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Fa 75 anni Boninsegna, il “comunista” che giocava per Agnelli

La finale Mondiale del '70 contro il Brasile il suo più grande rimpianto

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Fa 75 anni Boninsegna, il “comunista” che giocava per Agnelli Fonte: Ansa

Ha segnato valanghe di gol con Cagliari, Inter e Juventus e con la maglia della nazionale pur essendo nato mezzala. Ha giocato alle dipendenze di Agnelli pur essendo dichiaratamente di sinistra. Da allenatore ha scoperto gente come Montella, Toni, Toldo, Iaquinta e Di Biagio. Ha recitato anche come attore nella parte del monatto ne “I Promessi Sposi” di Nocita. Roberto Boninsegna compie oggi 75 anni. Lo chiamavano Bonimba (“lo devo a Brera. A San Siro gli ho chiesto perché. Perché hai il culo basso e quando corri mi ricordi Bagonghi, nano da circo. Ho incassato guardandolo come per fargli capire che coi miei 176 centimetri ero più alto di lui. Poi Brera scrisse sul Giorno, più o meno: è inutile che Bonimba mi guardi dall’alto in basso, nano l’ho battezzato e nano resta. Un nano gigante, però”) ed è rimasto nel cuore di tutti i tifosi, non solo quelli che lo hanno avuto in squadra.

LUI E AGNELLI – Parla in dialetto mantovano ancora oggi, quando ricorda la discrasia tra le sue simpatie politiche e la Juve dei Padroni del Vapore (“non ho mai avuto problemi, nemmeno con Agnelli e Boniperti che certamente non la pensavano allo stesso modo. Non facevo comizi, ma non ho mai nascosto da che parte stavo. E da che parte potevo stare? Mio padre era nel consiglio di fabbrica, alla Burgo. Bastava che facesse un fischio e si fermava il reparto. Aveva perso tre dita sotto una pressa, così in guerra non c’era andato. Vedevo mio padre uscire in bici la mattina presto e rientrare distrutto, e tossire, tossire. La fabbrica ti dava da vivere e ti accorciava la vita. Non usavano le mascherine, un litro di latte gratis al giorno e via andare. E’ morto a 61 anni”) e non ha voluto mai scrivere una biografia per un solo motivo: “Me l’hanno proposto e c’era anche un discreto ingaggio. Ma ho detto no grazie, perché se avessi raccontato tutta la verità avrei sputtanato un sacco di gente e se non l’avessi raccontata mi sarei sputtanato io. Tanto valeva lasciar perdere”. Anche perchè peli sulla lingua non ne ha mai avuti, come nell’episodio della risposta a Trapattoni: “A me il sabato piaceva calciare una trentina di rigori, mi aveva insegnato Meazza. e poi tirare al volo sui cross. Pioveva, un giorno, e ne ho tirato uno altissimo. “Bobo, vuoi che ti dica dove hai sbagliato?”. “Scusa Trap, ma tu quanti gol hai fatto da professonista?”. “Sei o sette”. “Io 160, non mi menare il torrone”. Mi ha fatto dare 150mila lire di multa, ma poi amici come prima. Anche se quand’ero alla Juve non ha mai azzeccato un cambio”.

LUI E IL MONDIALE – Il grande rimpianto è la finale di Mexico ’70 contro Pelè: “I gol più importanti li ho segnati in Messico: l’1-0 alla Germania, ma sono anche fiero dell’assist a Rivera per il 4-3, e il temporaneo 1-1 col Brasile. Nell’intervallo eravamo convinti di farcela, bastava che Valcareggi mettesse dentro Rivera al posto di Domenghini che non stava più in piedi. O meglio, che Rivera giocasse dall’inizio. Abbiamo regalato al Brasile il Pallone d’oro nella partita più adatta a lui. E senza staffetta. Mi piacerebbe rigiocarla con Rivera, quella finale”. Lui, che in Messico manco doveva andarci: “una notte sono stato buttato giù dal letto dal ragionier Bianchi che mi ha detto: va domattina al consolato messicano di Milano e poi prendi il primo aereo e fila ai mondiali. Al consolato sbatte contro Pierino Prati, anche tu qui? Sì, ci hanno richiamati. Che cos’era successo? Anastasi era stato ricoverato all’ospedale a Roma per un intervento inguinale. Lui era il titolare. Così con Valcareggi erano partiti in ventuno, mentre dovevano essere ventidue. Era mancato un attaccante e Valcareggi si rese conto che due soli attaccanti, Riva e Gori, per un mondiale erano pochi, così recuperarono Prati ed io, già scartati!”. E la storia dell’attore? Eccola: “Quanto al monatto, un giorno mi telefona Facchetti. Bobo, c’è il regista Salvatore Nocita, un interista vero, che girerà a Mantova un pezzo dei Promessi sposi, sceneggiato tv, e ha pensato a te. Che parte dovrei fare, Giacinto? Il monatto, quello che carica gli appestati sul carretto. E perché non lo fai tu? Perché io sono alto, bello e biondo. Così ho fatto il monatto, senza pensare di essere basso, brutto e moro. E mi sono anche divertito”.

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