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Dino Baggio: "La Nazionale, il Trap, Sacchi, Parma: che esperienze!"

Intervista al gigante di centrocampo che negli anni 90 ha giocato con Toro, Juve, Parma, Inter, Lazio e fu colonna della Nazionale a Usa 94

31-07-2021 10:30

Pasquale Guardascione

Pasquale Guardascione

Giornalista

Da 30 anni racconta lo sport e la cronaca per diversi giornali ed emittenti, Per Virgilio Sport è lui che va a scovare i campioni del passato e con le sue interviste li riporta sul terreno di gioco Per Virgilio Sport è lui che va a scovare i campioni del passato, o emigrati all'estero a cercare fortuna e con le sue interviste li riporta sul terreno di gioco

Sono passati ventisette anni dai Mondiali di Usa’94 ma ancora oggi a tanta gente a cui dici Dino Baggio vengono in mente le due reti che segnò, a New York contro la Norvegia e a Boston nei quarti di finale con la Spagna. L’ex centrocampista oggi ha cinquant’anni ma è ancora legatissimo al mondo del calcio grazie ai figli Leonardo e Alessandro, che lui segue ogni giorno, e che giocano nei professionisti. Lui Dino detiene un record: è il giocatore con più goal realizzati nelle finali di Coppa Uefa, oggi Europa League, ben cinque distribuite in due finali. “E’ un record che la vedo molto dura da battere anche perché oggi le finali sono dirette, mentre, prima erano con la formula di andata e ritorno”.

Quanto è stato importante per lei Giovanni Trapattoni?
“Il Trap è stato importantissimo, lui stravedeva per i giovani. Io mi ricordo che quell’anno alla Juventus c’erano diversi giovani e lui, poi, oltre a farli anche giocare tanto ci fermava a fine allenamento facendoci fare della tecnica individuale per migliorarci. Una persona straordinaria”.

In quella Juve c’era Gianluca Vialli, cosa le ha fatto vedere le bellissime scene in cui si abbracciano lui e Mancini agli ultimi Europei?
“Vedere Gianluca mi ha fatto un’impressione molto positiva per quello che ha passato lui. Ha dimostrato di essere un ragazzo forte e sono molto contento di averlo visto. In quella Juventus lui era molto scherzoso soprattutto con i giovani a cui faceva un po’ da chioccia. Era un uomo spogliatoio e un trascinatore, brava persona. Dopo quello che ha superato era anche giusto che la Figc gli desse un ruolo che ha meritato anche per la sua splendida carriera. E, poi, con Mancini sono come due fratelli: un mix giusto e importante per la Nazionale”.

23 giugno 1994 e 9 luglio 1994, ricorda che date sono?
“Come no, i giorni delle partite contro Norvegia, il primo, e la Spagna il secondo che segnai ai Mondiali di Usa’94. Sono stati i due goal più importanti che ho fatto, oltre a quelli nelle finali di Coppa Uefa. Ricordo molto bene la rete alla Norvegia ma prima di quello il caldo infernale che faceva, una roba impressionante. In quella gara giocammo in nove uomini per alcuni minuti. Il goal fu bello perché riuscii a beccare la palla al momento giusto in mezzo ad un nugolo di avversari. Io sono una persona normale per l’altezza. I norvegesi erano alti circa un metro e novantacinque e io che ero cinque centimetri in meno sembravo uno dei bassi di loro. Beppe Signori calciò quel pallone talmente bene che mi arrivò giusto per ribadirlo in rete. Questo è stato il goal più pesante della mia carriera, mentre, quello più bello lo feci nelle qualificazioni ai Mondiali di quell’anno contro il Portogallo ad Oporto che sancì il nostro pass per Usa’94. Una rete dai trentacinque metri all’incrocio dei pali che è stata la mia prima in Nazionale”.

Che tipo di commissario tecnico era Arrigo Sacchi?
“Lui ci spiegava qualsiasi cosa, anche delle volte nelle ore di relax se magari lo incrociavi lui ti fermava e ti parlava ancora di tattica e tecnica. Era abbastanza rigido su tutto però è stato quello da cui io ho imparato di più nel senso, ad esempio, della posizione in campo, muoversi senza palla al momento giusto, smarcarsi. Sacchi è stato quello che mi ha insegnato più di tutti e io lo ringrazierò per tutta la vita. E se oggi ci fossero quei tipi di allenatori che ti insegnano un po’ anche le basi di come controllare e giocare la palla non sarebbe male. Solo che oggi purtroppo se guardi il 90% è fisico e il resto tecnico”.

Il momento più bello e quello più triste della sua carriera quali sono stati?
“I belli sono stati tanti se stiamo ad elencarli non finiamo più. Triste è stato quando ho avuto l’infortunio al ginocchio nel 1994 e stavo perdendo i Mondiali. Ero a rischio e, infatti, tutto il girone di ritorno con la Juventus non giocai per riuscire a recuperare. Ma per fortuna è andata diversamente e sono andato a Usa’94”.

Oggi cosa fa Dino Baggio?
“Sono sempre in giro a seguire i miei due figli che giocano nel Varese e nel Monza. Ho allenato, poi, fino a due anni fa nelle giovanili del Montebelluna. Poi, non ho più avuto tempo e ho smesso”.

In quegli anni c’è qualche squadra che l’ha cercata fortemente e non arrivò il passaggio?
“Si subito dopo i Mondiali di Usa’94 mi cercò il Milan stellare che allenava Fabio Capello e non sono riuscito ad andare perché la Juve mi cedette al Parma. Mi chiamò anche Gianluca Vialli qualche anno dopo che mi voleva al Chelsea ma la squadra dove militavo non mi volle cedere”.

E’ vero che lei è un grande amante di teatro?
“Ho dato una mano nel 2008 ad una compagnia del mio paese per beneficenza dove c’era mia moglie all’interno di questo gruppo che si chiamava il Va Pensiero che ogni anno a Pasqua inscenavano la Passione di Cristo. E mi chiesero di fare la parte di un centurione, e io dissi che queste cose non le avevo mai fatte. Mi risposero che dovevo stare lì a fare la parte di questo personaggio senza dire nulla. Alla fine presi parte per qualche volta ma solo per beneficenza ma è stata una cosa per così dire paesana”.

Le faccio un nome: Gigi Buffon.
“Io sono contento che lui sia ritornato a Parma perché è un ragazzo che merita. Ha dimostrato che i valori oggi ci sono ancora e mi sembra giusto che lui chiuda la carriera dove ha iniziato. Ha fatto una scelta di cuore giustissima. Il Parma, poi, ha allestito una rosa forte per ritornare in serie A e io sono certo che ci riusciranno. Avere, poi, un giocatore come Buffon in porta che sta bene è un valore in più e io se fossi un difensore di quella squadra sto sicuro e sono tranquillo con lui”.

Di tutti i trofei che ha vinto qual è quello che ricorda di più?
“Quello che mi ricordo di più di tutti purtroppo sono i rigori persi in finale ai Mondiali di Usa’94. Me li ricordo tutti i giorni, è una cosa che non mi va giù nonostante siano passati tanti anni. Il momento bello è stata la prima vittoria in Coppa Uefa nel 1994-’95 con il Parma che vincemmo contro la Juventus in finale. Segnai anche venendo dalle retrovie, mi piaceva inserirmi perché venendo da dietro non eri mai marcato”.

Pasquale Guardascione

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