Aveva smesso da poco di giocare ma all’ennesima domanda su un rigore dubbio per un possibile tuffo da cascatore di questo o quel giocatore chiese pietà: Luciano Chiarugi per troppo tempo era stato tormentato da quell’etichetta appiccatagli addosso, che fu il suo tormento per anni. Oggi compie 72 anni Chiarugi, ala border-line che nella classificazione dei ruoli della sua epoca era un numero 11 ma che in realtà giocava dove gli pareva, dove più ne aveva voglia. Andava a corrente alternata, ma ogni tanto, anzi spesso, azzeccava il colpo di genio. Ha giocato con tante maglie, ma i tifosi – che lo chiamavano Cavallo Pazzo – lo ricordano soprattutto con quelle della Fiorentina (fu Campione d’Italia nella stagione 1968/69) e del Milan, con cui vinse la Coppa delle Coppe del 1972/73: fu lui a segnare la rete decisiva nella finale di Salonicco contro il Leeds United ma ha giocato anche a Napoli. E’ rimasto famoso anche per qualche licenza poetica in area di rigore.
IL CHIARUGISMO – Nacque il “chiarugismo”, per indicare chi si tuffava in area per rubacchiare un rigore e lui ha sempre detto: “Gli ultimi anni in campo non vivevo più: gli arbitri se l’erano legata al dito e alla fine non mi fischiavano più a favore. I simulatori sono sempre esistiti e ne ho visti tanti fare peggio di me: io ero agile e veloce, non facevo giochini ma spesso e volentieri accentuavo il contatto, senza cattiveria il termine chiarugismo non mi aiutò negli ultimi anni della carriera, quando non mi davano un rigore nemmeno quando il fallo era netto. Non mi credeva più nessuno. Che rabbia. Uno veloce e amante del dribbling come ero io era facilitato nel compito. Non in quello di simulare, sia chiaro, ma in quello di trovare il calcio di rigore. Io entravo in area sempre in velocità e palla al piede, se trovavo subito la porta bene, ma capitava spesso di incontrare una piede, un ginocchio, un braccio. Incontrare, incontrare. E qualche volta cercare. Comunque allora eravamo meno esposti alle brutte figure. Mica c´erano tutte queste telecamere”. Il suo palmares in rossonero è ricco: 1 Coppa delle Coppe (1973 – un gol in finale), 1 Coppa Italia (1973), Capocannoniere della Coppa delle Coppe (1973 – 7 gol), 1 finale a/r di Supercoppa Europea contro l’Ajax (1974 – un gol), 1 finale di Coppa Italia contro la Fiorentina (1975, – un gol) ma in rossonero entrò in conflitto nientemeno che con Sua Maestà Rivera.
CONTRO RIVERA – Chiarugi ricorda: “Il signor Rivera mi mise sul banco degli imputati e mi rimproverò di giocare in maniera anarchica. “E’ tutto l’anno che ti diciamo di giocare largo – fu l’esordio – e tu invece resti sempre indietro”. A questo punto, io, Luciano Chiarugi, classe 1947, ho deciso di averne abbastanza. Ho chiesto a chi dovevo dare ascolto dal momento che Trapattoni e Rocco mi dicevano di giocare esattamente come facevo. Quindi, o non contavano niente loro due, oppure lui, Rivera, poteva risparmiarsi certi discorsi. Il presidente Duina rimase sorpreso e chiese spiegazioni che naturalmente Rivera si guardò bene dal dare”. Sposato con Laura, ma non fu facile conquistarla come ricorda lei stessa: “Lui precisò di essere Chiarugi. Di primo acchito mi sembrò insopportabile, ma Luciano rincarò la dose precisando di essere quello che giocava nella squadra della Fiorentina. Ah si? mi finsi stupita, e cos’è la Fiorentina? Inutile stare a dire com’è andata a finire. Fu però l’ultima volta che giocò a fare il personaggio”. Quando ha smesso ha cominciato ad allenare, mai panchine importanti, ma non ha mai smesso di tifare Fiorentina.