Mondiali Ciclismo 2023: Belgio e Olanda, è una sfida tra giganti. L'Italia spera nell'effetto sorpresa

A Glasgow va in scena un mondiale mai visto prima, sia per il calendario (mai si era corso a inizio agosto), sia per le variabili. Belgio a tre punte con Evenepoel, Van Aert e Philipsen, ma il vero favorito a detta di molti è van der Poel. Pogacar conferma la presenza: lui e Pedersen potrebbero far saltare ogni piano in corsa

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Roberto Barbacci

Giornalista

Giornalista (pubblicista) sportivo a tutto campo, è il tuttologo di Virgilio Sport. Provate a chiedergli di boxe, di scherma, di volley o di curling: ve ne farà innamorare

Belgio, abbiamo un problema. Di abbondanza, naturalmente. Perché Sven Vanthourenhout è certamente il commissario tecnico più invidiato al mondo, ma anche quello con la maggiore pressione addosso in vista della corsa in lineai ai Mondiali di ciclismo di Glasgow. Del resto non capita mica tutti i giorni di potersi permettere di schierare nella stessa squadra gente come Remco Evenepoel, Wout Van Aert o Jasper Philipsen, tre dei migliori ciclisti al mondo, idoli delle folle ma soprattutto oggetto del desiderio di qualsiasi CT o direttore sportivo che dir si voglia.

Vanthourenhout se n’è fatto una ragione: anziché lasciarne fuori anche uno soltanto, ha deciso di imbarcarli tutti e tre sull’aereo che porterà la comitiva a Glasgow, dove domenica è in programma un campionato del mondo che si preannuncia incerto e spettacolare come pochi nella storia recente. E il Belgio, con quell’attacco a tre punte, è a rigor di logica la squadra da battere; la squadra, perché se proprio si vuol trovare un favorito, tutti dicono che andrebbe ricercato in Mathieu van der Poel. Anche se poi è una scena vista e rivista da sempre: MVDP contro WVA, in questo caso anche contro Remco, l’altro fenomeno sbocciato da un paio d’anni abbondanti in casa belga. Non a caso è lui il campione del mondo in carica. E averlo dalla propria parte è sempre meglio che ritrovarselo contro.

Belgio e Olanda: beata abbondanza

In Scozia nemmeno si capacitano del mondiale di cui si ritrovano a beneficiare, peraltro in un periodo dell’anno dove solitamente i pensieri andavano più alla Vuelta che alla maglia iridata. Tutta “colpa” (o merito) della decisione dell’UCI di dar vita ogni quattro anni a una rassegna che raggruppi tutte le discipline del pedale, dando vita a un vero e proprio festival del ciclismo (su strada, MTB, cross e pista) racchiuso nello spazio di pochi chilometri.

La sfida tra Belgio e Olanda è destinata a fare proseliti: Evenepoel un mondiale l’ha già vinto, e allora tutti aspettano che siano Van Aert e van der Poel a darsi battaglia per la vittoria finale, come tante volte è capitato loro di fare nel ciclocross. La storia infinita, direbbe qualcuno, ma il Belgio ha almeno un’altra carta da giocare: se nessuno riuscirà a fare selezione, allora Jasper Philipsen è il candidato numero uno a far sua la maglia iridata in caso di arrivo in volata, come ampiamente dimostrato già al recente Tour de France dove ha vinto 4 dei 5 arrivi per velocisti (un altro paio li ha persi solo perché è arrivata la fuga, sempre per una manciata di metri).

Anche l’Olanda però ha una carta alternativa: Dylan van Baarle ha già vinto un argento mondiale due anni fa nelle Fiandre, oltre che una Roubaix (quella del 2022). Olav Kooij sarebbe l’uomo deputato a fare la volata, ma gli orange puntano ad evitare un arrivo di gruppo per dare modo alle proprie punte di fare il loro gioco e conquistare un oro che manca da 38 anni (Joep Zoetemelk, anno domini 1985).

Glasgow: attenti agli outsider di “lusso”

Fare previsioni è oggettivamente azzardato, pensando anche al novero di rivali che certamente non resteranno a guardare. Un nome su tutti? Tadej Pogacar, fresco di ufficializzazione nell’elenco dei corridori sloveni sia per la prova in linea, sia per la cronometro. Pogi è uscito comunque bene dal Tour, al netto della giornata storta di Courchevel che gli ha impedito di lottare fino alla fine per la maglia gialla: la vittoria di tappa nella penultima frazione ha fugato via ogni dubbio sulle sue condizioni, e in un percorso “da classiche” come quello di Glasgow non tenerlo in considerazione sarebbe da folli.

Di sicuro Tadej è la prima alternativa al duopolio belga-olandese, con Mads Pedersen subito a ruota. Il danese un mondiale l’ha già vinto (2018, nello Yorkshire, beffando Trentin che credeva ormai di aver già la vittoria in tasca) e dal Tour è uscito con sensazioni più che positive. Ha la gamba per resistere agli strappi su Montrose Street, il punto dove potrebbe decidersi la gara (pendenza media 8%, anche se appena 250 metri di lunghezza), così come agli oltre 3.500 metri di dislivello previsti nei 271 chilometri del percorso.

Mondiali, prova su strada: l’Italia punta sull’effetto sorpresa

Altre opzioni? La Francia punta tutto su Christophe Laporte, che sembra essere più in condizione di Julian Alaphilippe (che di mondiali ne ha vinti due, nel 2020 e nel 2021) e che in primavera ha vinto la Gand Wevelgem, corsa che ricalca abbastanza fedelmente questo mondiale scozzese. La Danimarca può puntare anche su Kasper Asgreen, l’Australia sul solito Micheal Matthews, la Gran Bretagna su un Tom Pidcock che promette di volersela giocare. Una scommessa? Biniam Girmay, l’eritreo che nel 2022 sorprese tutti vincendo la Gand Wevelgem. Non è in gran forma, ma è sempre bene tenerlo d’occhio.

E l’Italia? Alberto Bettiol e Matteo Trentin si spartiscono i gradi di capitani in corsa: non ci sono gerarchie prestabilite, si capirà strada facendo su chi puntare. Simone Velasco, neo campione italiano, e Andrea Bagioli sono i nomi alternativi da provare a inserire nell’eventuale fuga giusta. Forse la punta di diamante sarebbe stata Filippo Ganna, ma il calendario ingolfato tra strada e pista gli ha consigliato di evitare la prova in linea (punterà sul quartetto dell’inseguimento in pista e sulla cronometro su strada). Non vinciamo un mondiale dal 2008 (Ballan a Varese nel giorno dell’ultima gara di Bettini) e sembra davvero essere passata un’eternità.

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