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Fontana, il regista che invecchiava come il vino

Poca Serie A, dominante ai “piani di sotto”. Gaetano Fontana era un play mancino dal piede fatato, che si è tolto enormi soddisfazioni.

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Filippo Maggi

Filippo Maggi

Giornalista

Bergamasco classe ’97, ho sviluppato sin da bambino interesse per sport e calcio, per poi spenderlo in ambito giornalistico. Oltre a seguire le vicende dell’Atalanta, e più in generale del campionato di Serie A, mi cimento volentieri nel racconto di cadetteria e Serie C, ma soprattutto di quelle che sono le dinamiche di settori giovanili e Nazionali Under.

Fontana, il regista che invecchiava come il vino Fonte: Imago Images

Da calciatore, Gaetano Fontana ricordava un corposo Brunello di Montalcino: sempre più buono man mano che il tempo trascorreva. Centrocampista di qualità con il numero 10 molto spesso sulle spalle, era contraddistinto da qualità tecniche assai rilevanti, che sfruttava al meglio sia nelle vesti di organizzatore della manovra nelle vesti di play che nelle esecuzioni da calcio piazzato.

Chi è Gaetano Fontana

Catanzarese, cresce nel settore giovanile del club della propria città e viene visto come un prospetto importante dagli addetti ai lavori sin da quando è un ragazzino. Per lui arrivano le prime presenze in Serie B quando è ancora in età da Primavera, nell’anno calcistico 1988/89. Nei mesi successivi trova continuità d’impiego in squadra, ma suo malgrado deve fare i conti con la retrocessione delle Aquile in Serie C prima e poi con continui problemi fisici nel campionato a venire.

Ciononostante lo prende il Padova, in Serie B. L’avventura biancoscudata comincia discretamente, poi, con il passare del tempo, trova meno minutaggio, anche alla luce di un grave infortunio occorso nella seconda parte di stagione. Tra gli aspetti extra rendimento riserverà per sempre un dolce ricordo: la figurina Panini in compagnia di un certo Alessandro Del Piero, prossimo a spiccare il volo ai massimi livelli, ma a Padova condividerà lo spogliatoio anche con Soldatino Di Livio e con l’ex Campione d’Italia con l’Hellas Verona Giuseppe Galderisi. I biancoscudati nel mentre sfiorano, perdendo di un solo punto a discapito del Piacenza, la promozione in A, con il patron Puggina che si promette di riprovare nella missione per la stagione a venire. Per Fontana viene pensata una tappa in prestito per avere più minutaggio.

Una scelta ponderata e premiata dai fatti: a Reggio Calabria disputa una grande stagione in Serie C1. Cinque reti in 32 gare e un ruolo centralissimo tra le fila del club amaranto, che suo malgrado dovrà dire addio ai sogni di cadetteria nella doppia semifinale playoff contro la Juve Stabia, che vide i campani avere la meglio dopo i tempi supplementari, con il gol decisivo di De Simone a regalare la vittoria alle Vespe di Castellammare.

La vetrina delle ottime prestazioni offerte al Granillo gli dona addirittura la possibilità di fare conoscenza, a 24 anni, con il campionato di Serie A. Viene infatti richiamato nella Dotta, dove trova però, a onor del vero, molto poco spazio. Solo 6 gettoni collezionati, mai da titolare e solo per spezzoni di gara. In compenso si consolerà con la gioia di aver fatto parte di un gruppo rimasto per diverso tempo nel cuore della tifoseria patavina, complice lo storico salvataggio della scialuppa proprio all’ultimo giro: decisivi saranno infatti i calci di rigori nello spareggio contro il Genoa, con errore decisivo di un giovane Fabio Galante, all’epoca militante nel Grifone. Nonostante il palcoscenico del massimo campionato sia legittimamente interessante, Fontana sceglie di tornare nella terza serie, dove diverrà un profilo top per la categoria.

Gaetano Fontana: il metronomo della C

Lo accoglie l’Alessandria, di cui diventa il metronomo del centrocampo per due anni dopo qualche contrattempo fisico di troppo all’inizio della propria avventura in maglia grigia, sempre con Enzo Ferrari in panchina.

Nell’estate del ’97 rotola verso Sud. Firma per la Juve Stabia, piazza caldissima del calcio campano. Diventa un idolo del Menti, e nel corso della seconda stagione con le Vespe per poco non trascina in B la squadra grazie ad un rendimento eccezionale. L’avventura di una squadra assai competitiva, con a disposizione del calibro di Di Nicola, De Francesco e Bonfiglio, si interrompe ai playoff in finale, con il Savoia che ha la meglio per 2-0 nonostante fosse partita addirittura come squadra peggio posizionata dopo i verdetti della regular season.

Al netto della delusione di quella sera, nessuno si può aspettare che per il club sarà solo la prima tappa di una serie di ben più grossi momenti di sconforto. Nella stagione successiva, a discapito di una rosa nel complesso più che competitiva, arriva una clamorosa retrocessione ai playout per mano dell’Atletico Roma. Una vicenda che porterà in dote una grossa contestazione da parte dei tifosi, che finiranno addirittura per accusare alcuni calciatori, Fontana, in primis, di aver combinato delle partite nel corso della stagione.

Un’accusa infamante, probabilmente dettata anche dallo scoramento generale regnante in quel momento, che verrà poi ritrattata anni dopo in occasione di un compleanno dell’allora presidente Fiore proprio a Castellammare. Nel mentre, lo sviluppo da calciatore di Gaetano non muore qui, nonostante i trent’anni siano ormai ad un tiro di schioppo. Passa anzi ad Ascoli, piazza in cui forse esprime i picchi più alti del suo rendimento in carriera, come lui stesso ha avuto modo di confermare negli anni successivi al proprio ritiro da calciatore: “Anche se non sono arrivato giovanissimo ha rappresentato da subito la svolta della mia carriera. Lo devo assolutamente alla consapevolezza che lì ho trovato come atleta e, soprattutto, all’affetto che la gente riponeva verso di me”. Il salto di qualità definitivo avviene anche a livello realizzativo, con numeri (se non da attaccante) da fantasista con il vizio della rete.

Solo nella prima stagione sono 11, poi 6, nel 2001/02, con l’incredibile gioia della promozione in Serie B da primi in classifica, peraltro ancor più da sottolineare nelle modalità se si considera che a inizio stagione, sulla griglia di partenza, le favorite sembravano essere altre. Viene così premiato l’ottimo lavoro della società, che qualche mese prima, su consiglio di mister Pillon porta al Del Duca, tra gli altri, un giovanissimo Andrea Barzagli, plasmato nel ruolo di difensore centrale proprio dal tecnico veneto a Pistoia qualche tempo prima.

Fontana da Ascoli a Fiorentina e Napoli

Nonostante gli anni comincino a passare in maniera importante, Fontana si mette in mostra come uno dei centrocampisti di maggior qualità del campionato, ergendosi ad assoluto protagonista. Nel 2003/04 fa registrare addirittura 8 reti fino a gennaio, per poi ricevere nel mercato invernale del riceve la chiamata della Fiorentina, nel mentre passata in maniera discutibile dalla C2 alla B in un’estate per “meriti sportivi” nell’ambito del tormentato caso-Catania, con la Federazione che scelse di bloccare le retrocessioni per evitare di far fronte a eventuali ricorsi al TAR a campionati iniziali.

L’ex portiere, tra le altre anche del Milan di Sacchi, Giovanni Galli, all’epoca direttore tecnico viola, lo individua come rinforzo per il centrocampo. Una scelta che si rivela lungimirante sin dall’esordio contro il Catania, con due assist all’attivo. Il gol più importante, dei due stagionali realizzati, sarà a maggio contro il Napoli: la rete, su assist di bomber Riganò, da il là alla rimonta sugli azzurri e consentirà di raggiungere poi il playoff vinto contro il Perugia. Il ritorno nel campionato che compete alla storia del club implica, come era ovvio che fosse, un mercato importante, con la ciliegina sulla torta rappresentata dall’arrivo di Fabrizio Miccoli dalla Juventus. Gli spazi in squadra per Fontana finiscono per ridursi, e nella sessione invernale di calciomercato sceglie di abbracciare un’altra opportunità da sogno, a solo pochi mesi dall’approdo in viola. Firma infatti per il Napoli Soccer, la rediviva versione del club partenopeo dopo il fallimento di qualche mese prima.

Diventa quindi, con la sua esperienza, una delle guide verso l’uscita dai campi della terza serie. Centrale nel progetto tecnico sia con Ventura, esonerato in poche settimane, che con Edy Reja, condivide con i compagni la cocente delusione degli spareggi persi nella doppia finale contro l’Avellino. A nulla servirà, dopo il pareggio dell’andata, il gol della momentanea speranza realizzato dal Pampa Sosa. Si rifarà con gli interessi nel 2005/06, stagione precedente lo scandalo di Calciopoli, trovando un buon minutaggio nella sospirata promozione in Serie B. Resterà per diverso tempo nell’immaginario collettivo dei supporter azzurri un gol a pallummella, come si suol dire da quelle parti: una realizzazione su piazzata che lo vede ingannare il malcapitato portiere della Sangiovannese con un tocco tanto bello quanto difficile da eseguire, praticamente senza alcuna rincorsa.

Il tutto, peraltro, ricorrendo a un inganno assai particolare: Gaetano finge di litigare con il compagno di reparto Capparella in merito alle modalità della battuta della punizione stessa, sfruttando poi l’inscenato alterco per cogliere tutti di sorpresa, presenti allo stadio compresi. Dopo i grandi festeggiamenti con l’appassionata tifoseria del Ciuccio si vede, suo malgrado, costretto a salutare. Un retrogusto di quello che sarebbe stato l’amaro sapore della mancata conferma, a onor del vero, forse lo aveva assaggiato già nelle ultime battute della stagione, quando le scelte del tecnico lo vedono spesso visto relegato in panchina.

Il ritorno di Fontana ad Ascoli

Il Napoli sceglie il più giovane Bogliacino come organizzatore di gioco, scegliendo di non rinnovare il contratto in scadenza. Siccome si riappare sempre dove si è stati bene fa ritorno, per l’ultima esperienza della carriera da calciatore, ad Ascoli. La formazione bianconera ha molto meno qualità rispetto alla stagione precedente, in cui aveva chiuso addirittura nel parte sinistra della classifica. Non ci sono più in squadra diverse colonne dell’anno passato: dal portiere Coppola ai talenti Foggia e Quagliarella, in procinto di spiccare il volo verso carriere di livello. Jimmy, come spesso fu soprannominato dai compagni di squadra negli anni, gioca 11 volte, di fatto totalizzando la maggioranza delle presenze nel massimo campionato in carriera. La scelta di tornare al Del Duca, peraltro, era stata fatta anche con l’auspicio di entrare come allenatore, una volta ritiratosi, nel settore giovanile del Picchio, che in quegli anni stava producendo alcune risorse interne poi rivelatesi importanti per il club negli anni successivi come Luigi Giorgi e il portiere Guarna, peraltro catanzarese al pari di Fontana e ancora oggi tra le fila dei piceni come dodicesimo alle spalle di Leali.

La possibilità di iniziare questa nuova vita nel vivaio dell’Ascoli alla lunga sfuma, ma l’amore per il club che forse gli ha dato di più in carriera rimarrà sempre, con Fontana che finisce addirittura per stabilirsi con continuità in città anche nel post carriera. All’attaccamento al capoluogo marchigiano unisce una passione smisurata per il calcio, che lo porta a scegliere, come da tempo aveva in mente, la strada della panchina. Partito dalla Serie D con Centobuchi e Santegidiese, poi trova il professionismo a Nocera Inferiore, nell’ambito di un’avventura purtroppo segnata dall’increscioso accadimento del match in casa della Salernitana, che vide alcuni suoi calciatori inscenare una clamorosa pantomima su minacce dei propri ultrà, arrabbiati per il divieto di partecipazione alla trasferta imposto dall’Osservatorio del Viminale. Fontana effettua tre sostituzioni a inizio gara, poi alla spicciolata cinque calciatori rossoneri fingono infortuni e lasciano il campo, costringendo così il direttore di gara a sospendere l’incontro con conseguente 3-0 a tavolino. Una vicenda assai grigia per tutto il nostro movimento, che vedrà Fontana squalificato per 3 anni e mezzo su decisione del Consiglio federale.

Nel 2016 gli viene concessa la grazia dalla FIGC stessa. Trova la possibilità di allenare in piazza importanti: Castellammare, che da calciatore lo aveva tanto amato e con cui ha risolto definitivamente i passati dissidi, Cosenza e Caserta, tra le altre. Non sempre va benissimo, come lo stesso diretto interessato ha avuto modo di ammettere: “Negli anni ho preso schiaffi in faccia: esoneri non meritati o non dettati dal campo, esperienze che non sono andate come meritavo. Ho imparato da quelle cadute, ho rivisto alcune cose e so di essere migliorato. Mettersi in discussione è il segreto per crescere”. Il tutto sempre ponendo un attento occhio al dettaglio e agli aspetti psicologici da maneggiare nella gestione di un gruppo: “Il mestiere da allenatore mi tiene impegnato anche 20 ore al giorno. Ai giocatori devi dare strumenti per poter vedere un miglioramento perché si pensa che si possa avere tutto nell’immediato”. Dopo la bella salvezza ottenuta ai playoff con l’Imolese lo scorso anno è ora a Torre Annunziata, alla guida della Turris. La missione è quella di evitare i playout e porre la squadra, formata da un classico mix tra esperienza e gioventù che spesso caratterizza la categoria, in salvo senza patemi.

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