Doveva chiamarsi Walter Luijàn, dal nome del padre biologico che però lo aveva abbandonato appena nato, scelse a 18 anni di chiamarsi Samuel in onore del suo padre adottivo, ma per tutti è e sarà The Wall, il Muro. Walter Samuel è stato l’archetipo del difensore perfetto, potente, roccioso, veloce, bravo di testa e di piede. E senza paura. Si legge un ricordo da piccolo si golditacco.it: “Quando ero ragazzino, fermai in scivolata il figlio del boss del mio quartiere. Il giorno dopo mi picchiarono gridandomi che non sarei mai diventato qualcuno. Dopo qualche anno li vidi che gridavano il mio nome. Una delle soddisfazioni più belle della mia vita.” Cosa avrebbe fatto senza il calcio lo rivelò a Inter Channel (“Penso che avrei lavorato in fabbrica con tutti i miei amici”) ma per fortuna della Roma (dove arrivò dal Real Madrid) e dei nerazzurri, Samuel a pallone ci ha giocato eccome. Vincendo tutto, Triplete compreso, con l’Inter.
IL SOPRANNOME – Alla Gazzetta confessò che quel soprannome, il Muro, gli piaceva: «Esagerato, com’ero io a inizio carriera quando prendevo gol: uscivo dalla partita. Però l’odio per la palla nella tua porta esiste» mentre odiava quella leggenda sul “fallo alla Samuel”, un intervento intimidatorio entro i primi minuti di gioco: «Quello ve lo siete inventato voi negli ultimi anni: io ho sempre “marcato il territorio”, verso la fine della carriera forse non avevo più la stessa rapidità e magari arrivavo lungo… Però non sono mai entrato per fare solo male». Il giocatore che più l’ha messo in difficoltà l’ha avuto come compagno: «Cassano. Partitella, lo chiudo sulla linea di fondo, mi dico “Ecco, adesso non ha spazio per muoversi da nessuna parte”. Con un tocco, uno solo, lui si gira e va via, da dove non l’ho mai capito: nello spogliatoio mi massacrò, gli altri ridevano, io avrei spaccato tutto».
I RICORDI – Tante le date da ricordare in nerazzurro e non solo quella del Triplete centrato dopo la Champions: Il 7 ottobre 2012, nella stracittadina di andata vinta dall’Inter per 1-0 con un suo gol di testa al 3º minuto del primo tempo, Samuel conquista il record di 10 vittorie su 10 presenze nel derby. Fino a quel momento, senza di lui l’Inter ne aveva persi 5 e pareggiato uno. In tutto con i nerazzurri ha disputato 236 partite e segnato 17 gol e vinto 13 trofei in 9 anni. Del periodo interista a ricordi solo felici e non solo in campo, come rivelò a Repubblica: “Amavamo il rito del mate, che per noi argentini è un momento di condivisione: io ho sempre preparato l’infuso, sono il “cebador”, fin da ragazzo è la mia specialità e i compagni mi hanno preso per il loro cameriere… Ma mi piace così. È stata una grande storia di vita ed è durata tanto, forse siamo stati qui troppo, almeno per le abitudini dei calciatori”. Nel 2014 è passato al Basilea, la sua ultima partita l’ha giocata il 25 maggio 2016 nella sconfitta per 0-1 contro il Grasshopper. In tutto con il Basilea mette insieme 44 partite e 3 gol. Complessivamente, in vent’anni di carriera tra club e Nazionale ha giocato 700 partite segnando 44 gol. Una volta appesi gli scarpini al chiodo diventa osservatore per l’Inter nell’estate del 2016. Dal 15 novembre al 9 maggio 2017 collabora con lo staff di Pioli per poi tornare a fare l’osservatore. Il 21 giugno seguente viene ingaggiato come vice di Tami sulla panchina del Lugano. Lascia l’incarico nell’aprile 2018 a seguito dell’esonero del tecnico ticinese. Il 25 agosto 2018, Samuel entra a far parte dello staff di Scaloni come collaboratore tecnico dell’Argentina.