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Coronavirus, Orlandini:"Bergamo stremata, mio padre in ospedale"

L'ex Atalanta, Inter e Milan in una intervista descrive la sua sensazione da bergamasco in questo momento di grave emergenza legato al coronavirus

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Coronavirus, Orlandini:"Bergamo stremata, mio padre in ospedale" Fonte: ANSA

Pierluigi Orlandini è un giocatore di un’altra epoca, ormai. Uno di quelli che hanno emozionato e rincorso un sogno, realizzato quando indossare la maglia dell’Inter e del Milan poi aveva un sapore epico, per lui che era nato e cresciuto in provincia. Bergamo, per la precisazione e da una famiglia onesta, di grandi e operosi lavoratori che oggi, in quella città fiera e meravigliosa, stanno affrontando la violenza di questo virus che ha sospeso la loro, la vita di chiunque.

Oggi Orlandini vive a Mesagne, in Puglia, e ha una attività che lo lega alle sorti dell’Atalanta e di quel sogno condiviso di creare un vivaio per quei ragazzi accolti e cresciuti. In un’intervista rilasciata a Il Posticipo, comparsa sula Gazzetta dello Sport, spende parole forti, emozionanti e commoventi perché il racconto di questa desolazione lo tocca nel proprio presente.

La situazione a Bergamo: “Mio padre in ospedale”

Racconta Orlandini: “Purtroppo è una situazione terribile, chi non la sta vivendo in prima persona fa fatica a comprendere. Mio padre e mia madre sono lì, anche i miei parenti e i miei amici. Mi sento costantemente con loro. Se chiudo gli occhi penso ai posti che conosco e alla gente che sta soffrendo. Immagino come stiano vivendo questa situazione e il fatto di doversi chiudere in casa e non poter andare in giro: ci deve essere un’aria veramente triste. Purtroppo da martedì mattina il mio papà è in ospedale e anche lui sta lottando contro questa cosa. Da quando ci è entrato non riesco a sentirlo, parlo con la dottoressa ogni due giorni in determinati orari. Purtroppo i medici sono pieni zeppi di lavoro e non riescono a dedicarci altro tempo. Ho sentito mio padre tre giorni fa: aveva la febbre ed era un po’ debilitato, l’ho sentito veramente provato. Adesso è in ospedale e viene monitorato minuto per minuto. Speriamo che possa venirne fuori”.

Secondo quanto sostiene Orlandini, arriverà il momento di ripartire ma quando questa emergenza sarà superata. Non certo adesso. E sul mondo del calcio e la sua reazione, aggiunge una riflessione molto lucida: “Non è stata compresa in generale la pericolosità di questa situazione. Se avessimo capito tutto in tempo non avremmo debellato questa cosa, ma avremmo ridimensionato il problema. Bergamo è sulle pagine di tutti i giornali. Mi fa paura l’ignoranza della gente che da altre parti non riesce a percepire questa situazione: per alcuni di loro è come se Bergamo fosse su Marte. Non si scherza: basta che una persona si metta a contatto con un’altra per diventare un veicolo di trasmissione”.

Le corse all’aperto e le uscite al parco

In merito alle corse all’aperto, che tanto hanno diviso e posto una seria questione, Orlandini si esprime così: “Impazzisco quando vedo gente correre insieme per strada: le persone che vanno a correre in gruppo sono un problema, come quelli che escono a chiacchierare alla sera oppure vanno a fare la spesa e stanno a contatto. Oggi ci sono gli smartphone e i social e potremmo stare in casa e usare la tecnologia per parlare tra di noi. All’improvviso invece si sente il bisogno di parlare con gli altri dal vivo e di stare fuori in compagnia. Ho visto ragazzi in pizzeria che non si guardano in faccia perché hanno sempre gli occhi sul telefonino, in questo momento di grande emergenza però sentono il bisogno di stare insieme”.

L’ex giocatore di Atalanta, Inter e Milan imputa larga responsabilità al ruolo dei genitori, in questo frangente: una limitazione imposta ai propri figli salva una se non più famiglie: “Purtroppo c’è molta ignoranza. La gente pensa di essere immune, ma non è così: possiamo essere colpiti tutti quanti. Io abito a 1000 chilometri da Bergamo e vorrei tornare dai miei genitori, ma non posso farlo. Mia mamma è stata messa in isolamento e la sento solo per telefono: facciamo qualche videochiamata. Bisognerà soffrire. Speriamo che arrivino tempi migliori in cui poterci rivedere e abbracciare”.

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