di essere mandato in prestito per due stagioni consecutive; dapprima a Venezia, nella serie cadetta, poi a Udine, dove il ragazzo assaggia realmente la massima serie per la prima volta. Nell’estate del 1994, Marco Delvecchio torna alla base e viene impiegato con continuità dall’allora tecnico dell’Inter Ottavio Bianchi. L’annata del centravanti si conclude con 29 presenze in Serie A e 4 gol all’attivo, di cui l’ultimo è il più importante perché vale il successo in rimonta sul Padova (2-1) e la qualificazione all’Uefa all’ultima giornata ai danni del Napoli di Boskov.
LA SVOLTA – Sembra il promettente inizio di una carriera all’insegna del legame con la propria città e la propria squadra del cuore ma a novembre del 1995 l’attaccante si ritrova coinvolto in uno scambio con la Roma in cui Branca fa il percorso opposto. A Sky dirà: «Ho bellissimi ricordi dell’Inter Non scorderò mai il mio esordio in Coppa Italia contro la Juve. Ero a Viareggio e mi chiamarono per giocare con campioni del calibro di Matthaeus e Brehme. Stavo bene: Moratti mi considerava fondamentale e mi diceva che ero incedibile, che dovevo dare una mano a far ambientare i nuovi compagni.» I ricordi con la Roma però saranno superiori. Dieci anni di gioie e gol. Con i giallorossi vinse uno scudetto e una Supercoppa Italiana, diventando – dal 2002 al 2009 – il miglior marcatore di sempre nei derby di Roma con 9 gol prima di essere superato da Francesco Totti. Dieci anni nati con qualche incomprensione con i tifosi che portarono alla nascita del gesto speciale dopo aver segnato: quello di portare le mani all’altezza delle orecchie spalancate come risposta polemica alle contestazioni della curva «Questo è il gesto che è nato un po’ per sfida verso i tifosi, perché non apprezzavano il fatto che giocassi al posto dell’ipotetica punta che doveva arrivare. I fischi mi sembravano ingiusti, non era colpa mia se non era arrivato nessuno. Poi dopo un chiarimento con i tifosi a Trigoria è diventato il simbolo della mia esultanza, non più per sentire i fischi ma la gioia dei tifosi». Diventa l’idolo grazie ai tanti gol nei derby ma non solo. Viene apprezzato anche per la sua generosità. Conta 22 presenze e 4 gol con la Nazionale italiana, con cui è stato vicecampione d’Europa nel 2000, quando proprio un suo gol in finale con la Francia stava per regalare il titolo alla nazionale di Zoff.
Fonte: Ansa